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Mediterraneo, mare di guerra. Prosegue la campagna

Ai partecipanti che hanno riempito la sala conferenze della Stazione Leopolda sono stati proposti e spiegati, attraverso gli interventi mirati e qualificati dei relatori, i diversi aspetti della militarizzazione dei territori, degli investimenti e delle politiche a cui assistiamo oggi a livello locale, centrale e globale, ed il nesso che li lega ai processi di ristrutturazione economica e finanziaria in atto, con le durissime ripercussioni che ne conseguono, e alla ricerca del massimo profitto da parte dei poli imperialisti attraverso la sottomissione di interi popoli.

L’intervento introduttivo di Valter Lorenzi della RdC di Pisa, ha evidenziato il legame tra le politiche di guerra e la competizione globale sempre più forte tra i blocchi economici in un contesto in cui appare evidente il limite delle capacità di accumulazione del sistema capitalistico, oltre che la necessità di ragionare non più e non solo in termini di solidarietà internazionale ma di internazionalismo di classe.

Gli interventi del saggista Manlio Dinucci e del compagno Roberto Battiglia della Commissione internazionale della RdC, hanno proposto una panoramica sulle guerre imperialiste degli ultimi anni, dalla Jugoslavia alla Libia, sulle reali motivazioni degli interventi militari diretti in questi contesti, (inclusa la manipolazione e la mistificazione dell’informazione con conseguente guerra mediatica), e sulla situazione attuale dell’area mediterranea, con un’attenzione particolare ai possibili futuri scenari in Iran ed in Siria, con l’ipotesi di un prossimo conflitto armato per il ruolo determinante di queste aree quanto a risorse ed aree strategiche ed in termini di equilibri internazionali. E’ evidente il significato antimperialista dell’impegno contro la guerra a questi due paesi ed il ruolo che Israele, che spinge verso l’intervento militare in Iran,  ricopre in questo contesto. A questo ha fatto poi riferimento la relazione di Angelo Baracca: Israele è l’unica potenza medio-orientale in possesso di armi nucleari; se l’Iran si dotasse di un’arma nucleare questo condizionerebbe gli equilibri in quell’area, determinando un effetto oggettivamente stabilizzante. Esattamente ciò che non vuole lo stato sionista.

Oreste Strano, dell’Assemblea NoF35 di Novara, ha evidenziato il ruolo degli investimenti italiani legati alla produzione di armi e come il no agli F35 debba essere il no a guerre ed armamenti con i quali il nostro Governo vuole essere protagonista nel controllo del Mediterraneo.

Numerose le domande e gli interventi dal pubblico, tra questi significativo il riferimento alla questione palestinese ed al rischio che gli attacchi contro la Siria e le minacce di guerra all’Iran portino ad un depotenziamento del movimento di resistenza palestinese.

* Rete dei Comunisti, Pisa

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