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Dove sono gli stranieri? Storie di frontiere

Questa è la domanda che si fa alle frontiere del Niger. Dove sono gli stranieri? Allo scopo di identificarli, metterli da parte e rubare soldi nel minor tempo possibile. I documenti ufficiali dello spazio CEDEAO, gli stati dell’Africa Occidentale, implicano la libertà di circolazione. Peraltro la libertà per merci e persone è solo un accidente di percorso. Oppure un tema utile per dibattiti nelle conferenze ben retribuite sulle frontiere internazionali.Tanto lo sanno tutti e in particolare i più deboli: migranti internazionali e donne in generale. Ogni frontiera è una trappola, un rischio, un ambito di segregazione, una violenza che non si nomina. Altrove sono i muri, i reticolati o il Mare Nostro. Qui la violenza ha un volto molto umano. Un ufficio con insulti compresi, perquisizioni poco legali e, quando capita, stupri. A ognuno le frontiere che merita. Imporre di mettersi da una parte è un modo per applicare il famoso ’apartheid’. Applicato nel passato con coerenza in Sudafrica e reso attuale in Israele e altrove. All’epoca l’indignazione cresceva col passare del tempo. L’altra, quella domestica, non è meno offensiva. E che nel Paese di Mandela si attacchino gli stranieri è un sintomo che ferisce la dignità umana. Soprattutto di coloro che ne sono gli autori.
I due migranti originari della Guinea erano partiti da Algeri il lunedì 7 aprile 2015. Hanno raggiunto Niamey la domenica seguente. Non avevano avuto nessun proproblema fino a In-Guessam ancora in Algeria. Lì hanno saputo che la frontiera nigerina di Assamaka era stata chiusa. Dopo un giorno di attesa si sono rassegnati a pagare un fuori strada che, passando nel deserto, permettesse loro di raggiungere Arlit, la città dell’uranio. Nel deserto il convoglio è stato fermato da poliziotti nigerini. La domanda era la stessa: dove sono gli stranieri? Ognuno è stato separato secondo il paese di origine. Per i nigeriani e i camerunesi il pedaggio era di 23 euro. Per gli originari dello spazio CEDEAO 15. Per i nigerini, di ritorno alla patria terra, appena un euro e mezzo.
Amadou e Diallo avevano conosciuto la violenza del soggiorno in Algeria. Il lavoro come manovali nel cantiere edile con alla fine un salario dimezzato e l’arresto per mancanza di documenti. Avevano cercato di raggiugere l’agognata Spagna con l’attacco alla griglia armata di Melilla nel Marocco. Prima avevano vissuto per alcuni mesi nella tragica foresta di Nador dove ogni mattina i militari rapinavano loro cibo e bagagli. Dovevano nasconderli sugli alberi per ritrovarli intatti. I due avevano dunque scelto di tornare al paese di origine. Arrivati ad Arlit, dopo la traversata del deserto, hanno sborsato, sotto minaccia di espulsione, altri 15 euro all’entrata e 7 all’uscita. L’estrazione dell’uranio non va bene, il settore è in crisi. Per contro le attività estrattive frontaliere funzionano a pieno ritmo. E non è finita perché prima di arrivare ad Agadez hanno pagato altri 7 euro alla polizia. I nostri tornano al paese senza nulla. Viaggiano grazie ad un’associazione di Algeri che finanzia la polizia di frontiera. 
All’inizio della Bibbia si racconta che Dio si rivolge a Caino, colui che secondo il racconto ha ucciso il fratello. “Dov’è tuo fratello?” gli domanda Dio. La risposta di Caino è sempre attuale. “Sono forse io il custode di mio fratello?” Chiedere agli sconosciuti dove sono gli stranieri per metterli da parte e derubarli significa dare la stessa risposta di Caino. Fare memoria vuol dire riconoscere che tutti, un giorno o l’altro, siamo stranieri da qualche parte nel mondo.  

* Mauro Armanino, Niamey (Niger), aprile 2015 

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