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Questa sinistra radicale…così poco radicale

Per capire i risultati dei partiti della sinistra europea partiamo da questo quadro riassuntivo:

-Germania: Linke 7,4% (nel 2009 il 12% nel 2013 l’8,6%)

-Francia: Front de Gauche 6,3% (presidenziali 2012 l’11,1% diventati il 6,9% nelle politiche successive di pochi mesi)

-Italia: Lista Tsipras 4%

-Spagna: Izquierda Unida 10,1% (alle politiche ebbe il 6,9 avendo subito la scissione di Izq, Anticapitalista)

-Paesi Bassi: Partito socialista Olandese 9,6%(contro la costituzione europea nelle politiche del 2006 il 16, 6% massimo storico nel 2009 perse il 7,7% attestandosi all’8,9%, poi 9,6% nel 2010)

-Repubblica Ceca: Partito Comunista Cecoslovacco 11% (punta massima il 18,5% delle politiche 2002, poi ridotto al 12,8% del 2006 ed all’11,27% del 2010, tornato al  14,91 %  nelle politiche 2013)

-Grecia: Syriza 26,6% (politiche 2012 ottenne il 26,89%; Kke 6,1% (nelle politiche degli ultimi anni si è costantemente attestato intorno all’8%-(,5%)

-Portogallo: Pc portoghese 12,67% (dopo punte intorno al 20% negli anni ottanta, nel 2006 presidenziali  l’8,64% di solito intorno al 7%);  Blocco di sinistra 4,56% portoghese (nel 2009 intorno al 10%)

-Svezia: Partito della sinistra svedese 6,3%

-Finlandia: Alleanza di sinistra finlandese 9,3% (nel 2011 l’8,13%)

-Irlanda: Sinn Fein 17%

Basta questo specchietto per capire che il risultato non è brillante: risultati stazionari in Olanda e Svezia, piccole flessioni (intorno all’1%) in Germania, Francia, Italia e per il Kke, piccole avanzate in Spagna e Finlandia, grandi spostamenti in avanti solo in Grecia (dove però l’avanzata c’era già stata alle politiche, rispetto alle quali c’è una lievissima flessione) e Portogallo, e fortemente negativi nella Repubblica Ceca. I seggi sono 45, erano 35, e l’incremento è dovuto in maggior parte alla Grecia (da 3 a 6 Syriza) e  all’Italia (+ 3 da 0 della volta scorsa). Nel complesso un risultato sostanzialmente mediocre.

Che diventa cattivo se si considera che veniamo da un quinquennio di crisi che, al contrario, dovrebbe gonfiare le vele ai partiti critici verso il sistema. E, invece, il voto di protesta è affluito massicciamente verso i partiti euroscettici che si collocano prevalentemente a destra del “blocco europeista” (Fn, Ukip, Veri Finlandesi, Afd, nazistume vario ecc) con la sola eccezione del M5s che, piuttosto, si colloca a sinistra del blocco europeista, pur avendo tratti simili a quelli  dell’altro versante.

Di fronte a questi risultati non è possibile non chiedersi perché. Nonostante i dieci seggi in più, questi sono i numeri di una sostanziale sconfitta politica che va spiegata. Il dato evidente e schiacciante è che la sinistra radicale (salvo il particolarissimo caso greco e quello portoghese meno rilevante ma non trascurabile) non ha intercettato niente della protesta che monta.

Avevo scritto mesi fa che questo sarebbe stato un referendum sull’Euro e sulle politiche di rigore che esso presuppone necessariamente (ripeto: necessariamente), mi pare che sia stato così: la protesta ha premiato i partiti che si sono dichiarati apertamente contro l’Euro e la Ue (è sintomatico che il Pc portoghese, che aumenta, è fra quelli della sinistra che si sono pronunciati contro l’Euro, come del resto il Kke). La sinistra “radicale” si presentava con un profilo a dir poco ambiguo e sfumato: non ha avuto il coraggio di schierarsi contro l’Euro, limitandosi ad un generico appello alla fine dell’austerità (ma questo lo dice anche Renzi che non mi pare affatto radicale), ha accettato il dogma europeista che identifica senza residuo l’unità europea con la Ue, salvo lanciare un fumosissimo slogan dell’”Altra Europa” che non si capisce in cosa si traduca sul piano politico ed istituzionale. Potrebbe significare qualsiasi cosa, ma non è una posizione antisistema. Ed una sinistra radicale che non è antisistema, a che serve?

