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In piazza contro le privatizzazioni, ma con la memoria lunga

Le prospettive elettoralistiche, si sa, fanno miracoli. Accade, così, che il PD e l’API, l’opposizione capitolina, in vista delle comunali del 2013 dichiarino guerra alle politiche di privatizzazione dei servizi pubblici locali dopo averle sostenute a spada tratta per anni e anni. Sono trascorsi precisamente 15 anni dal referendum del ‘97 contro la privatizzazione di Acea e Centrale del Latte con cui a Roma i settori popolari, operai, impiegati e pensionati, che rifiutavano la vendita delle aziende pubbliche persero, per un soffio, con il 49,4% contro il 50,6% espresso dai settori agiati e borghesi della capitale. L’allora Giunta capitolina (sostenuta da Pds, Verdi, P.P), con Rutelli Sindaco di Roma, volle a tutti costi la vendita della Centrale del Latte e la privatizzazione dell’Acea. Un comitato promotore – composto da strutture di base, l’Rdb (ora Usb), l’Unione popolare, i Cobas, settori minoritari dei Verdi, il Prc, il Codacons e vari comitati di quartiere – lanciò un referendum consultivo a carattere locale che raccolse la volontà dei settori popolari della città attorno al netto rifiuto della svendita delle municipalizzate.

Il “centro-sinistra” al potere ignorò totalmente la posizione di quel 49,4% di cittadini romani procedendo in primis alla svendita della Centrale del Latte, che venne regalata per diversi miliardi in misura inferiore al suo reale valore alla Cirio di Cragnotti, che la rigirò poi alla Parmalat di Tanzi (svendita illegale, come confermato dalle sentenze del Tar e del Consiglio di Stato), e poi alla cessione ai privati del 49% delle quote in Borsa di Acea.

Oggi la Giunta Alemanno vuole proseguire con la cessione di un ulteriore 21% di Acea dal Comune ai privati, passando dal controllo del 51% al 30% delle quote pubbliche dell’azienda ex municipalizzata. L’obiettivo palese è quello del controllo dominante da parte dei privati, come il palazzinaro Caltagirone, che da tempo guardano alla possibilità di estendere la loro partecipazione nella miniera d’oro di Acea con gli occhi, come sempre, foderati di profitto. C’è da figurarsi che tipo di prospettiva possa costituire per i “prenditori” romani la holding, prospettata pochi mesi fa dal Campidoglio, con cui privatizzare definitivamente tutte le aziende pubbliche capitoline.

Del resto si tratta dello stesso sindaco che ha inaugurato la pratica dei vertici annuali “con gli amministratori delegati e general manager delle più importanti aziende italiane e multinazionali del mondo” (l’IBAC) per capire come mettere a profitto nel modo più remunerativo possibile l’area metropolitana di Roma; una città nel frattempo colpita dall’aumento della disoccupazione, dalla gravissima emergenza abitativa (che con l’IMU sulla prima casa rischia di estendersi anche alla classe media), dall’aumento delle tariffe (pensiamo ai trasporti) e dal carovita (che grava su redditi e pensioni fermi al palo), da una iniqua distribuzione delle ricchezze sempre a vantaggio dei noti speculatori.

E’ la conferma che nel nostro paese valgono le logiche del profitto capitalistico più degli strumenti con cui la democrazia rimette le decisioni in mano ai cittadini, ai lavoratori, a quei settori sociali che non sono disposti a cedere sul terreno della difesa dei beni primari e del reddito indiretto nell’epoca della crisi del sistema capitalistico. Un anno fa il movimento in difesa dell’acqua pubblica ha prodotto il risultato straordinario della vittoria referendaria: di quei 27 milioni di SI per la ripubblicizzazione del servizio idrico, 1.200.000 erano i cittadini romani che forse non immaginavano che all’indomani di quel risultato le amministrazioni locali, di concerto con il governo centrale, potessero passarvi sopra. D’altronde Monti e i suoi ministri non devono rispondere a nessun elettorato, e il deficit di democrazia che è in corso in Italia sta passando anche per il mancato rispetto del voto del 12 e 13 giugno.

Sabato 5 maggio la manifestazione contro l’ulteriore privatizzazione di Acea deve essere un nuovo passaggio di lotta contro la svendita dei servizi pubblici locali, ma più in generale nella generalizzazione del conflitto contro un sistema che accumula profitto e difende gli interessi capitalistici nei palazzi governativi come nelle strade delle città.

La Rete dei Comunisti aderisce a questo importante percorso di lotta per un movimento indipendente e anticapitalista in grado di rilanciare un protagonismo di classe e di imporre gli interessi collettivi a quelli delle multinazionali, senza mai nessun cedimento alle lunghe mani del profitto privato. Neanche l’acqua riesce infatti a pulire alcune storiche lordure.

Rete dei Comunisti – Roma

www.retedeicomunisti.org

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