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A cominciare dal 23 aprile, contro tutti i semestri europei: scomposizione e ricomposizione

Il 23 aprile a Roma, alle 16.30, in via Galilei 53, si terrà una riunione di livello nazionale. Il tema e le motivazioni sono quelli dell’appello che troviamo su molti siti della sinistra d’alternativa e comunista.

È stato lanciato all’indomani di una manifestazione, quella del 12 aprile, che ha segnato un grave punto di regressione sul piano della partecipazione, non solo numerica, anche a causa dell’inteleggibilità dell’obiettivo ed un avanzamento conseguente delle azioni feroci di repressione (materiali e legislative).

Un appello che non va perduto, anzi va sostenuto con forza. Ma neppure può essere affrontato con leggerezza o -peggio- intendendolo come salvifico rispetto alle incapacità politiche sinora dimostrate anche da chi (individualmente e collettivamente) ritiene di dover dare una risposta di opposizione al sistema politico e sociale non solo italiano ma europeo.

La frantumazione identitaria e/o ideologica, la collocazione autarchica di svariate sigle, un provincialismo estremo delle lotte (anche se apparentemente di respiro nazionale ma agite settorialmente), l’impossibilità fin qui dimostrata a fare sintesi efficace ci consegnano un quadro a dir poco critico.

Il rischio è che a fronte di una assoluta necessità risultante dall’esito ancora inconcluso del drammatico arretramento, persino della fruizione dei diritti minimi concessi alle classi subalterne anche in una società borghese, si vada verso una “semplice” collazione movimentista.

Apparentemente “semplice”: troppo spesso, infatti, l’adesione a proprie formazioni (residuali e inutili nel peggiore dei casi, o limitate all’orizzonte di intervento nel migliore) ha creato solo le condizioni per una amalgama di bassa resistenza pronta a saltare alla prima occasione (si pensi alla penosa vicenda della lista elettorale italiana per Tsipras).

Occorrerebbe invece scomporre, decodificandole, le ragioni profonde dei vari movimenti e azioni di lotta (sindacale e sociale) presenti sul territorio (in verità non solo italiano).

La ragione della scomposizione è motivo basilare, necessario ed imprescindibile che, unico, può consentire il riconoscimento degli elementi unificabili sotto una direzione unificante.

Dunque c’è solo uno spazio di manovra: la direzione politica se vuole essere unificante, e quindi efficace, non può essere l’ennesimo collage ma necessita di una chiarezza di obiettivi che non può prescindere dall’analisi della fase e di una proposta riconoscibile in termini politici egemonici, da agire anche nel concreto della realtà quotidiana.

Dalla parte della nostra barricata ancora non si sono viste proposte atte a produrre vera egemonia, per ragioni varie (l’attaccamento a sigle troppo spesso inconsistenti, ad esempio) e non ultima la difficoltà a far emergere chiaramente la risposta della politica come l’unica funzionale, perché, in molta parte dei gruppi dirigenti che si aggira per l’Italia, si è innestato un pensiero minoritario e subalterno che ha assorbito, negandolo, il mefitico e purtroppo -questo sì- egemone pensiero capitalista (a cominciare dall’unica lotta di classe oggi agita, violentemente e senza limiti, dall’avversario che non trova contraltare).

Il percorso sarà lungo, complesso.

Ricostruire ex-novo abbisogna di un lavoro di lunga lena, senza …. anzi combattendo…. l’idea di una risollevazione immediata, dai frutti subitanei.

Costerà molto, come è costata molto nel passato e come la storia del movimento operaio ci insegna, e non ne vedremo presumibilmente i risultati se non dalla prossima generazione.

Risulta anche necessaria una impostazione politica di livello almeno europeo, connettendoci con altre realtà nazionali che, come noi, condividono una prospettiva alternativa e anticapitalista al sistema dato.

Se il semestre italiano può diventare un -diciamolo senza remore!- “occasionale” ma utile obiettivo di agevole riconoscibilità, ove concentrare una prima e più facilmente identificabile re/azione di lotta politica, non possiamo e non dobbiamo dimenticare che nessun semestre europeo (a prescindere dal turno di presidenza) in quanto espressione di un sistema a cui vogliamo contrapporci, deve rimanere senza contro-risposta. Strutturata.

Per questo il respiro internazionalista deve essere uno dei paradigmi fondanti. 

* Ross@ 

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