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Storia di un giornale, liquidatori, lettori, appelli, collette e patacche

Siamo tuti abituati alle crisi economica dei giornali cartacei. E il manifesto è certamente il recordman assoluto di richieste ai lettori perché si adoperino per salvare – ciclicamente – il quotidiano.

Abbiamo perso molto dell’interesse per questa vicenda dopo averla seguita, nel 2012, parecchio da vicino. E dopo aver visto che una parte della redazione – quella decisamente più disposta a “compatibilizzarsi” – lavorava per “rottamare” Rossanda, Parlato, e altre firme storiche del giornale, pur di assicurarsi un futuro a prescindere.

Ora una nuova campagna-colletta, per chiedere ai lettori di trovare i soldi perché la redazione attuale possa ricomprarsi la testata, finita in liquidazione. Scopo nobile, se fosse chiaro di chi, poi, sarà la proprietà. Se di un inedito – per l’Italia, non per il vecchio continente – “padrone collettivo” formato paritariamente da lettori e redattori (che darebbe ai primi diritto di parola sulla linea editoriale – diciamo così, “discutibile”), oppure un regalo senza corrispettivo ai redattori, logicamente più attaccati al “posto di lavoro” che non alla “funzione politica” in una fase tutta nuova e paurosamente difficile per chi vuol fare opposizione.

L’intervento che pubblichiamo, di Mauro Chiodarelli, uno dei protagonisti storici delle “raccolte fondi per il manifesto“, certamente non ostile al marchio, tanto da aver creato insieme ad altri un grosso “circolo de il manifesto” a Bologna, ci sembra chiarisce molte delle ambiguità della campagna attuale. La redazione guidata da Norma Rangeri non ne esce punto bene…

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Mi emoziona sempre vedere altruisti eroi lanciarsi in imprese temerarie contro corrente: sottrarre la testata “il manifesto” dai barbari liquidatori. Perché non c’eravate nel novembre 2012 quando un’assemblea pressoché unanime aveva votato per una proprietà collettiva della testata? Come? C’erano e sono quelli che hanno votato contro? No, ci deve essere un errore: quelli che hanno votato contro erano per un compratore privato (amico) piuttosto che per una comproprietà tra redattori, collaboratori, poligrafici, lettori e sostenitori; mi ricordo un certo Lania che affermava: “preferisco sceglierlo da solo l’albero a cui impiccarmi, dei vostri soldi non so che farmene”. Ah… Lania è un giornalista dell’attuale cooperativa. Ma fatemi il piacere. Poi magari mi dite che la Signora Norma Rangeri (sì, l’anguilla) che ha sancito irrevocabilmente che “il giornale è dei giornalisti e se ai lettori piace lo comprano, diversamente no”, è Direttore Responsabile. Ah… è Direttore Responsabile.

Qualcosa non mi torna: chi sta complottando alle loro spalle per vendere azioni della testata ai lettori? Non sono azioni ma DONAZIONI (dare spontaneamente e senza ricompensa, Garzanti). Fatemi capire:

LORO vogliono comprare la casa che hanno in affitto (così risparmiano il canone) per tutti NOI ma intestata a LORO;

NOI dobbiamo mettere il capitale visto che il LORO è assolutamente insufficiente;

NOI, quando LORO se la saranno comprata, possiamo tutt’al più andare a trovarli, poco, meglio mai, e possibilmente quando è ora di fare le pulizie, per bearci di come sia bene arredata.

Mi dite che lo fanno per NOI (che non ne capiamo di finanza, di giornali, di politica, di società, eccetera) perché non ci vogliono appesantire di un fardello insopportabile. Sarà ma per me è una patacca.

P.S. Che la proprietà della testata passi in mani diverse dalla nuova cooperativa “il manifesto” la vedo come una cosa remota, diversamente sarebbe già accaduto. La coop è comunque affittuaria della testata, condizione che l’eventuale compratore non può modificare per diversi anni; ugualmente non potrà incidere se non marginalmente sulla linea editoriale. Questo è uno dei motivi per cui la testata è ancora li.

da http://www.ilmanifestobologna.it/

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1 Commento


  • vincenzo

    Vedi a destra montagne di magagne, vedi a centro montagne di magagne, vedi a sinistra montagne di magagne. Conviene guardare indietro o non guardare affatto?

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