Ma, anche volendo concedere che non sia l’Euro e la Ue il nemico contro cui schierarsi, la sinistra “radicale” non è riuscita ad indicare nessun altro nemico, salvo le solite genericissime geremiadi contro la speculazione finanziaria, cui non  ha fatto seguito alcuna proposta di lotta, né a livello dei singoli paesi né, tantomeno, a livello europeo. La sinistra “radicale” è mancata completamente al suo ruolo nella crisi e non poteva avere nessuna proposta, perché non aveva alcuna analisi della crisi. Semplicemente non ha capito nulla di quello che stava e sta succedendo.

Il punto è che la cd “sinistra radicale” da quasi un quarto di secolo –se non più- non produce un grammo di cultura politica: in tutta Europa, non conosco una sola rivista di qualche spessore teorico prodotta da questa area, né ricordo un convegno che abbia lasciato tracce durevoli. Quando esce qualcosa, è opera di singoli studiosi di area marxista o neo marxista totalmente slegati dalle organizzazioni, che si guardano bene dall’utilizzare e valorizzare quell’occasionale contributo. Quello che viene etichettato come sinistra “radicale” è un aggregato di organizzazioni residuali che hanno fuso rimasugli di partiti comunisti con pezzi di sinistra socialdemocratica e che ha cercato di sopperire alla dèbacle  ideologica della socialdemocrazia. Una sorta di “socialdemocrazia vicaria” che ha condotto solo battaglie difensive e spesso di retroguardia. Ricordo una conversazione che ebbi con Armando Cossutta fra il 1996 ed il 1997 a proposito delle riforme istituzionali: lui mi prospettava una battaglia rigida in difesa della Costituzione esistente, io gli proponevo cose come il superamento del bicameralismo, l’introduzione di un articolo sul diritto di informazione, di un altro sui limiti al segreto di Stato ecc. Non ci fu nulla da fare: per lui esisteva solo la difesa dell’esistente, con la maggiore rigidità possibile e, meno che mai, ci sentì quando gli proposi una linea possibilista sul presidenzialismo in cambio del ritorno al sistema proporzionale. Ad un certo punto mi disse che non potevamo fare nessuna proposta in positivo, su terreno  costituzionale, perché “eravamo in una fase di guerra di posizione e non di movimento”. Gli chiesi che senso la guerra di posizione, quando il nemico ha sfondato le linee ed ormai lo hai alle spalle. Non mi rispose.

E’ mancata non dico la capacità di fare egemonia, ma nemmeno c’è stata nessuna voglia di provarci. Il ceto politico residuale comunista e socialista raggruppato nei “nuovi” partiti della sinistra cd radicale ha semplicemente cercato un adattamento all’interno dell’ondata neo liberista, contro la quale si è limitato a fare “resistenza passiva”.

E, quando la crisi è arrivata a scuotere il sistema liberista, in cui si era scavata confortevole nicchia, la sinistra “radicale” non ha avuto nulla da dire.

Nonostante questo, la cd sinistra “radicale” ha ancora la possibilità di rappresentare un punto di riferimento importante, per una uscita dalla crisi “da sinistra”. Ma deve vincere le sue resistenze ideologiche più infondate (l’avversione al principio di nazionalità, bollato senz’altro come “nazionalismo”), uscire dalla sua dimensione minoritaria e difensiva, tornare al disegno di cambiare il mondo e non limitarsi a difendere l’esistente. Ma, per fare tutto questo, occorre rivedere profondamente il modello organizzativo del “partito di funzionari”, che produce i gruppi dirigenti per cooptazione. E gruppi dirigenti sempre più scadenti ed opportunisti, come quelli che ci hanno deliziato in questi anni soprattutto in Italia.

E qui veniamo ai guai di casa nostra. Come ho ripetutamente detto, ho votato il M5s, ma ho cercato anche di dare una mano alla lista Tsipras: a quanti erano indecisi fra l’astensione ed il voto all’Altra Europa, ho sempre consigliato di votare per questa lista perché conquistasse il quoziente. Ma senza molte illusioni in caso di vittoria. Ad uno dei ragazzi che mi chiedeva quanto affidamento si potesse fare su questo esperimento, rispondevo: “Se non prenderanno il quoziente sarà un disastro. Ma se lo prenderanno sarà una catastrofe, perché inizieranno a litigare, un secondo dopo, sul gioco delle opzioni, sulla divisione dei rimborsi ecc. Tu comunque votali perché non c’è da fare altro”.

Ieri, proprio lui, mi chiedeva come avessi fatto a prevedere le liti succedute alla decisione della Spinelli di tenersi il seggio. Ho risposto “Perché conosco i miei polli”. Dunque non mi facevo illusioni, ma sono riusciti ad andare al di là delle mie più pessimistiche previsioni, facendo una serie di bestialità da far rabbrividire.

