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Grillo, la sinistra marxista e la scoperta dell’acqua calda

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Tralasciamo i fenomeni inquietanti che il fenomeno Grillo si porta dietro, lasciamo da parte il discorso sulle nuove tecnologie o sui presunti complottismi della Casaleggio Associati e proviamo a dire alcune banalità di base provando a compiere una analisi della società basata sui canoni del materialismo che spieghi perchè molti lavoratori e sfruttati hanno votato il movimento 5 stelle. Quegli stessi elettori che da anni non votano più rifondazione, comunisti italiani o altri micropartiti (sotto qualunque maschera si nascondano) e neppure si avvicinano ai circoli territoriali. Analizzare il fenomeno significa provare a mettere nero su bianco quello che potrebbe essere definita una nuova riscoperta dell’acqua calda. Se gli elettori e i cittadini vessati da una crisi economica fortissima, con una rabbia sociale enorme scelgono di rivolgere la propria indignazione verso la politica (che è lo specchio del sistema economico) votando 5 stelle lo fanno per ragioni materiali che occorre indagare. Nascondersi dietro continui piagnistei (l’oscuramento mediatico è il più gettonato) o basare tutta l’analisi su effetti secondari (il rapporto con il centrosinistra, la poca verve polemica contro Bersani e co, l’impresentabilità dei candidati, etc) fa perdere di vista il vero problema: la sinistra non rappresenta più le aspirazioni dei ceti lavorativi italiani.

Il successo del movimento 5 stelle viene preparato da anni. Anni di battaglie politiche, di inserimento in movimenti (NO TAV, acqua pubblica, movimenti ambientalisti, NO MUOS, lotta agli inceneritori, etc.). Per un pò il movimento 5 stelle ha rinunciato a presentarsi nei passaggi elettorali che si sono succeduti. In Liguria, dopo una riflessione lunga e causando anche alcuni mal di pancia, il 5 stelle non ha partecipato alle elezioni regionali. Lo ha fatto in base ad un ragionamento sulla propria forza e nonostante la presenza di condizioni politiche allettanti. In Liguria è stato rieletto Presidente della Regione Claudio Burlando, emblema della casta inamovibile, al centro di numerose inchieste giudiziarie e giornalistiche, simbolo (con moltissime ragioni!) del consociativismo dei poteri forti PD-PDL. Dopo un periodo di incubazione e crescita dell’organizzazione (non solo virtuale) il boom del 5 stelle dà il suo primo segnale alle comunali (per pochissimi voti il candidato grillino Putti non arriva al ballottaggio) e arriva ad essere il primo partito a Genova alle recenti politiche. Un accumulo di forze che cresce carsicamente, non si scopre per lungo tempo e poi esplode. Si potrebbe dire che è stato prodotto un progetto serio a lungo termine. O, se volete, un esempio di quantità che si trasforma in qualità secondo le note leggi della dialettica. Esattamente il contrario della sinistra comunista che un progetto non lo ha e le poche forze che accumula (ad esempio sostenendo e partecipando alle mobilitazioni) le brucia ogni volta con progetti velleitari e con scorciatoie che puntualmente si infrangono contro muri. La quantità necessaria non c’è mai, quella poca viene dispersa periodicamente.

Quali settori di classe si rappresentano?

A proposito dell’acqua calda, facciamo notare che da anni le rilevazioni Istat (pur di difficile consultazione, ed eliminate dal dibattito politico predominante) ci raccontano di un cambio totale nella composizione del lavoro. La netta predominanza nel lavoro dei servizi (70% della forza lavoro, di cui solo una piccolissima percentuale sono dipendenti pubblici), le netta predominanza delle aziende con meno di dieci dipendenti, l’esplosione delle tipologie contrattuali anche nell’industria manifatturiera classica. Fenomeno notissimo da anni, evidentissimo nelle città grandi. Chi non abbia voglia, tempo e capacità di spulciare nei dati statistici può comunque ragionare in termini molto più pratici. I militanti che hanno raccolto le firme per il referendum contro la manomissione dell’articolo 18 avranno notato la fatica che è stata necessaria. Avranno anche notato come la questione interessasse un numero molto piccolo di cittadini e lavoratori. Chi firmava spesso lo faceva per solidarietà essendo pensionato, oppure per un discorso complessivo di solidarietà tra lavoratori. La maggior parte viveva quel passaggio come assolutamente staccato dalle proprie condizioni materiali. Pensare che i cittadini siano impazziti, rincitrulliti dai media o altre considerazioni sociologiche da bar è cosa sbagliata e assolutamente priva di prospettive. Chi non si sente rappresentato dalle battaglie per difendere i residui di stato sociale che rimangono è perchè quei diritti semplicemente non li conosce e i suoi problemi sono altri.

