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La Cina incute rispetto

E’ iniziato il XVIII Congresso nazionale del Partito Comunista Cinese, che durerà sette giorni, dall’8 al 14 novembre. Al congresso partecipano 2.300 delegati, scelti tra gli 82 milioni di iscritti del più grande partito politico del mondo, riuniti in 38 delegazioni. Le delegazioni rappresentano le 31 province cinesi, il Comitato centrale del PCC, gli organi del governo centrale cinese, le imprese controllate dal governo centrale, il sistema finanziario centrale, l’Esercito di liberazione popolare, la Polizia e i membri del PCC di Taiwan, che Pechino ha sempre considerato parte integrante del proprio territorio.

I mesi che hanno preceduto il Congresso sono stati caratterizzati da uno scontro politico che sarebbe semplicistico e probabilmente fuorviante ricondurre meccanicamente a uno scontro tra destra e sinistra o tra sostenitori di una ancora più marcata apertura al mercato e neo-maoisti. Di sicuro c’è che il potente leader Bo Xilai è stato spazzato via e la sua fazione dentro al PCC, messa in condizione di non nuocere.

L’attenzione in queste ore dei principali organi di informazione si sta comunque concentrando sui previsti cambiamenti al vertice del Partito, con il passaggio del testimone dalla quarta generazione, che ha avuto come capifila il presidente Hu Jintao e il premier Wen Jiabao, alla quinta generazione, che esprimerà come leader Xi Jinping (che dovrebbe diventare sulla base di questo congresso segretario del PCC per poi assumere il ruolo di presidente più avanti, probabilmente a marzo).

Cercheremo in questa settimana di cogliere i segnali e interpretare le tendenze di un processo, quello del “socialismo alla cinese”, da sempre complesso e contraddittorio, ma intanto vorremmo segnalare altri aspetti che rendono comunque questo XVIII Congresso una tappa decisiva per gli sviluppi politici ed economici nei prossimi decenni a livello mondiale.

Dalla fine del XX secolo la Cina è nuovamente un attore importante della economia globale, al punto che diverse previsioni stimano che diventerà intorno alla metà del XXI secolo, la forza più grande dell’economia mondiale.

Il fenomeno della straordinaria crescita economica della Cina (nonostante i previsti rallentamenti per il 2013 la crescita è stimata intorno al 7,5%) assume particolare importanza perché avviene mentre la attuale maggiore forza economica del mercato mondiale, gli Stati Uniti, sono in piena recessione economica e dentro una imponente crisi finanziaria.

Alla fine degli anni ’90, i “neocons” erano certi della totale supremazia in ogni campo degli Stati Uniti e preconizzavano che il XXI secolo sarebbe stato il Nuovo Secolo Americano. Oggi il rieletto Barak Obama è costretto a fare i conti con una crisi economica dalla quale non potrà uscire unicamente con l’abituale ricorso al keynesismo militare, alla rapina delle risorse petrolifere del pianeta, o innescando una nuova corsa agli armamenti, e da come stanno andando le cose non è certo da escludere che il nuovo secolo possa diventare il secolo cinese.

In ogni caso è del tutto evidente che il confronto/scontro tra Cina e USA e le strategie che metteranno in campo, saranno al centro e determineranno il grande gioco geopolitico che si svilupperà nei prossimi decenni. Per inquadrarne il contesto riportiamo un passo di un’intervista di Samir Amin tratta da Etudes marxistes n° 99. “Dal 1970, afferma Samir Amin, il capitalismo predomina il sistema mondiale con cinque vantaggi: il controllo dell’accesso alle risorse naturali, il controllo della tecnologia e della proprietà intellettuale, l’accesso privilegiato ai media, il controllo del sistema finanziario e monetario e, infine, il monopolio delle armi di distruzione di massa. Chiamo questo sistema ” apartheid su scala globale”(segregazione su scala mondiale).
Implica una guerra permanente contro il Sud, una guerra iniziata nel 1990 dagli Stati Uniti e i suoi alleati della NATO in occasione della prima Guerra del Golfo. Ma i paesi emergenti, soprattutto la Cina, sono intenti a decostruire questi vantaggi. Per primo, la tecnologia. Si passa dal “Made in China” al “Made by China “. La Cina non è più l’officina del mondo per le filiali o i soci del grande capitale dei monopoli. Controlla la tecnologia per svilupparsi. In alcuni ambiti in particolare, quello del futuro dell’automobile elettrica, del solare, ecc., possiede tecnologie d’avanguardia in anticipo sull’occidente.

