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Mediterraneo. La strage di migranti ha un colpevole

L’ennesima strage di migranti a largo delle nostre coste, ovviamente, deve indurre ad ulteriori riflessioni e deve essere inscritta nella strutturale tendenza alla guerra e alla competizione inter-imperialista e inter-capitalista che segna questa fase storica.

Il barcone pieno di migranti era partito dalla Libia, paese notoriamente balcanizzato e tribalizzato dall’intervento delle potenze imperialiste europee e nordamericana contro il regime di Muhammar Gheddafi, la cui frettolosa esecuzione nell’ottobre del 2011 costituisce un’immagine fedele di quello che si avviava a diventare l’intero paese. Occorre ad esempio sottolineare che, pure fra le mille contraddizioni, i cedimenti, una certa subalternità (la quale si è rivelata fatale) in politica estera all’imperialismo e la natura spiccatamente familistica e autoritaria del regime di Gheddafi, esso garantiva gli standard di vita medi migliori di tutta l’Africa ai Libici in termini di salari, sanità, istruzione e servizi sociali; dalla sua distruzione ogni entità statuale è saltata nel paese, tanto da farlo diventare la base principale del traffico internazionale criminale di esseri umani per quel che riguarda il Nord-Africa e il Medio-Oriente e da farlo entrare nelle mire dell’imperialismo europeo per un nuovo disastroso intervento militare a difesa dei propri interessi (con il Governo Renzi in prima fila), di cui le continue stragi di migranti in mare potrebbero diventare un ulteriore pretesto strumentale.
Stesso destino viene condiviso dalla Siria, la quale, dopo più di 5 anni di invasione su procura delle forze dell’imperialismo e dei suoi ex alleati storici nella regione (ormai competitori) – ossia la Turchia, l’Arabia Saudita, il Qatar – ha visto più dell’80% della propria popolazione ridotta alla povertà più assoluta, con milioni di profughi che, ovviamente, sono costretti a lasciare le loro terre andando ad alimentare il traffico internazionale di esseri umani. Lo stesso ragionamento vale per la Somalia ed altri paesi del Corno d’Africa e del resto del continente, anche questi balcanizzati dall’intervento delle potenze occidentali prima e poi da quello dei network jihadisti teleguidati dalle petromonarchie.
Pertanto, a causa delle politiche di destabilizzazione, guerra e tribalizzazione del Medio-oriente e dell’Africa perseguite dagli imperialismi, ogni anno milioni di persone sono ridotte alla fame, sfollate, costrette a vivere sotto le bombe o, in alternativa, ad imbarcarsi su mezzi inadeguati, pagando oro trafficanti senza pietà, per raggiungere le nostre coste. Coloro che riescono ad attraversare il mare, devono, poi subire un corto circuito infernale fatto di leggi restrittive in tema di concessione del permesso di soggiorno, emarginazione, sfruttamento e, spesso, anche di concorrenza al ribasso con i lavoratori italiani.
Una volta giunti sul nostro territorio, infatti, i migranti “in eccesso”, cioè quelli che non possono essere messi a valore nel processo di produzione e sono destinati a rimanere fuori mercato vengono rinchiusi nei Centri di identificazione ed Espulsione, vere e proprie carceri, in attesa di essere espulsi nuovamente; gli altri, invece, in parte vanno a svolgere, in maniera legale o illegale, spesso in condizioni semi-schiavistiche, le mansioni lavorative che gli italiani in età da lavoro non vogliono svolgere (badanti, raccoglitori di pomodori), in parte svolgono la classica funzione definita da Marx nel Capitale come “esercito industriale di riserva”, ossia un bacino ampio di disoccupazione  da utilizzare come mezzo per deteriorare le condizioni di lavoro ed i salari dei lavoratori occupati; c’è da dire che, sempre per via delle politiche di austerità imposte dalla Troika, la prima categoria è sempre più ristretta, tant’è che ormai le condizioni di lavoro degli immigrati, dall’eccezione che rappresentavano nell’ambito mercato del lavoro, tendenzialmente diventano il modello al quale si equipara il mercato stesso.
