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Città della scienza o via dei Georgofili?

L’incendio alla Città della scienza di Napoli – a ventiquattr’ore dall’evento – appare sicuramente doloso. Almeno sei focolai differenti, in diversi punti della grande struttura, divisa peraltro i padiglioni, non in un unico capannone.

Un’azione ben preparata, dunque. Con i vigili del fuoco a ipotizzare – a partire dall’individuazione dei focolai – che gli incendiari siano arrivati dal mare, probabilmente su gommoni.

Un’azione in grande stile, per quanto “facile” grazie all’assenza di sorveglianza esterna e a un circuito di telecamere che riprendeva senza registrare. Non il gesto di uno sconsiderato in cerca di vendetta.

Si dice giustamente che ogni azione abbia una ragione. Un movente. Ed è difficile trovare un movente “economico” in questo incendio. La speculazione edilizia, per esempio, questa volta non sembra entrarci. La Città della scienza sorgeva sui terreni dell’ex Italsider di Bagnoli, così pieni ancora di veleni, residui di lavorazione, amianto e altre schifezze che i lotti di terreno confinanti con la struttura museale sono rimasti inveduti e si deprezzano di anno in anno. Mentre l’inquinamento a mare continua.

È possibile solo ipotizzare i moventi “politici”, in attesa – come si usa dire – dei risultati delle indagini.

Non azzardiamo scenari fantascientifici, però, se ricordiamo che il “vuoto di potere” che si è creato attorno a un Parlamento bloccato permette a molti di avanzare ipoteche sul futuro. Di “marcare il territorio” da posizioni forza per imporre “trattative” a chi prenderà – se le prenderà – le leve del comando politico.

In Campania stanno cambiando molte cose. Lo schieramento “progressista” che si era coagulato portando all’elezione di De Migistris in funzione “anti Pd” si è sfaldato, trasferendo energie fresche e voti al Movimento Cinque Stelle. Ma favorendo anche il “recupero” della destra berlusconiana che s’era temporaneamente dispersa.

L’ordine di arresto nei confronti di Nicola Cosentino, ex sottosegretario all’economia con il Pdl e accusato dai magistrati di essere “il referente politico del clan dei casalesi” sembra sul punto di essere eseguito (la richiesta d’arresto era stata respinta dalla Camera). L’istanza di revoca della misura cautelare è stata rigettata dalla corte presieduta dal giudice Giampaolo Guglielmo e quindi le manette dovrebbero scattare dopo la riunione delle nuove Camere, quando Cosentino perderà formalmente la condizione di parlamentare. Se lo troveranno ancora in casa.

Negli ultimi giorni una serie di retate anticamorra hanno attraversato il territorio, con decine di arresti.

Un incendio senza spiegazioni “economiche”, dunque, ci obbliga a porci domande che vanno in un’altra direzione. In fondo, anche gli attentati ai monumenti del 1992-1993 non avevano “spiegazioni” secondo i criteri usuali. Poi si seppe che erano una “carta” gettata sul tavolo della trattativa tra Stato e mafia.

Anche allora s’era creato un vuoto. Anche allora i partiti fin lì dominanti (Dc e Psi) erano scomparsi in pochi mesi. Anche allora si sussguivano “governi tecnici”. Analogie, certamente, non prove.
Ma questo paese sembra esser rimasto analogico anche nell’era digitale.

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