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Lo strappo in Cgil

Noi che nel congresso CGIl sosteniamo il documento alternativo “Il sindacato è un’altra cosa non abbiamo partecipato al voto nel direttivo convocato per approvare l’accordo sulla rappresentanza.

Abbiamo fatto questa scelta perché consideriamo quell’accordo una violazione dello statuto della CGIL. Per questo, come abbiamo dichiarato in quella sede, ricorreremo alle vie formali: né la segreteria né il direttivo hanno il potere di non rispettare o di cambiare nei fatti lo statuto dell’organizzazione.

Siamo stati accusati e diffidati perché abbiamo detto che quell’accordo è incostituzionale. Ma la sostanza è che, con la sentenza di luglio, la Corte Costituzionale ha affermato che non si possono condizionare la rappresentanza e i diritti sindacali all’obbligo della firma degli accordi. E ancora di più che i lavoratori hanno diritto a scegliere liberamente chi li deve rappresentare. L’accordo sulla rappresentanza nega queste principi, come definirlo se non incostituzionale?

Ma non solo per questo motivo si viola lo statuto della CGIL. Le procedure di decisione e arbitrato sull’attività sindacale, le sanzioni anche pecuniarie per le strutture e i lavoratori che fanno i delegati, le regole e lo spirito dell’intesa sulla rappresentanza violano lo spirito e le norme della costituzione democratica della CGIL.

Si costituisce un sistema sindacale aziendalista e al tempo stesso centralizzato in forma autoritaria, le autonomie delle categorie e i diritti democratici degli iscritti sono tutti sottoposti al controllo di conformità all’accordo. La CGIL, se applica l’accordo, deve non rispettare il proprio statuto. Per questo contestiamo la legittimità di tutte le decisioni prese e andremo fino in fondo nel farlo.

L’intesa del 10 gennaio ha provocato l’esplosione della maggioranza che da poco si era presentata assieme nel congresso. Ricordiamo la retorica con cui si era presentato il congresso come “unitario”, noi sola opposizione eravamo troppo pochi e senza potere per essere semplicemente presi in considerazione

Poi l’11 gennaio puf… tutto questo non c’è più stato.

Nel direttivo nazionale Susanna Camusso e Maurizio Landini si sono affrontati con una durezza rara. E con accuse che se portate avanti coerentemente non possono che mettere reciprocamente in discussione il ruolo e la persona.

Landini è arrivato ad affermare che non rispetterà le decisioni del direttivo e siamo d’accordo, abbiamo subito sostenuto che a questa intesa si disobbedisce, che nostro primo compito è farla saltare rendendola inapplicabile. Tuttavia non possiamo non cogliere due grandi contraddizioni nella posizione del segretario della FIOM.

La prima, sulla quale ha giocato Susanna Camusso, è che l’intesa del 10 gennaio applica quella del 31 maggio scorso. Certo la applica nel modo più brutale, ma la applica. Se qualcuno ha voglia di andare a leggere ciò che scrivevamo allora per dire no, troverà gli stessi giudizi che usa Landini per l’accordo di oggi. Eravamo veggenti, Cassandre? No, quelli erano principi negativi già chiari e ora si son tradotti in regole capestro. Forse Landini pensava di condizionare la trasformazione di quei principi in regole, ma non ci è riuscito ed è incomprensibile e insostenibile che continui ad affermare che il 31 maggio era buono e il 10 gennaio no. È una posizione che non sta in piedi.

La seconda contraddizione è che non si può dire che non si accettano le decisioni del direttivo, giustamente lo ripetiamo, e poi continuare a far parte della maggioranza.

La FIOM nazionale ha sospeso i congressi e svolgerà assemblee di delegati. Poi pare che Landini e la sua area abbiano intenzione di presentare emendamenti contro l’accordo, emendamenti al documento firmato da Susanna Camusso. Ma scherziamo?

Si afferma, giustamente, che è in discussione la democrazia in CGIL e poi tutto questo si traduce in una nuova postilla al documento Camusso?

Non chiediamo a Landini di venire nel documento alternativo, anche se non siamo degli appestati. Rompa lui con il documento che in premessa esalta l’accordo del 31 maggio e passi lui, nei suoi modi, all’opposizione in CGIL. Faccia questa scelta e noi troveremo il modo di fare una battaglia comune, passando sopra a tutte le cattiverie che abbiamo subito. Ma rompa sul serio e prima di tutto ritiri la firma dal documento Camusso.

Presentare ora agli iscritti il documento di maggioranza come se niente fosse, mentre i leader di quella maggioranza si dividono e scontrano sulla natura stessa della CGIL, non sarebbe solo un intollerabile inganno, ma una scelta poco seria.

Per quanto ci riguarda, il consenso superiore a qualsiasi previsione che sta raccogliendo il nostro documento ci fa dire che abbiamo imbroccato la strada giusta. E andremo avanti ad organizzarci e a lottare.

 

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