D’altra parte, la Cina lascia che il sistema finanziario mondializzato, si distrugga. E finanzia anche la sua autodistruzione attraverso il deficit americano e costruendo in parallelo mercati regionali indipendenti o autonomi attraverso “il gruppo di Shanghai”, che comprende la Russia, ma potenzialmente anche l’India ed il Sud-est asiatico. Sotto Clinton, una relazione della sicurezza americana prevedeva anche la necessità di una guerra preventiva contro la Cina. E’ per farvi fronte che i cinesi hanno scelto di contribuire alla morte lenta degli Stati Uniti, finanziandone il deficit. La morte violenta di una bestia di questo genere sarebbe troppo pericolosa”.

Inoltre a differenza degli Stati Uniti che hanno sempre puntato ad imporre la propria “visione del mondo”, la Cina ha saputo costruire alleanze strategiche basate sulla non ingerenza nei fatti politici interni dei propri partner commerciali e sulla volontà di esercitare un peso sempre crescente nei gangli vitali dello scacchiere internazionale.

L’ingresso nel dicembre 2001 nell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO, che insieme al FMI, alla Banca Mondiale, alla UE, è tra i principali strumenti internazionali della globalizzazione imperialista), non ha impedito ad esempio alla Cina, di formare nello stesso anno, insieme alla Russia e altre repubbliche ex sovietiche, il Gruppo di Shanghai al quale partecipano come osservatori/partner anche India, Iran e Pakistan.

Lo stesso BRIC (Brasile, Russia, India, Cina) nato a Cancun nel 2003, che rappresenta gli interessi delle quattro economie emergenti più importanti del pianeta, è certamente un altro paletto infilato negli ingranaggi del WTO. A questo va aggiunto che la Cina sta diventando la principale potenza economica di riferimento in America Latina, attraverso importanti investimenti e scambi commerciali sulle materie prime con Brasile, Venezuela e Argentina, ed è il terzo partner commerciale dopo Stati Uniti e Francia del continente africano.

Forse sarebbe avventato un paragone con lo storico ruolo di contrappeso nei confronti dell’imperialismo svolto nel passato dall’URSS, ma è indubbio che la Cina nel contesto di una feroce e crescente competizione globale rappresenta un “freno” alla egemonia unipolare degli Stati Uniti.

In questo quadro, il XVIII Congresso dovrà necessariamente affrontare i problemi della crescita, dello sviluppo economico e dare risposta alle contraddizioni sociali esplose in questi anni, a partire dalla necessità di realizzare un maggior benessere per le grandi masse che popolano le immense aree rurali, la reintroduzione di un sistema sanitario pubblico garantito a tutta la popolazione, la lotta alla corruzione e le questioni strategiche legate alla difesa del paese.

Riguardo infine al ruolo dello Stato e al crescente peso del mercato, sebbene la vera spina dorsale dell’economia cinese sia rappresentata dalle piccole e medie imprese (che secondo diversi analisti generano circa due terzi del prodotto interno lordo), oltre la Grande Muraglia le società pubbliche continuano a fare la parte del leone. Dopo aver subito un drastico ridimensionamento nella seconda metà degli anni ’90, nell’ultimo decennio le grandi aziende di Stato hanno recuperato tutto il loro potere. E oggi controllano i gangli vitali dell’economia cinese, anche grazie a un accesso privilegiato al credito.

Seguiremo quindi con grande attenzione e interesse il Congresso del PCC che sembra essere centrato principalmente sulle questioni economiche, per quanto attiene invece le scelte, le strategie politiche e le prospettive del socialismo cinese per la “costruzione di una società armoniosa” procediamo con cautela e cerchiamo di conoscere meglio e di approfondire prima di esprimere un giudizio definito e definitivo.

* Commissione Internazionale della Rete dei Comunisti

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1 Commento


  • Luciano

    @ ivan di stasio
    “quale sia la condizione degli operai che,prelevati a forza dai villaggi,vengono sfruttati a tal punto che,o si ribellano,o si suicidano”
    Ma in che film l’hai visto?

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