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The Mission: dalla tragedia alla farsa

Da mesi corre l’anticipazione di un programma televisivo che RAI 1 ha realizzato con l’UNHCR e l’organizzazione non governativa INTERSOS (che dall’UNHCR è finanziata in molti progetti di emergenza) nei campi profughi.
Il programma (The Mission) sarà presto sugli schermi, il 4 e il 12 dicembre.
Le voci e le facce di “personaggi popolari familiari al pubblico di RAI 1” (Comunicato dell’UNHCR, 4.9.2013) ci condurranno per mano dentro una realtà drammatica quanto ignorata: quella dei rifugiati, della violenza dalla quale sono fuggiti, dell’incertezza nella quale continuano a vivere.
Come far comprendere tutto questo? Saranno i volti dei vip (Emanuele Filiberto di Savoia, Michele Cucuzza e Barbara de Rossi, Albano e altri ancora) a guidare il “grande pubblico” nei campi della Giordania, della Repubblica Democratica del Congo, del Sudan.
La notizia ha generato stupore e irritazione. Prese di distanza sono arrivate da volontari di Intersos, sospetti sono stati espressi sull’ingresso irregolare delle telecamere in Congo, e circa centomila firme sono state raccolte per impedire che venga trasmesso un programma di dubbio gusto, e di ancor più dubbia utilità per i profughi e i rifugiati.
Hanno rifiutato di mostrare un’anteprima del programma. Hanno ignorato l’interrogazione del Presidente della Vigilanza RAI, Roberto Fico, sulla sua opportunità. Nulla sembra poter fermare un dispositivo di fund raising di queste dimensioni …
È l’ennesima spettacolarizzazione del dolore, costruita con sapiente estetica televisiva. Un’altra espressione dell’industria umanitaria, la stessa che al silenzio di morte dei droni fa seguire poi interventi a favore dei rifugiati. È una retorica intollerabile, scandita da slogan grotteschi, o da giochi interattivi come quelli proposti sul sito dell’UNHCR (“Partecipa a Way2 Escape, e scoprirai i pericoli che deve affrontare un cittadino, in fuga dal suo paese a causa di discriminazioni politiche, religiose o razziali”).
Le parole del direttore di INTERSOS Marco Rotelli (“La causa ci è sembrata più importante dei rischi di una simile operazione”) suonano sinistre. Immagini e storie come queste non possono, infatti, essere raccontate o avvicinate senza “rischi” ai volti dello spettacolo, della canzonetta, odi un rampollo con pedigree reale. Ma i rischi bisogna correrli, sostiene testardo il sig.Rotelli, in nome della “causa”. Quale?
Le ragioni di questi disastri e di questo dolore sono state in questi anni sistematicamente taciute, le complicità non consentono di dire del fiorente mercato nutrito oggi dalla retorica dell’emergenza e degli interventi umanitari. “Dar voce ai rifugiati” significa ben altro: riconoscere i loro diritti elementari, e denunciare gli interessi che alimentano le guerre per i diamanti in Congo, le risorse energetiche in Iraq o il mercato dell’oppio a Kabul…
Martedì 26 novembre, alle ore 18.00, un presidio organizzato dal COMITATO NO THE MISSION manifesterà dinanzi alla sede della RAI per dire il suo “NO!” all’ennesima pornografia della sofferenza.
La settimana successiva saranno promossi presso l’Università (Campus Luigi Einaudi) incontri per discutere della condizione dei rifugiati (a Torino e altrove) e dei problemi dell’industria umanitaria.

COMITATO NO THE MISSION – Associazioni, comitati, cittadini torinesi

FIRMA ANCHE TU LA PETIZIONE!!

A metà novembre 2013 98 mila firme per dire no al programma Mission sono state depositate qualche giorno fa in Commissione di Vigilanza Rai da Andrea Casale, promotore di www.change.org/nomission per chiedere di non mandare in onda su Rai Uno il reality sui campi profughi africani, previsto per questo dicembre.

Ecco la dichiarazione del Presidente Roberto Fico: “98 mila persone non vogliono che la Rai trasmetta il programma, che intende raccontare le condizioni di vita disperate di chi fugge da guerra e povertà attraverso anche la presenza di personaggi del mondo dello spettacolo.

Mission è un esempio di tv del dolore che spettacolarizza la sofferenza, inadeguato a mio avviso agli obiettivi che il servizio pubblico deve perseguire nell’intento di formare e sensibilizzare l’opinione pubblica. Nessuna censura, solo una profonda e ampia riflessione sulle modalità di trattamento di temi così importanti.

Non credo onestamente che sia mai successa prima una cosa del genere. Quasi 100 mila persone hanno detto chiaramente di non volere questo tipo di trasmissioni, dato il ruolo importante di agenzia culturale che la Rai ricopre e che i cittadini reclamano a gran voce.

Queste firme ora diventano patrimonio della Commissione di Vigilanza Rai. Il documento è stato protocollato e portato all’attenzione di tutti i deputati e senatori che fanno parte della Commissione.

Vi avevo promesso che avrei tenuto alta l’attenzione su questo tema e continuerò a farlo.

Vogliamo Informazione, non lacrime.”

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1 Commento


  • renato

    UNHCR: non ha caso ci stava la boldrini

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