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Le bufale virali ed il razzismo 2.0

Chi frequenta facebook lo sa, chi non lo frequenta non verrà di certo risparmiato da questa campagna denigratoria, questa operazione di incitamento all’odio, alla violenza ed alla xenofobia. Certo chi ha un minimo di capacità intellettive non cade facilmente nella trappola, ma a volte la stessa è così ben congegnata da diventare più che credibile. Girano tutti i giorni e hanno una ciclicità tematica: adesso è il periodo degli immigrati e dei rom. Vengono messe in rete su di loro notizie terribili tese a discreditarli in ogni modo. Se dovessimo credere a tutto quello che viene diffuso in rete dovremmo credere davvero all’uomo nero ed al mostro del lago.

Una utente di Facebook, Giulia Carlini, si è presa la briga di fare un elenco di tutti gli articoli che poi si sono rivelati una bufala fatti girare negli ultimi tempi: Immigrati che mangiano cani a Lampedusa. Bufala. Immigrati che crocifiggono gatti. Bufala. Immigrati che fanno sesso con la statua della Madonna. Bufala. Immigrati che buttano via il cibo perché non gli piace. Bufala. Sussidi agli immigrati degni di uno stipendio da banchiere. Bufala. Bambina rapita dagli zingari in Grecia. Bufala. Bambina rapita dagli zingari in Irlanda. Bufala. Furti sotto i 200€ di valore non più reato per gli zingari. Bufala. Tutte bufale che vengono fatte circolare con regolarità e pervicacia.

Come ogni bugia ripetuta all’infinito queste bufale diventano vere. Soprattutto perché seguono il sistema di moltiplicazione virale dei link secondo le modalità social: nessuno verifica tutti condividono. Perché se gira una notizia inquietante non si resiste alla seduzione della condivisione. Le condivisioni dell’orrore sui social sono come piccole assoluzioni: io non sono come loro, io denuncio, io diffondo il vero per arginare il male. Ovviamente gli assolutori di loro stessi 2.0 fanno tutti questo in maniera acritica, senza porsi il problema della verifica della notizia che stanno pubblicando.

Bisogna dire che alcune sono scritte molto bene con tanto di linguaggio giornalistico e articoli di legge a supporto delle tesi: «Zingari: furto fino a 200 euro non è più reato», questo il titolo. Nel pezzo si legge: «Approvato finalmente il D.lgs. 958/2013 che la Commissione Consultiva dell’Integrazione ha richiesto per la salvaguardia delle popolazioni nomadi, le quali sono rappresentate dal 1971 dall’Unione Rom Internazionale. Questo movimento mira al riconoscimento di un’identità e di un patrimonio culturale e linguistico nazionale senza stato né territorio, cioè presente in tutti i paesi europei». Insomma, poiché i rom rubano per vivere, per applicare una politica di integrazione dobbiamo permettergli di rubare legalmente, ma fino a 200 euro.

E’ una bestialità ed è falsa, ma si è diffusa viralmente sulle bacheche dei razzisti, che l’hanno immediatamente data per buona, condivisa, commentata e, ovviamente, deprecata. E’ accaduto allo stesso modo con la notizia delle bambine rapite, e con la foto della statua della Madonna “violata”. La gente si fida di quello che trova in rete, se opportunamente confezionato con sembianze di articolo giornalistico, malgrado la rete sia per antonomasia il luogo dell’incerto, del dubbio, del limbo anonimo dal quale emergono verità e bugie in uguale misura. Ma è il luogo in cui ci si può sentire “branco” anche stando seduti a casa perfettamente da soli, ed è facile ed indolore un bel linciaggio xenofobo. Peccato che poi ci sia sempre il passaggio al mondo reale.

Il web forma anche l’opinione, rimbalza le ipotesi false, le fa diventare tesi condivise, fa proliferare i luoghi comuni e genera mostri anestetizzando la ragione. E incide nella realtà. Gli immigrati ed i rom sono il nemico pubblico numero uno. Due episodi accaduti a Napoli negli ultimi mesi denunciano come l’odio razziale sia virale come nel web: il bambino rom sfigurato con l’acido buttatogli addosso da un balcone ad opera di una donna e un bambino picchiato da coetanei in via Carlo Poerio al grido di «zingaro di merda». Sono solo la rappresentazione plastica dell’impianto di pregiudizi costruito per alimentare il razzismo. Quei ragazzini non sanno perché hanno picchiato, ma tutti noi abbiamo mosso i loro pugni.

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