Iniziamo dalla formazione della lista. Va bene il ruolo di un gruppo di intellettuali che cerca di dare una mano e si mette al servizio, ma che poi si attribuiscano tutte le teste di lista è cosa che lascia perplessi. Ma la cosa viene giustificata dicendo che sono candidature di “servizio”, pronte ad immediate dimissioni e che la cosa serve ad attirare i voti della società civile e non far litigare le organizzazioni (Sel e Prc), appunto, si tratta di candidature di “garanzia”. Poi va a finire che tutti tre i primi eletti (Ovadia, Spinelli, Rea) sono del gruppo dei “garanti”, solo che: Ovadia si è dimesso, ma solo per fare posto a Curzio Maltese (altro membro dell’area dei garanti), Rea si è dimesso a favore di Spinelli che, per parte sua non si dimette affatto. Morale: i 2/3 degli eletti sono della redazione di Repubblica. E proprio sulla Spinelli non posso tacere qualche rilievo che ho tenuto per me in campagna elettorale: è stata la compagna di Tommaso Padoa Schioppa con il quale si è spesso accompagnata alle riunioni del Bildberg.

Personalmente non ho il mito della “congiura mondiale” delle oligarchie finanziarie, non penso che il Bildberg sia la “cupola” del potere mondiale, ma mi sapete dire che diavolo c’entra un frequentatore del Bildberg con la sinistra radicale? Allo stesso modo, mi sapete dire che c’entra Repubblica con la sinistra radicale? Ma, mi si farà notare, la lista voleva andare al di là dello steccato della sinistra tradizionale ed attrarre voti di altre aree progressiste ed a questo serviva dare una immagine che non fosse solo quella delle vecchie organizzazioni.

Se lo scopo era questo, è stato un disastro: la sommatoria di Sel e Rivoluzione Civile, un anno fa, era di 1.854.597 voti, oggi la Lista Tsipras prende 1.093.071 voti, perdendone 752.526. D’accordo, le sommatorie non riescono mai e il totale di una lista unitaria è sempre inferiore a quello delle liste separate, ma i voti che avrebbero dovuto portare questi mitici rappresentanti della società civile dove sono? E non venitemi a dire che i loro voti sono le preferenze ottenute individualmente, perché quelli sono i voti dovuti alla posizione di capolista e, almeno in parte, all’assicurazione di pronte dimissioni. In ogni caso, pur sommandoli, non arriviamo a centomila: un po’ pochini per essere l’impetuoso flusso elettorale sperato, in nome del quale non è voluta mettere nemmeno la parola “sinistra” nel nome.

Poi tutti hanno fatto quello che potevano per fare disastri: Sel ha mostrato di crederci molto poco  (a proposito: non è che mi fossi inventato io la notizia della pronta confluenza di Migliore e dei suoi nel Pd: era nell’aria come le notizie più recenti confermano) e, infatti, Vendola ci ha messo il carico da undici, un minuto dopo i risultati, per dire che era una “lista di scopo” e che non se ne parla di Syriza italiana. Il che significa, dati i risultati molto magri dell’area e le clausole di sbarramento esistenti, che la prospettiva è quella di entrare nel Pd, detto in termini spicci. E sempre che Renzi ce li voglia, il che non è scontato.

Rifondazione si accontenta del seggio che è riuscita a portare a casa e non esiste politicamente.

Ma il disegno complessivo è a pezzi: la decisione della Spinelli manda a pezzi tutto, perché induce Sel (tutta Sel, compreso Fratoianni, temo) a prendere il largo e, senza Sel, questa lista è solo il residuo di Rifondazione + Repubblica, con Repubblica in posizione dominante.

Peraltro, la scelta della Spinelli di venire meno all’impegno preso, certo non giova all’immagine della lista. C’è una eccessiva disinvoltura degli attuali esponenti a fare con troppa leggerezza affermazioni del tipo “mi dimetto” (vale anche per Grillo, ovviamente, anche se, nel suo caso, non ha sfilato il seggio a nessuno).

E non avete visto ancora tutto: ora vedrete le liti per la divisione dei rimborsi, dei funzionari, poi verranno quelle per l’attribuzione dei dossier ecce ecc.

Insomma, peggio di così… Io comunque continuo a sentirmi parte di questa comunità, pur se in una posizione diversa. Quel che accade in questa area mi riguarda e, pertanto, dico: compagni della base di Sel e di Rifondazione, ma che aspettate a darvi una mossa e ruzzolare dalle scale tutti i vostri dirigenti?

da http://www.aldogiannuli.it

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