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Elezioni: l’Unione Europea è il problema, non la soluzione

I deliri del ‘Truman Show’ elettorale

Assistiamo in questi giorni alla recrudescenza di uno scontro polemico tra diversi blocchi politici diretto a convincere l’opinione pubblica della necessità di votare, alle elezioni europee del 25 maggio, questo o quel partito. Come se dai risultati delle votazioni di domenica prossima dipendessero le sorti dei popoli di un’Unione Europea che, al contrario, è regolata dagli interessi e dalle necessità di una borghesia europea in via di costituzione attorno al nucleo tedesco, sempre più vorace e aggressiva. 

Si sprecano gli appelli da parte del Partito Democratico e del presidente Napolitano – vero garante dell’ordine targato ‘Ue’ nel nostro paese – affinché il 25 maggio gli elettori vadano a votare e “votino Europa”. Il pericolo, si racconta, è che nelle urne svuotate dall’astensionismo prevalgano i movimenti xenofobi, populisti ed euroscettici, categoria quest’ultima che include tutte le critiche nei confronti dell’UE e delle sue politiche, siano esse provenienti dalla sinistra piuttosto che dalla destra estrema. E’ davvero paradossale – e inaccettabile – che forze politiche, governi e personaggi che tollerano o sostengono il colpo di stato nazionalista e l’uso dei fascisti a Kiev per il perseguimento degli interessi strategici del polo imperialista europeo chiamino ora gli elettori al voto per “porre freno all’avanzata del fascismo” all’interno dei confini continentali.

Così come sono paradossali la pantomima sull’elezione del presidente della Commissione Europea e lo scontro al cardiopalma sulla composizione di un Parlamento Europeo che non ha alcun potere concreto, visto che ogni decisione è demandata da organismi di tipo oligarchico e tecnocratico completamente svincolati dalla sovranità popolare e che si impongono attraverso meccanismi coercitivi e autoritari.

Le elezioni europee non hanno quindi alcun valore, se non quello di inscenare una simulazione della democrazia e della partecipazione allo scopo di convincere l’elettorato a legittimare, attraverso un processo di costruzione ideologica, una struttura burocratica, profondamente antidemocratica e antipopolare quale è l’Unione Europea.

Per attirare consensi un Partito Democratico sempre più esplicitamente espressione dei poteri forti nazionali e internazionali, continua da una parte a produrre misure propagandistiche ad hoc, e dall’altra ad agitare l’ormai spuntato argomento dell’antiberlusconismo. Da parte sua il centrodestra di Berlusconi – quello che per anni è stato descritto a ‘sinistra’ come l’anticamera del fascismo in procinto di imporsi – sembra boccheggiare in crisi di identità e di idee.

La vera sfida, all’interno di questo vero e proprio “Truman Show” dove ogni battuta è costruita e dove anche il colore delle cravatte dei candidati è studiato a tavolino dagli esperti di marketing, è tra un Renzi berlusconiano e un Beppe Grillo che continua a miscelare critiche sacrosante a parole d’ordine decisamente moderate. Se il messaggio del Movimento 5 Stelle appare destabilizzante e dirompente – e indubbiamente l’emersione di questo terzo polo ha il merito di sparigliare le carte di un bipolarismo imposto – in realtà la presenza nelle istituzioni dei parlamentari grillini non ha messo in questi mesi mai a rischio le compatibilità del sistema.  

Occorre segnalare che anche questa volta le sinistre moderate e radicali riunite nella Lista Tsipras – con il placet del partito de “La Repubblica” –  hanno mancato l’occasione di porre, seriamente e concretamente, il problema della rottura dell’Unione Europea e del suo sistema di dominio. Continuare a denunciare gli effetti dell’integrazione europea – austerity, tagli, regressione democratica – come fanno giustamente i candidati della Lista Tsipras senza attaccare frontalmente il meccanismo che li genera e li impone, cioè l’Unione Europea, significa agitarsi invano e sbagliare bersaglio. D’altro canto molti candidati di sinistra hanno utilizzato la campagna elettorale per chiedere ‘più Europa’, dimostrandosi subalterni ad una logica tutta interna e non contrapposta all’Unione Europea ed al complesso dei suoi dispositivi ideologici, economici e statuali.

E’ fuori dalla gabbia dell’Unione Europea che i popoli e i lavoratori di questo continente devono cercare una via d’uscita alla gestione autoritaria e antipopolare della crisi capitalista, lavorando alla creazione di un’altra integrazione tra paesi, democratica, solidale, di rottura con i diktat della Banca Centrale e del Fondo Monetario.

Su questa linea siamo impegnati a costruire, fin dalle prossime settimane, i primi appuntamenti di mobilitazione e di lotta cominciando dalla contestazione al semestre italiano di presidenza dell’UE.

Perché l’Unione Europea è il problema, non la soluzione.

 

Segreteria Nazionale della Rete dei Comunisti – 21 maggio 2014

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