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Russia. Un regime, due diverse opposizioni

Cortine fumogene intorno alla Russia. Il grande paese euro-asiatico è scosso da periodiche giornate di proteste dal 4 dicembre scorso, giorno delle contestate elezioni per il rinnovo della Duma, che, si ricorda, hanno visto prevalere il partito “Russia Unita” del Presidente Medvedev e del Primo Ministro Putin, col 52% circa dei voti, in netto calo rispetto alle precedenti tornate elettorali, con al secondo posto il Partito Comunista della Federazione Russa, diretto erede del PCUS, che ha raddoppiato il consensi portandosi 20%.

Su parte delle proteste anti-Putin sembra aleggiare la presenza ingombrante di formazioni politiche e personaggi vicini agli USA, accompagnati dalla propaganda a tamburo battente dei media occidentali, i quali, in vista delle elezioni presidenziali previste per Marzo (nelle quali si dovrebbe perfezionare la “staffetta” Putin-Medvedev nei ruoli di Presidente e Primo Ministro), per screditare lo stesso Putin e favorire i “rivoluzionari colorati”, stanno mettendo in atto pratiche di deformazione dell’informazione molto collaudate ed incisive.

Ma andiamo con ordine: subito dopo le elezioni di dicembre, il risultato non è riconosciuto come regolare da nessuna parte politica, tranne che dal partito al potere. Le proteste tuttavia, hanno due “anime” ben distinte fra di loro: i suddetti l filo-occidentali, definiti genericamente “democratici”, molti dei quali gravitano attorno all’ eterogenea coalizione “Altra Russia” (che comprende, è d’obbligo dirlo, anche formazioni nazional-bolsceviche,nazionaliste e comuniste), guidata dal più volte campione di scacchi Kasparov, che ha boicottato le elezioni, ed il Partito Comunista della Federazione Russa (KPRF), guidato dal Segretario Zyuganov. Le due componenti hanno organizzato più volte manifestazioni separate per contestare i brogli ed il KPRF ha puntualizzato che le opposizioni che si ispirano alle cosiddette rivoluzioni colorate, le quali hanno, negli anni scorsi, segnato cambi importanti di scenario politico in molti paesi ex-sovietici (prima di fallire in un batter d’occhio quasi tutte), hanno come obiettivo esclusivo quello di gettare il paese nel caos per minarne l’indipendenza dall’influenza della NATO e sono gli stessi soggetti che favorirono l’ascesa al potere di Boris Eltsin; pertanto da essi bisogna aspettarsi le stesse scelte disastrose in politica economica attuate da quest’ultimo, che implementò, a suo tempo, ricette neoliberiste talmente intense da provocare , secondo la rivista Lancet, un milione di morti.

In effetti, lo scorso mese di dicembre, il KPRF è riuscito a dominare le proteste in tutto il paese, eccezion fatta che nelle “due capitali”, Mosca e San Pietroburgo, dove i “colorati” hanno imposto l’agenda delle protesta e gl’interventi finali (si è rivisto Gorbacev, poi politici e oligarchi ex-putiniani emarginati, ecc) [qui la fonte è il sito del KPRF stesso].

Da allora, la stampa occidentale ha, in primo luogo, completamente rimosso la presenza nelle proteste dei comunisti, una riemersione dei quali (per altro, già sfiorarono la vittoria nel 1996) proprio in Russia, rimaterializzerebbe indicibili incubi e metterebbe in crisi il cliché consolidato secondo cui tutte le opzioni anti-capitaliste sono state definitivamente sconfitte dalla storia, soprattutto per opera dei popoli che le hanno subite,perché anelanti del sogno capitalista.

In secondo luogo, sono stati ripresi tutti i cliché che hanno accompagnato l’evolversi delle rivoluzioni colorate degli anni scorsi ed anche le varie rivolte della Primavera araba (che sappiamo avere risvolti molto diversi e più complessi di come vengono raccontate): si parla esclusivamente di una rivolta genuina portata avanti da giovani che, attraverso l’uso di internet e dei social network, prendono consapevolezza dei loro diritti negati e si ribellano al dittatore autocratico , liberticida e avido di potere personale.

Tale descrizione, seppure può comprendere, in questo come in altri casi, una parte della verità, ha lo scopo di banalizzare e schiacciare la prospettiva storica degli eventi (di cui vengono completamente rimossi gli antefatti alla scoppio della “rivoluzione”), attribuendo ad essi un’evoluzione lineare, che culmina con l’abbattimento del “despota” e l’instaurazione di un regime filo-occidentale che, a detta della propaganda a tamburo battente, finalmente libererà i popoli e ne premierà le aspirazioni di libertà; naturalmente, il copione prevede anche il silenzio rigoroso sulle manovre inconfessabili portate avanti dagli USA e dagli altri paesi NATO (quando non scendono apertamente in guerra umanitaria) per favorire il regime change e sulle successive scelleratezze operate dai governi fantoccio i quali, alla prova dei fatti, si rivelano quasi sempre peggiori dei predecessori.

Naturalmente, nel caso della Russia, il “pesce” è infinitamente grosso e le possibilità di portare a termine la missione sono molto molto risicate, anche grazie alla presenza vigile del KPRF.

Il 4 febbraio, a Mosca, si sono ripetuti scenari precedenti con l’organizzazione contemporanea di tre manifestazioni : una ad opera di formazioni politiche che apertamente si rifanno alla “rivoluzione arancione” dell’Ucraina (già spazzata via dalla scorsa tornata elettorale) , un’altra che ha visto la partecipazione di comunisti e nazionalisti di varia estrazione e l’ultima di sostegno a Putin. A quanto pare, quella degli arancioni si è rivelata un vero flop, con poche decine di persone, mentre molto partecipate sono state le altre due [qui la fonte è Contropiano stesso]. Naturalmente, sui media e su internet circolano notizie di grande riuscita della manifestazione arancione, corroborate da foto e video pescati negli archivi o chissà dove che ritraggono piazze piene di gente, spacciati appunto, come relativi alla manifestazione del 4 febbraio.

Ora il paese si avvia, in acque agitate, alle presidenziali di marzo. Zyuganov si presenta con un programma che include aumento dei finanziamenti e delle prestazioni nei settori d’interesse sociale ( Sanità, Pubblica Istruzione e cultura in primis), nazionalizzazione dei settori industriali strategici, rafforzamento delle difese militari per poter combattere l’influenza della NATO , stretta nei rapporti con gli altri paesi ex-sovietici (qui vi sono dei punti di contatto col programma putiniano) e la ripetizione delle elezioni legislative dello scorso dicembre, ritenute falsate.

La speranza è che il prossimo mese i media occidentali siano costretti dai fatti a non poter più tacere e a dover ridiscutere i loro cliché sul comunismo respinto dai popoli che l’hanno vissuto e sull’insuperabilità del capitalismo, già scricchiolanti per via della crisi economica.

Compagno Giovanni

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