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Se Renzi va a passo di carica…

E’ evidente – come hanno sottolineato tutti i commentatori, anche quelli di parte borghese – che le manganellate agli operai di Terni, riprese e rimbalzate dalle telecamere di tutto il sistema dei media, non sono ascrivibili alla solerzia dello sbirro di turno a Roma ma sono direttamente riconducibili alla catena di comando operativa del Ministero degli Interni e del Consiglio dei Ministri.

Questo dato è stato riconosciuto, seppur a denti stretti, sia dalla Camusso e sia da Landini i quali – coerenti con la loro impostazione politica storica ed immediata imperniata sul collaborazionismo di classe – stanno utilizzando questa vicenda per tentare di riaprire una impossibile seria mediazione con il complesso delle politiche economiche e sociali del governo Renzi.

Ma l’esecutivo, però, è da mesi che parla chiaro circa la propria volontà di produrre, a tutti i costi, un affondo decisivo contro le condizioni di vita e di lavoro dei settori popolari della società ben oltre quanto già fatto da Belusconi, Monti e Letta. Un affondo necessario per le esigenze dell’Azienda/Italia nell’ambito dell’accresciuta competizione globale e dell’attuale corso della crisi.

Il Jobs Act, il decreto Sblocca/Italia, le nuove norme per la scuola, il rinnovato interventismo bellico e la Legge di Stabilità sono i tasselli di un unico disegno che ha il dichiarato obiettivo di determinare una generale svalorizzazione del lavoro (quello “garantito” e quello precario) ed un drastico ridimensionamento dei diritti con l’emarginazione/dissolvimento di ogni forma di tutela collettiva ed organizzata dei diritti.

Di questi contenuti, profondamente antisociali, si è discusso, con spocchia ed arroganza, alla Leopolda nei giorni scorsi con annesse le dichiarazioni, tutt’altro che spontanee e poco avvedute, del finanziere Davide Serra e dell’aspirante velina Pina Picierno le quali, alla bisogna, servono, attraverso queste che appaino come dichiarazioni improvvide, alla preparazione del clima culturale e politico per ulteriori offensive antioperaie ed antipopolari.

Da questo nuovo corso dell’esecutivo – con un occhio sempre rivolto verso i diktat dell’Unione Europea e della rampante borghesia continentale – derivano l’insieme delle modalità con cui si affrontano le contraddizioni sociali: dal continuo ricorso al voto di fiducia in Parlamento, alla derisione della forma/sindacato fino alle manganellate contro gli operai di Terni nel centro di Roma.

Il governo Renzi non può – pena il suo fallimento – derogare dal programma di macelleria sociale e di esecutore dei desiderata di Marchionne, della Confindustria e dell’Unione Europea.

La repressione, le inchieste della Magistratura ed il complesso delle forme di criminalizzazione del conflitto sociale sono un aspetto fondamentale dell’azione di Renzi e della filosofia politica che sottende al Partito Democratico.

Con questa nuova condizione del conflitto e dello scontro di classe occorre cominciare a fare i conti, nei posti di lavoro, nei territori e nell’insieme della società.

Alla naturale e scontata solidarietà con i lavoratori di Terni e con l’insieme dei soggetti sociali colpiti dalla terapia del manganello (dai No Tav ai facchini della logistica, dagli studenti di Napoli a quelli di Torino, dagli occupanti di case a quelli degli spazi sociali) va affiancata la necessità politica ed organizzativa di adeguarci, complessivamente, alla nuova qualità dell’offensiva padronale e governativa.

Accanto alla indispensabile autonomia ed indipendenza dalle contabilità capitalistiche e da ogni forma di subalternità al Partito Democratico va implementata, con più determinazione, una linea di condotta politica ed organizzativa che punti alla stabilizzazione dell’organizzazione sindacale e sociale del conflitto ed alla ricostruzione di una Rappresentanza Politica degli interessi dei settori popolari della società oltre la catastrofe ed il fallimento della sinistra politica e dei sindacati complici e collusi.

Rete dei Comunisti

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