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Technical Brothers: commissari alla conquista dell’Europa di serie B

Il governo del commissario tecnico è un governo che, salvaguardando la facciata democratica del voto bipartisan in Parlamento, è in realtà imposto da istituzioni sovranazionali, governi stranieri, consolidati poteri economici nazionali, che scelgono personalità che danno loro garanzie solide.
La novità è piuttosto notevole perché non siamo in era coloniale, né in epoca di regimi “a sovranità limitata”, né dipendiamo da un governo federale europeo che, forte della legittimità dell’investitura popolare, possa nominare dei prefetti a rimettere a posto i conti.  
Siamo solo un paese con dei cittadini sempre più poveri, disoccupati e demotivati sul quale i mercati finanziari globalizzati hanno deciso di accanirsi sfruttando le carenze dell’attuale e folle meccanismo di  
governance economica dell’euro, che non prevede garanzie illimitate della Banca centrale europea sui titoli di Stato dei paesi membri. (…)

I nostri costituzionalisti più eminenti, e con simpatie a sinistra, da Cassese a Zagrebelski, si sono affrettati a dire non si tratta di un governo tecnico ma di un governo democratico che ha ottenuto la fiducia in Parlamento, e come tale di governo pienamente politico.  
Zagrabelski ha poi aggiunto che nei momenti di crisi, sotto la pressione di innovazioni tecnologiche, di pericoli ambientali o di shock di altro genere è prudente affidare la guida a persone competenti che possano guardare al lungo periodo piuttosto che alle immediate scadenze elettorali.

La sinistra è veramente caduta in basso se è vero che una parte consistente di essa viene da una tradizione per la quale proprio nei momenti di crisi, quella dell’Ancien Régime, quella dell’assolutismo imperiale e della guerra mondiale, potevano fiorire quei germogli in grado di dar vita a rivoluzioni politiche, ad autentiche riforme sociali e di segnare svolte di carattere culturale. Secondo settori importanti della pericolosamente imbelle sinistra intellettuale italiana, nelle società democratiche di oggi dovrebbe accadere tutto il contrario: nelle crisi arriverebbero persone oneste, serie e non elette, mentre l’ordinaria amministrazione potrebbe essere gestita dai politici eletti dal popolo.

Questo genere di interpretazioni è proprio il sostrato sul quale si fondano i cicaleggi dell’antipolitica ed è  
anche segno della totale sfiducia da parte degli “illuminati” nella possibilità per il popolo italiano di una riscossa civile fatta di partecipazione e impegno.

Assodato che, sofismi a parte, questo non è il governo che gli italiani si sono scelti ma un commissariamento imposto loro dall’esterno, e approvato da partiti deboli e con scarsa legittimità, quel che ci interessa è l’analisi di che tipo di “commissari tecnici” ci sono stati imposti.

La prima caratteristica dei fratelli tecnici, il greco Papademos e l’italiano Monti, è la comune esperienza nelle istituzioni europee all’interno delle quali Monti si è guadagnato sul campo il titolo di commissario, proprio nelle direzioni generali del Mercato unico e della Concorrenza, le più solerti nel promuovere processi di  
privatizzazione e di smantellamento dello Stato sociale. La secondo caratteristica è quella di aver svolto lavoro di consulenza in grandi istituzioni finanziarie private, sia statunitensi che europee. La terza caratteristica è quella di aver dimostrato aderenza a quella dottrina economica ammuffita del neoliberismo economico, secondo la quale lo Stato deve avere il minor ruolo possibile in economia, la libertà dei mercati produce automaticamente efficienza, la globalizzazione è cosa buona senza se e senza ma. L’aderenza alla dottrina del Mercato unico che perseguita gli “aiuti di Stato”, adeguatamente miscelatata con la fede neoliberista, fornisce adeguata garanzia sul fatto che questi politici promuoveranno la progressiva marginalizzazione dell’economia italiana e greca nel Continente nonché la svendita a paesi stranieri e entità finanziare internazionali di imprese e servizi edificati con il sudore dei rispettivi popoli.

Alla stampa italiana, piuttosto che quella di governo dei commissari, piace molto la definizione di governo dei “professori”, come se la caratteristica di questo tipo di governi fosse quella di dar voce a consensi e competenze diffuse nel mondo accademico. Per fortuna il mondo accademico italiano è sufficientemente diversificato per non sentirsi in alcun modo rappresentato da docenti che, tra l’altro, vengono per la maggior parte da istituzioni universitarie private.

Se la competenza accademica fosse stata un criterio avremmo forse potuto scegliere studiosi che sul piano della ricerca e del prestigio accademico hanno, mi si permetta dirlo, ben altro valore. Che so io: Luciano Gallino al Welfare, Ugo Mattei allo Sviluppo, Marcello de Cecco all’Economia.

No, non è stata la competenza, ma l’orizzonte intellettuale neoliberista (coperto dalla striminzita foglia di fico del coinvolgimento del mondo cattolico), a fare la differenza per la scelta dei commissari al governo. Ogni singola scelta che compiranno Monti e Papademos sarà una scelta pienamente inscritta in una determinata visione del mondo nella quale sono intrappolate le classi conservatrici europee, in primo luogo in Francia e Germania: pensioni, mercato del lavoro, privatizzazioni, politica estera, Unione europea, su nessuno di questi fronti il governo sarà più progressista di quello di Berlusconi ma presenterà ricette simili o peggiori, con l’aggravante che darà loro un volto più dignitoso. E ogni appoggio che Monti riceverà in Parlamento dimostrerà che nei momenti di crisi il mondo politico attuale non ha alcuna progettualità autonoma rispetto a  quella che offrono ideologie defunte e poteri non democratici. Con ogni voto di supporto la sinistra delegittimerà se stessa e qualsiasi possibilità governare in futuro su un programma che susciti delle  
speranze di rinnovamento.

Il vuoto si riempie: se da subito le attuali forze politiche e sociali non si impegneranno in massicce lotte politiche e sociali per delineare opzioni alternative a quelle offerte da questo governo e da questa Europa e per chiedere un referendum popolare su eventuali modifiche dei trattati, si creeranno altre forze politiche a sinistra che riempiranno quel vuoto o verranno lasciate sconfinate praterie alla ripresa delle politiche identitarie e protezionistiche delle destre.

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