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Il dramma dei profughi curdi in Turchia. Un’intervista

Abbiamo incontrato Faruk, uno dei dirigenti dell’Associazione Rojava che, insieme alle municipalità della regione, ai partiti e alle organizzazioni Kurde, si occupano dell’accoglienza dei profughi siriani nel Kurdistan Turco. 

Gli abbiamo chiesto qual è la situazione attuale dei profughi e come sono organizzati per la gestione dei campi e dei tanti alloggi dislocati nei villaggi del territorio. 

I campi nella sola zona di Suruc sono cinque: Kobane, Rojava, Kadir, Ali Kour e un ultimo che chiamano “la fabbrica”, ricavato da una fabbrica dismessa, più un sesto in allestimento cui mancano, per essere operativo, gli allacci elettrici e il rifornimento idrico. In tutto ospitano mediamente tra le tredici e le quindicimila persone alle quali vanno aggiunte quelle ospitate nelle abitazioni dei tanti villaggi dei dintorni. Si stimano, solo nella zona di Suruc intorno alle cinquanta/sessantamila persone con un numero che varia continuamente. 

La prima cosa che emerge, ancora una volta, è la totale assenza dello stato centrale e delle organizzazioni internazionali preposte alla tutela dei rifugiati, refrain che tutti coloro con cui abbiamo parlato ci hanno riportato con uguale intensità di sentimenti misti di rabbia e di orgoglio per la loro capacità di provvedere autonomamente a tutto. Tutto l’allestimento dei campi, dalle tende ai beni di prima necessità, dall’assistenza sanitaria all’alimentazione, sono il frutto del coordinamento tra i soggetti della rete Kurda del territorio e delle donazioni che arrivano da tutto il Kurdistan e dalle tante comunità Kurde dislocate un po’ in tutti i paesi europei e non.

Abbiamo potuto constatare di persona l’afflusso continuo di generi alimentari e di vestiario per adulti e bambini che vengono raccolti, confezionati per generi e per nuclei familiari e poi distribuiti tra tutti i profughi dei campi e dei villaggi anche con l’aiuto continuativo dei compagni e delle compagne delle varie staffette che si avvicendano qui a Suruc. 

L’organizzazione generale dei campi riproduce, sebbene in tutt’altra condizione, l’organizzazione della carta del Rojava, adattata al contesto ed alla peculiarità della situazione. Ogni campo è gestito dai Consigli, uno per ambito, composto da un/una rappresentata per ogni strada (la strada è quella ai cui due lati sono dislocate le tende, da 20 a 50 per strada). Ci sono dunque consigli della salute, della sicurezza (il servizio d’ordine del campo), consigli per gli approvvigionamenti, consigli scolastici ed altri eventuali in base alle necessità. I responsabili di strada ed i rappresentanti dei vari consigli di solito si stabiliscono in base alla disponibilità dei singoli e/o alle competenze e, laddove sorgono delle difficoltà si procede per elezione. Tutti possono essere rimossi o sostituiti, tutti possono lasciare il loro incarico quando vogliono, tutti rendono conto alla comunità ed ai livelli superiori di coordinamento. Anche i coordinatori dei campi, che si incontrano sistematicamente con i municipi, le associazioni e i partiti attivi in zona, non accumulano potere ma ruotano periodicamente. 

Davvero interessante poi è l’organizzazione sanitaria, quella alla quale abbiamo dedicato maggior attenzione. A Suruc ci sono all’incirca una decina tra medici, infermieri, psicologi, assistenti sociali, sociologi che ruotano più o meno ogni settimana come le ns staffette organizzati nella Commissione Salute all’interno del Congresso della Società Democratica che include Commissioni giustizia, economia, istruzione e cultura, ecc. E’ una organizzazione plurietnica nata circa dieci anni fa su input dello stesso presidente Ocalan al cui interno ci sono Kurdi, Armeni, Arabi, Turchi, Siriani, Iracheni, nell’ottica di quel confederalismo democratico inclusivo di tutte le minoranze dell’area mediorentale. La Commissione salute di Suruc si incontra ogni mattina per pianificare gli interventi del giorno, distribuendosi i compiti nei vari campi e la distribuzione dei farmaci ai responsabili di strada di ogni campo ed a quelli dei villaggi dei dintorni. Tutte le sere poi si rivedono in una casa comune del paese, condividono prima momenti di sana e salutare socialità e poi redigono il report della giornata con tutte le evidenze riscontrate da ciascuno di loro. Ogni problema viene affrontato e discusso collettivamente con un approccio di chiara ispirazione socialista e comunitaria ove la malattia è letta in sempre in termini prima contestuali e multifattoriali e poi, da ultimo, come sintomatologia individuale. In altre parole, a fronte di un problema delle vie respiratorie portato da un qualunque abitante del campo, si prendono prima di tutto in considerazione le condizioni ambientali (l’umidità nelle tende, la povertà dell’alimentazione, la qualità dell’acqua, la continuità dell’erogazione elettrica) e si ricercano le soluzioni per migliorare le condizioni generali del contesto. Il problema specifico è demandato alla responsabile di strada, di solito una donna,  del dato campo alla quale si porteranno soluzioni di carattere generale atte a rimuovere, quando possibile, le cause che hanno determinato quel problema specifico. 

Al termine dell’incontro, estremamente interessante e segnato dalla commozione per la notizia dell’ultima caduta di Kobane, la compagna dell’MLKP, Faruk ha tenuto a sottolineare l’importanza delle mobilitazioni dello scorso mese, represse nel sangue dall’apparato militare turco che ha causato cinquanta morti tra i manifestanti, quando la rabbia esplosa nelle piazze ha respinto i tentativi di imposizione del coprifuoco in diverse città del Kurdistan ed è riuscita a liberare diversi centri urbani dalla presenza della polizia e dei militari. Tra i risultati di tale manifestazione di forza e di determinazione c’è il riconoscimento di fatto delle YPG/YPJ  affrancate dalla definizione di formazioni terroristiche, l’accesso a Kobane dei primi contingenti di Peshmerga con i relativi rifornimenti di armi e la ripresa del processo di pace che scontava fono a quel momento una fase di stallo che sembrava senza via d’uscita. La lotta del popolo Kurdo, ha ribadito Faruk, è ormai forte di una grande organizzazione e di una elaborazione teorica che ritengono sia una buona sintesi delle esperienze dei movimenti rivoluzionari dei vari paesi impegnati nella lotta al capitalismo globale. Loro lottano per sé stessi e per tutti i movimenti anticapitalisti e auspicano, nel lungo periodo, una espansione dei processi rivoluzionari internazionali ai quali ritengono di dare, in questa fase, un contributo importante. Ci salutiamo con grande affetto e rispetto reciproco consapevoli di aver avuto una grande occasione di formazione “sul campo” per la quale esprimiamo la nostra sincera gratitudine ai compagni che ci hanno accolto, guidato e sostenuto con passione e generosità davvero fuori dal comune. 

Biji berxwedana Kobanè
Biji berxwedana YPJ
Biji berxwedana YPG

Staffetta Sanitaria per Kobane 

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