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“Non finisce tutto se si esce dall’euro e dall’Unione Europea”

Lo specchio in cui guardano per proporre che i paesi del sud Europa, come la Spagna, creino una nuova area con una nuova moneta è l’ALBA, l’alleanza bolivariana formata da Cuba, Venezuela, Bolivia e Ecuador, tra gli altri paesi. E quello in cui non vogliono guardare è quello dell’Unione Europea che, a loro giudizio, sta essendo «colonizzata» dalla Germania. Luciano e Rita sono due economisti marxisti italiani. Lui è anche professore all’università “La Sapienza” di Roma e lei è rappresentante della Federazione Sindacale Mondiale presso l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO).

 
In Italia sono stati applicati i tagli prima che in Spagna per tentare di arginare la crisi. Sono stati efficaci?
Luciano Vasapollo.- Prima bisogna chiarire che non siamo di fronte ad una crisi ciclica e congiunturale, ma sistemica, di modello, per questo è difficile uscirne. La Banca Centrale Europea sta applicando ai paesi mediterranei (Grecia, Italia, Spagna e Portogallo) la stessa politica che il Fondo Monetario Internazionale applicava i paesi dell’America Latina. Questo significa tagliare la spesa sociale e i diritti dei lavoratori e privatizzazioni. Questa che chiamano politica di austerità non permette di uscire dalla crisi, perché origina una crisi, non solo finanziaria, ma economica, sociale e di domanda. Se la gente non ha salario perché è precaria nel lavoro, non si può pensare a una crescita. Questa crisi genera un fallimento completo del welfare state. La Germania sta colonizzando i paesi mediterranei.
Rita Martufi.- In Italia dopo l’inizio del governo tecnico di Monti si sono applicate leggi che nel precedente governo delle destre di Berlusconi non era stato possibile fare. Ora con la paura della crisi tutti pensano che è giusto fare sacrifici e accettare le regole della Germania. Questo va contro i lavoratori. Io faccio parte di un sindacato di classe, l’unico che ha fatto uno sciopero generale. I sindacati tradizionali accettano completamente quello che dice il governo Monti.

I sindacati hanno perduto la capacità di mobilitazione come in Spagna – eccetto nelle manifestazioni dello sciopero generale del 14 novembre?

R.M.- I sindacati storici sono in crisi perché i lavoratori non credono in loro. La gente è molto delusa. Mobilitare la gente a scendere in strada è molto difficile perché pensa che non è questo il modo di risolvere le cose.

Che ve ne pare del fatto che stanno marcando stretti Italia e Spagna?

L.V.-  I governi di Italia e Spagna stanno applicando completamente la politica della Banca Centrale, a cui non interessa proteggere il lavoratore, ma costruire un’Europa di carattere imperialista. Nella competizione globale dell’euro con il dollaro, c’è l’obbligo di una Germania fortemente esportatrice e dei paesi mediterranei con una vocazione importatrice e di debito pubblico, che non è stato creato dai lavoratori, che non va in investimenti sociali, ma verso il sistema finanziario.
R.M.- Si parla della possibilità di fare un’Europa a due velocità. Questo si deve evitare. Non è una soluzione, è un rischio e un grave problema per i paesi come il nostro.

Che soluzioni proponete per uscirne?

L.V.-  Si deve tornare ad un ruolo protagonista del mondo del lavoro e dei movimenti sociali. Si deve dare impiego stabile e abitazioni ai giovani. Fare investimenti di carattere sociale. redistribuire il capitale. Proponiamo di non pagare il debito, com’è successo in Irlanda o in Ecuador, e quel denaro destinarlo a investimenti pubblici contro la privatizzazione, nazionalizzare le banche o il settore strategico. Non si tratta di nazionalizzare tutto, un albergo deve essere privato, un negozio deve essere privato. Ma il sistema bancario, educativo, sanitario, di trasporto, di telecomunicazioni o energetico devono essere di proprietà pubblica, se no non si esce da questa situazione.
R.M.- La nostra proposta è creare una nuova area con i paesi del Mediterraneo, che ne include alcuni africani, come la Tunisia, l’Egitto o la Libia. Sarebbe una nuova alleanza con una nuova moneta. È una provocazione con la quale vogliamo dire che non finisce tutto se si esce da questa Europa. L’America Latina lo sta dimostrando con l’Alba e la sua moneta sucre.

E si tornerebbe alla moneta nazionale?

L.V.- l’uscita dall’euro non vuol dire ritorno alla moneta nazionale, alla peseta, alla lira o alla dracma. L’alleanza dei paesi del Mediterraneo avrebbe, come l’Alba, una moneta di compensazione che permetterebbe di evitare la speculazione monetaria internazionale. Le relazioni commerciali tra i paesi alleati non passerebbero così per l’euro. Questa alleanza si relazionerebbe con tutto il mondo come una sub-forza perché se tu esci dall’euro e agisci da paese singolo la speculazione internazionale ti uccide.

 Da El Progreso del 24 novembre, intervista a cura di Arsenio Coto

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