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False coscienze sulla morte del criminale nazista Priebke

Sta diventando ridicola la diatriba su dove seppellire il criminale nazista Priebke. Il problema non è dove seppellire un morto ma dove e come seppellire ciò che ha rappresentato: l’orrore e il terrore nazifascista nella nostra città, nel paese e nel resto d’Europa.

I problemi semmai sono due: impedire che la sua tomba diventi una sorta di mausoleo dei nazifascisti vivi oggi e aprire le pagine nascoste e vergognose della storia del dopoguerra che ha visto le complicità con la fuga e l’impunità dei criminali nazisti agire ai livello più alti dello Stato.

Dopo i raduni neofascisti a Predappio o il mausoleo della vergogna dedicata a Graziani ad Affile, non c’è da meravigliarsi che l’eventuale tomba di Priebke diventi la meta per il ciarpame neofascista. Ma sarebbe anche tempo di dire la verità su quanto accaduto nel nostro paese anche dopo la caduta del nazifascismo, quando si consentì a centinaia di criminali di guerra nazisti di rifugiarsi in Sudamerica o di essere integrati negli apparati di sicurezza della Germania e degli stati Uniti impegnati nella guerra fredda contro l’Unione Sovietica. E’ un diritto e un dovere far conoscere i dossier contenuti nell’armadio della vergogna nascosto per anni nel Viminale, dove erano stati insabbiati per anni i dossier sui crimini e i criminali nazisti in Italia per non disturbare le relazioni tra il governo italiano e quello tedesco.

Ieri ad Albano Laziale in provincia di Roma,  gli antifascisti, dopo aver saputo che i funerali di Priebke si sarebbero tenuti  nel loro paese, a centinaia sono scesi in piazza. Il criminale di guerra aveva vergognosamente ottenuto la complicità di settori reazionari della Chiesa, i lefebvriani e del Prefetto di Roma, Pecoraro, in accordo con il governo Letta, ed aveva dato i permessi necessari, revocati solo quando il popolo antifascista era sceso in piazza contro l’oltraggio che si stava compiendo.

Priebke era un criminale nazista che ha vissuto troppo a lungo ed ha potuto morire di una ingiusta fine meramente biologica. Che sparisca dall’orizzonte dell’umanità, ma che quello che ha fatto e rappresentato sia spiegato fin nei dettagli alle nuove generazioni, senza omissioni né manipolazioni di comodo. Solo così l’antifascismo può salvarsi dalla ritualità e tornare ad esser attuale anche per i giovani.

Rete dei Comunisti – Roma

 

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