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Chi sono questi presunti “terroristi” notav? Contro di noi l’arroganza di un potere debole

*Attivista Askatasuna (HuffingtonPost del 29 luglio)

Questa mattina una decina di persone è stata svegliata all’alba da una nuova maxi-operazione, una delle tante a cui ci ha da tempo abituati la Questura di Torino. Sono tutte compagni e compagne del comitato di lotta popolare di Bussoleno. Sei di loro sono abitanti della Val Susa, gli altri sei sono torinesi. Si sono trovati la casa messa a soqquadro all’improbabile ricerca di materiale esplodente oltreché delle consuete cesoie (con cui il movimento ha ripetutamente violato negli ultimi tre anni le recinzioni del cantiere), supporti audiovisivi e di comunicazione telefonica e telematica. Tutte le perquisizioni hanno dato esito negativo, tranne una (si legga oltre). Come fa notare ironicamente un compagno perquisito nella propria abitazione a Torino: “Cercavano armi, si son portati via computer e cellulare”. Ma in realtà c’è ben poco da ridere. Nel mandato di perquisizione si faceva infatti riferimento all’articolo 280 comma 1 n.3 cp e 10 e 121. 497/74 del codice penale italiano, imputazione relativa all’”attentato con finalità terroristiche e di eversione”.

Alle parole grosse il movimento ci ha fatto il callo da tempo. Ma non si può accettare tutto in silenzio. Proviamo noi allora a descrivere i protagonisti di questa vicenda con parole minute ma un po’ più aderenti alla realtà. Chi sono questi presunti “terroristi”?

Due di loro, Giulia e Martina, sono giovani valsusine, un po’ lavoratrici, molto precarie, figlie dell’ex-candidato sindaco con la lista “Bussoleno provaci”, Andrea vive a Monpantero, dove è cresciuto. Luca di Bruzolo è un guardia-parco (uno di quei lavori tagliati dai recenti governi tecnici), William si è trasferito dalla Bologna in cui studiava e in questa valle che ha subito sentito come sua. La perquisizione ha anche interessato i locali dell’Osteria La Credenza, rinomato luogo di ritrovo e aggregazione per valligiani e no tav. Un luogo pubblico, sede anche di diverse associazioni sindacali e politiche.

Certo, ci sono anche diversi torinesi vicini al csoa Askatasuna (che, del resto, fa parte fin dalla fondazione del comitato di lotta popolare). Come Dana, che lavora in un dormitorio per senza-fissa dimora, e si è vista non solo sottrarre computer e telefonino ma anche una mappa con indicazioni a pennarello della Val Clarea. Erano parte del materiale che deve fornire al collegio di difesa per i processi contro il movimento per i fatti del 3 luglio 2011, di cui è consulente legale. Erano indicate in quella piantina i luoghi in qui il movimento subì violenze dalle forze dell’ordine. Per gli inquirenti, pericolose mappe di contro-guerriglia. Racconta Dana che nel ritrovare l’agognato reperto agli agenti della digos brillavano gli occhi.

La misura dell’ennesimo fallimento di questo pezzo di magistratura torinese è già visibile nelle reazioni che iniziano a scorrere in rete e nelle decisioni prese in valle. Questo pomeriggio ci sarà una conferenza stampa alle 16 a Bussoleno (che verrà trasmessa in streaming su notav.info) cui parteciperà il Presidente della Comunità Montana Sandro Plano, l’incazzatissimo sindaco di Venaus Nilo Durbiano e qualche parlamentare del Movimento 5 Stelle eletto nel collegio di cui fa parte la Val Susa… Tutti terroristi?

Padalino, Rinaudo e dietro di loro il procuratore capo Caselli si ostinano a costruire grandi inchieste che il più delle volte finiscono in un nonnulla, prigionieri dei loro film, abituati a scorgere in ogni protesta o conflitto che attraversa questa società una sola trama: “stanno tornando gli anni di piombo”. E giù un certo parlamentare e certi giornalisti a reggergli la parte. Quattro petardi diventano “bombe”, atti di sabotaggio diventano azioni di guerra. Tutto l’armamentario fraseologico viene impiegato nella costruzione del nemico pubblico. L’emblema di queste esagerazioni è evidente nell’insistenza con cui si citano molotov che non ci risultano mai esser state rinvenute. Più volti alcuni organi dell’informazione mainstream hanno mostrato in prova foto di bottiglie di birra Moretti presenti all’interno del cantiere. Mai nessuna indagine o controprova scientifica di un eventuale contenuto di benzina all’interno. Cosa fanno i prodi magistrati che tutti paghiamo? Contano le bottiglie di birra bevute dai notav (o forse degli agenti che passano ore a far niente dentro al cantiere)?

La misura e l’aderenza alla realtà non è un requisito richiesto quando si parla di movimento no tav. Anzi, l’esagerazione paga… e fa vendere di più! (Su questo, rimandiamo all’istruttiva ricostruzione della vicenda di “pecorella” compiuta dai valsusini del Takuma e dal collettivo di scrittori Wu-Ming). Come contraltare, relativamente invece alla potenza comunicativa del movimento e del consenso che ottiene da fasce trasversali di società, invitiamo a consultare la pagina facebook con l’iniziativa “Se non con Marta Quando?” in risposta alle offese indecenti del senatore Esposito contro una donna vittima di violenze.

 

L’ironia e la soddisfazione per le ottime risposte che il movimento non smette di incassare ci obbligano però a non prendere sotto gamba questi avvenimenti. Sono brutti segnali, indici di un modo di muoversi del potere costituito, che attacca chiunque osi metterne in discussione legittimità e scelte, come il movimento fa con coerenza da più di vent’anni, con tutti i mezzi che ha a disposizione e che sceglie in assemblee pubbliche. Ed è invero questo che preoccupa tanto chi ci governa. Il fatto che nonostante la lunga sequela di arresti, denunce, perquisizioni, fogli di via e tutta la panoplia di misure restrittive della libertà, questa valle e questo movimento continuano imperterriti a ribadire il proprio No, senza SE e senza MA. Lo farà questo pomeriggio, nei locali della Comunità Montana, questa sera in assemblea al campeggio di Venaus e da domani con nuove iniziative di lotta e solidarietà. Così si muove la Valle che Resiste!

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