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Quello che abbiamo da dire sui Forconi

Non so bene che dire, salvo sintetiche notazioni. I cosiddetti “forconi” sono sintomo di malessere sociale, e fin qui siamo d’accordo tutti. Manca una direzione politica della sinistra, e anche su questo concordiamo grosso modo: è una carenza, che non dipende però solo da una sinistra frantumata, ma dall’ambiguità intrinseca di questo movimento di protesta. Non sto parlando del colore delle bandiere, delle infiltrazioni di fascisti o mafiosi. A me sembra una rivolta “di pancia”, senza ideali né obiettivi distinguibili. Un tipico moto della piccola borghesia che si sta impoverendo, e che chiama a raccolta chi sia disposto a sostenerla: fasce di precariato, di marginalità senza volto, di scontenti e di delusi. Un magma, differenziato tra città e città (Torino non è Roma). Senza che nessun segmento abbia una reale egemonia.
Per quali finalità? A me pare che sia un’estensione militante del grillismo parlamentare. Come se Grillo, dopo avere radunato folle pronte a marciare su Montecitorio e sul Quirinale, non le avesse a suo tempo richiamate indietro (e dirottate assurdamente sul Colosseo), bensì le avesse incitate a proseguire. Avrebbe avuto i “forconi” di oggi. Privi di scopo, di bandiera – incluso il labaro fascista – e di rivendicazioni decifrabili. L’unica è quella di miglioramenti fiscali o di depenalizzazione di danni ambientali.
Ma badate. Parliamo di quattro gatti. Un conto è uno sciopero dei trasporti che paralizza mezza Italia, un altro sono padroncini che, mettendo i loro mezzi di traverso, ne bloccano le arterie. In piazza, i “forconi” fanno ridere. Un qualsiasi collettivo studentesco sa mobilitare forze maggiori. Certo non hanno i TIR (magari con dipendente extracomunitario alla guida, pagato in nero), però sanno dove andare a parare.
Non serve, agli antagonisti, stare in mezzo a tutte le rivolte, quali che siano. La lotta di classe è guerra di posizione: si conquista un caposaldo, vi si instaura un contropotere e si passa oltre. Con un uso della forza adeguato al momento. Ma soprattutto con un’intelligenza politica complessiva capace di progettualità. Dai “forconi” va tratto un solo insegnamento. Una minoranza attiva può fare danni, se individua gli snodi del sistema (vedi gli scioperi nel settore strategico della logistica). Bisogna però che ogni passo avanti lasci bastioni conquistati e adeguatamente difesi. Dalla loro somma nascerà il profilo di una società diversa.
Insomma, il colore della bandiera conta. Eccome se conta. Nelle sue sfumature rosse e nere sta il progetto di un’alternativa. Nei tricolori sbiaditi è il progetto acefalo di un’insorgenza fiacca che, prima o poi, scenderà a compromessi vergognosi. La caricatura di rivoluzione dei piccolo-borghesi, fin dai tempi dei girondini.

* Carmillaonline

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1 Commento


  • giovanni

    “Nei tricolori sbiaditi è il progetto acefalo di un’insorgenza fiacca che, prima o poi, scenderà a compromessi vergognosi.”
    veramente il tricolore, lungi da essere fiacco, è l’unica cosa politicamente premeditata dei forconi, in quanto è la copertura di tutti i fascisti i cui capoccia, sapendo che gli riderebbero dietro tutti se si spacciassero da rivoluzionari, hanno dato ordine tassativo alla base di NON portare nessun simbolo di destra alle manifestazioni, ma solo la bandiera, in modo da rendere riconoscibile la propria presenza senza sputtanarsi urbi et orbi come i soliti fascist.

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