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Spagna. E’ morto Manuel Fraga. Nel suo letto, come Franco

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“Finalmente è morto”. Non è difficile avventurarsi sui social network nelle ultime ore e trovare giubilo e disprezzo per Manuel Fraga Iribarne, ex ministro di Franco, fondatore di Alianza Popular, senatore della democrazia spagnola, a capo per sedici anni della Xunta galiziana.

Uomo di potere, di condanne a morte, di polizia inviata a sparare agli operai e di giudizi sul franchismo e la democrazia che rimangono scritti nero su bianco, lapidari, e dicono molto, tutto di questo personaggio che molti, troppi, si ostinano a valutare come una pieza clave, un tassello indispensabile della democrazia o della cosiddetta Transizione spagnola.
La parola chiave è ‘cama’. Letto. Franco muriò en la cama è la frase forse più sintetica per dire come andò a finire la dittatura spagnola. E come cominciò, poi, la Transizione ricca di compromessi, di non detti, di situazioni fatte precipitare nel dimenticatoio, di impunità. Con l’intermezzo del tejerazo, il 23 febbraio del 1981 (il colonnello Tejero cercò di sollevare le forze armate, il re di Spagna ne uscì come il grande padre di garanzia della democrazia agli albori, fatto ancora oggi ricco di suggestioni e ipotesi mai risolte).

Anche Manuel Fraga è morto ‘en la cama’, in un letto a Madrid. E non ha pagato il conto, in vita. Per questo è importante la memoria, per ricordare quello che fu, e quello che ha rappresentato per ‘il centrodestra moderno’, come lo chiama il neo premier spagnolo del Partido popular Mariano Rajoy. Espressione soave per dire la destra post-franchista spagnola.

Il tema della morte di Fraga, come quella di Franco e dei rispettivi letti riporta alla questione della catarsi di una società nel momento stesso in cui esce da un regime dittatoriale. Le rivoluzioni sanguinose che terminano con la vita del tiranno sono cose assai diverse, proprio per gli assetti futuri che preparano, dalle transizioni in cui la democrazia diventa frutto di un compromesso, di un patto, in cui non ci sono nette distinzioni fra vinti e vincitori. Scorrere il film della nostra storia nazionale può aiutare.

Quando si leggono i commenti di giubilo o di disprezzo per il fu Fraga Iribarne, fra noi democratici, c’è chi arriccia il naso, o chi si appella alla cristiana pietà. Il dibattito è più che mai interessante e aperto. Perché gli occhi e le menti di chi riesce a vivere in democrazia e assurge a un concetto di civiltà e garantismo ‘alti’ difficilmente può inforcare le giuste lenti di un giudizio che affonda negli aspetti più materici di quella che fu la fratricida Guerra civil di Spagna. Nei numeri dimenticati. Nelle alleanze infami. Nell’oblio che ha accompagnato gli ultimi decenni.

Fraga, senatore di una democrazia rappresentativa e capo di una regione come la Galizia, non avrebbe forse dovuto essere dentro una cella a scontare le responsabilità politiche che hanno causato morti e assassini?
Giustizialismo. Sembra di sentirla la critica. Oppure compromesso. Un prezzo politico per la pacificazione. Quello stesso prezzo politico che non si vuole pagare per altri conflitti, politici, che riguardano la territorialità di Spagna, una, grande y libre. Articolo 8 della Costituzione democratica: l’esercito è garante dell’unità territoriale di Spagna. Detto tutto.

Le idee della dittatura, i poteri di fatto che si instaurarono nella Spagna profonda e che hanno comandato per decenni, il sistema di polizia politica che fu impiantato da Carrero Blanco, il delfino saltato su una bomba di Eta il 20 dicembre del 1973, sono sopravvissuti anche grazie a un compromesso che ha lasciato una porta aperta e grande giustificazionismo, una possibilità per nostalgici riciclati in salsa contemporanea di dare vita al post-franchismo fino al Partido popular. Una destra moderna, si dirà. Certamente differente da quel che fu. Ma quando non si chiudono i conti con il passato il problema non è una riproposizione antistorica di fenomeni che hanno ormai solo un passato. Ma quell’irrequietezza sociale che abbiamo imparato a leggere in anni e anni di letteratura che ha preso come soggetto e oggetto del proprio scrivere e creatività proprio la Transizione spagnola. Una parentesi irrisolta, di cui Manuel Fraga rappresenta, questo sì, una pieza clave, un tassello fondamentale.

*Eilmensile del 16 gennaio 2012 

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