Dall’odio di classe all’invidia di classe. Il meccanismo delle caste

Una delle poche cose sensate che Ingroia e Rivoluzione Civile hanno provato a fare durante la campagna elettorale (in parte ci ha provato anche Bersani) è stringere d’assedio il programma 5 stelle sul tema della patrimoniale (con risultati ovviamente inesistenti). Se l’obiettivo era di far risultare l’interclassismo del 5 stelle, era un obiettivo sensato ma la cui realizzazione è fallita. In realtà il programma del 5 stelle non poteva prevedere la patrimoniale perchè totalmente incentrato sulla polemica delle caste. Per sua natura questa politica è interclassista ma coglie alcuni dati materiali. L’esercito del lavoro precario, senza diritti, non sindacalizzato ha interessi diversi dai lavoratori che mantengono alcuni diritti. L’idea che il reddito di cittadinanza possa sanare la situazione di disagio lavorativo presente in Italia, al di là della validità intrinseca della proposta su cui da anni ci si divide, evidentemente presuppone la presenza di risorse. Tra la patrimoniale e l’abolizione dei privilegi di casta il 5 stelle ha scelto con decisione la seconda strada. Ma quali sono i privilegi di casta? In un recente articolo che ha fatto scalpore sui blog e i siti della sinistra radicale, uno degli spin doctor del 5 stelle, Massimo Fini, ha attaccato duramente i dipendenti pubblici e i pensionati. L’idea espressa riguardava l’esistenza di due società (società A costituita da senza diritti giovani, precari etc. versus società B costituita da pensionati e dipendenti pubblici). Al di là della propaganda e della confusione (voluta?) tra i dipendenti normali e i supermanager, piuttosto che tra pensionati e superpensionati,  chiunque faccia un conto semplice scopre che abolendo pensioni d’oro e stipendi dei manager e magari sommando i risparmi che verranno dall’abolizione dei privilegi della politica si finanzia pochissimo. Intendiamoci: i privilegi della politica, le pensioni d’oro e gli stipendi dei supermanager vanno aboliti, innescando meccanismi virtuosi o anche semplicemente per colpire simbolicamente gli sfruttatori, ma rimane comunque un problema di risorse. Colpire la società B nel suo complesso diventa quindi una questione di matematica. Ovviamente i lavoratori della fascia A trovano così il nemico di classe, i lavoratori della fascia B ne trovano un altro e così via fino agli odiati politici. E’ odio di classe o invidia?

Il ruolo dei comunisti e della sinistra di classe

Se l’invidia di classe non funziona, se è pericolosa, se ha i prodromi di una moderna forma di fascismo è un fatto da non trascurare. E’ evidente che in questo frangente funziona da spinta materiale alla politica. L’idea che le vecchie aristocrazie operaie o le forme di lavoratori classici fungano da traino per le rivendicazioni delle masse di sfruttati però da anni è in crisi. D’altra parte è evidente che questi lavoratori per anni hanno trovato rappresentanza politica nel vecchio centrosinistra ed in parte anche nella sinistra antagonista la quale però non ha mai scalfito l’egemonia moderata su questi settori. Quello è il pezzo di sistema politico che in questi anni ha duettato con Berlusconi, lo ha aiutato ed è stato complice (o avversario incapace) delle sue politiche. Il fenomeno della precarizzazione che avanza rode continuamente la vecchia struttura del lavoro. Il compromesso al ribasso della sinistra italiana è stato sufficiente al più per mantenere alcuni residuali diritti, manteneva una sua validità numerica prima della crisi finanziaria, ora non accontenta più nessuno. Occorre ripartire da questa analisi e capire se è possibile unire le rivendicazioni degli sfruttati in nome di una unità dei lavoratori che però va declinata dal punto di vista dei diritti materiali e non deve essere ciò che per anni è stato un enunciato totalmente idealistico. Lenin individuò in passato una classe generale che rappresentava la classe egemone del processo rivoluzionario. Quel metodo va salvato ricordandosi che il vecchio non è morto ed ha pratiche e possibilità che devono comunque essere messe in opera.

Su questo snodo si gioca la ricostruzione del moderno partito di classe e dei lavoratori. Su questo dobbiamo discutere e proporre un progetto lungo di accumulazione di conoscenze, forme e pratiche. Magari partendo unendo ciò che abbiamo, distinguendo ovviamente le burocrazie dai soggetti sociali e di lotta. E’ un buon motivo per non lasciar perdere, anche perchè altre possibilità non se ne scorgono.

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