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Bologna: l’ombelico del fondo della crisi

 

Ancora Bologna, ancora il laboratorio nel bene e nel male di questa Italia: oggi a sfogliare i giornali nei bar della città, nei discorsi in strada, nelle varie notizie on line, c’è qualcosa che emerge e che non può piacere a tutti.

Una vigilia di referendum sulle scuole cattoliche che è diventato – giustamente – caso nazionale e battaglia di civiltà laica e repubblicana; l’occupazione dei senza casa ed attivisti di ASIA del Demanio; le cariche della polizia antisommossa contro una assemblea in piazza organizzata dagli studenti universitari; ordinanze e divieti dovunque e per chiunque dalle serate di musica alle manifestazioni sindacali.

Tutto gira nell’ombelico della vecchia signora, la città della svolta della Bolognina, dell’Ulivo di Prodi e del modello di società messo su dal PCI-DS-PDS-PD, delle cooperative e degli industriali democratici.

Durante un incontro pubblico di qualche anno fa, un “maestro di strada”, educatore cresciuto misurandosi con i problemi della gioventù di Napoli (ma oggi uomo di governo) disse che per lui era più probabile che la “rottura sociale” e le sue varie manifestazioni avvenisse in una città come Bologna, piuttosto che in un’altra più “sgarrupata”.

Perché le contraddizioni, gli squilibri, le aspettative sul futuro, le coesioni sociali ben tenute quando si rompono fanno più rumore e danno proprio lì dove erano esemplari. Forse da pedagogista e non da militante antagonista aveva ragione?

Certo che Bologna si trova su una faglia sismica che non è quella del terremoto di un anno fa, è la faglia sociale e politica che separa un futuro socialdemocratico che oggi non c’è più dal futuro delle “decadenti e regressive sorti” della nostra società.

In questa faglia tra futuri impossibili, perché uno non è più realizzabile e l’altro non è accettabile, che si crea la spazio per un movimento anticapitalista, che la scelta di ROSS@ di avviare il suo processo di costruzione proprio a Bologna sia così di buon auspicio.

* Ross@ – Bologna

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