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La posta in gioco con la legge elettorale è la democrazia stessa

Mi permetto di ritornare brevemente sul tema della nuova legge elettorale denominata Italikum scusandomi per la ripetitività: è necessario però chiarire, in maniera definitiva, quali sono i punti di effettivo pericolo per la democrazia che questo progetto di legge comporta.

Pericoli che si situano ben oltre il tipo di scontro su cui sta misurandosi la cosiddetta “minoranza” PD che conduce una battaglia di retroguardia allo scopo di conservare, per i suoi esponenti, una qualche possibilità di rientro in parlamento. E non oltre.

Dunque andando per ordine e facendo rilevare come questi elementi che sto per elencare siano stati palesemente scoperti nel corso della sua audizione parlamentare dallo stesso prof. Roberto D’Alimonte, ritenuto il “padre” sul piano teorico di questo testo, già presidente della Società Italiana di Studi Elettorali.

1)      Non è vero che si punta a preservare il “bipolarismo”. Su questo il prof. D’Alimonte è stato chiaro. L’assegnazione del premio di maggioranza dopo il ballottaggio alla lista e non alla coalizione porterà progressivamente e inevitabilmente al bipartitismo. Almeno in apparenza. Perché esaminando realisticamente la situazione nell’attualità del sistema politico italiano si avrà un ballottaggio tra il PD e il M5S rappresentante della cosiddetta “protesta dell’antipolitica”, in un quadro complessivo di partecipazione al voto che solo ottimisticamente si può prevedere al 60%. Da quel ballottaggio uscirà davvero un Partito della Nazione, posto in grado di proporre ulteriori modificazioni degli equilibri democratici;

2)      Nella stessa audizione del prof. D’Alimonte si è ammesso che si tratta, in pratica, di un’elezione diretta del Presidente del Consiglio che assumerebbe così le vesti di un premierato e/o di un cancellierato senza i contrappesi che i sistemi di questo tipo hanno in altri Paesi e in presenza di una sola Camera abilitata a concedere la fiducia ed eletta attraverso il meccanismo della concessione di un abnorme premio di maggioranza. Inoltre, e ancora più grave, l’elezione diretta del Presidente del Consiglio non solo farebbe uscire praticamente il nostro sistema istituzionale dal quadro di Repubblica Parlamentare previsto dalla Costituzione ma contrasterebbe (creando un vero e proprio punto di “frattura” istituzionale) con l’elezione del Presidente della Repubblica prevista, com’è noto, a livello parlamentare e di delegati regionali. Un fatto gravissimo di alterazione nell’equilibrio delle fonti stesse dei diversi poteri politico – istituzionali;

3)      Tutto questo si verificherebbe in ragione dell’assegnazione di un abnorme premio di maggioranza: un’anomalia già condannata dalla Corte Costituzionale nell’occasione della bocciatura delle parti fondamentali della precedente legge elettorale del 2005. Un premio di maggioranza che, alla fine utilizzando adesso dati di previsione del tutto attendibili, attribuirebbe al partito di maggioranza relativa un premio superiore al 50% dei voti da esso conseguito. Mi è già capitato di fare l’esempio e lo ripeto in questa sede: il PD ha disposto, nell’occasione delle elezioni europee del 2014, di circa 11 milioni di voti. Per ottenere la maggioranza assoluta dei seggi, in un caso assolutamente plausibile di circa 32 milioni di voti validi, il “regalo” sarebbe di circa 6 milioni di voti. Quindi un regalo di più del 50% dei voti conseguiti. Anche a cifre più ridotte comunque la sostanza dell’abnormità del premio, considerati anche gli effetti sistemici che esso comporta non cambia: reductio del quadro politico – parlamentare in una misura del tutto insufficiente rispetto a una minima espressione delle sensibilità democratiche del Paese. Sotto quest’aspetto non inganni la soglia al 3% indice di tentativo di polverizzazione e di progressiva cancellazione; addirittura elezione diretta del Presidente del Consiglio.

Sono questi i punti sui quali sviluppare una vera battaglia per la democrazia perché nel caso contrario si verificherà il consolidamento di un vero e proprio Regime, senza bisogno di trasformare l’aula sorda e grigia in un bivacco di manipoli.

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