Per quanto riguarda la seconda categoria, ovvero coloro i quali vanno ad ingrossare le fila della disoccupazione, essi, come detto vanno ad esercitare una pressione sulle retribuzioni e sulle condizioni di lavoro anche degli Italiani, innescando una guerra fra poveri che spesso deflagra in episodi di razzismo e di aperta  contrapposizione, anche perché, come noto, i segmenti di emarginazione e disoccupazione sono bacino di reclutamento anche per le organizzazioni criminali e le loro attività;  tali episodi, ovviamente, spesso hanno luogo nelle periferie delle nostre città (si vedano gli episodi di Tor Sapienza, a Roma), le quali, appunto, costituiscono vere e proprie discariche sociali in cui si condensa ogni sorta di sotto-occupazione, marginalità e frammentazione sociale. In tal senso, le leggi restrittive sulla concessione dei permessi di soggiorno sono proprio funzionali a tenere viva questa concorrenza al ribasso fra lavoratori italiani e stranieri ed alimentare questa guerra fra poveri, poiché quanto più precaria è la condizione di una parte dell’esercito di manodopera di riserva, tanto maggiore sarà la pressione esercitata sulle condizioni di lavoro degli occupati; il tutto, ovviamente, a vantaggio della borghesia, specialmente quei settori più retrivi e reazionari che sono incapaci di darsi qualsiasi prospettiva, se non navigare a vista basandosi sullo sfruttamento estremo della forza-lavoro, attraverso canali illegali o facendo  “il lavoro sporco” per conto delle grandi multinazionali (ovvero diminuire il costo del lavoro), aggiudicandosi subappalti o operando su loro su loro commissione. In tal senso, è inutile dire che un altro canale di sostegno di tali settori della borghesia è costituito dalle forze politiche che, facendo leva sul giusto malcontento popolare suscitato dalle imposizioni dell’Unione Europea imperialista, propugnano in maniera sloganistica il razzismo e il rafforzamento delle politiche repressive nei confronti dei migranti; in Europa si registra il preoccupante fenomeno dell’ascesa alla funzione di “opposizione di sua maestà” da parte di queste forze, nel senso che esse vengono accreditate, attraverso la sovra-esposizione mediatica, come unica opposizione possibile ai partiti che sostengono attivamente le politiche della Troika: si vedano i casi della Lega Nord da noi e del Front National in Francia.
Tutte queste osservazioni sono necessarie ad affermare che, accanto alle giuste rivendicazioni di segno “umanitario” rivolte ai migranti, ossia la chiusura dei CIE, la fine delle leggi restrittive sulla concessione del permesso di soggiorno o dello status di rifugiato, la fine, in tale quadro repressivo, delle attività di pattugliamento militare delle coste (le quali, spesso, in verità si trasformano in pretesti per dispiegare uomini e mezzi militari vicino alle “zone calde”), bisogna affiancare una lotta generalizzata contro gli interventi imperialisti e la costante opera di destabilizzazione in giro per il mondo e a favore dell’autodeterminazione dei popoli, senza l’assillo degli artigli dell’imperialismo e delle multinazionali sui loro territori e sulle loro risorse. Una rapina che avviene con il supporto di agenzie tecnocratiche come il Fondo Monetario internazionale e la Banca Mondiale, le quali, laddove non arriva la guerra guerreggiata, impongono politiche macro-economiche che hanno gli stessi effetti, spesso veicolate da ong e associazioni ‘caritatevoli’ che in realtà preparano il terreno alle imprese e ai governi stranieri e non certo a vantaggio delle popolazioni locali. Solo così, infatti, è possibile spezzare il corto-circuito infernale che si auto-alimenta formato da guerre, distruzione di interi paesi, creazione di grandi bacini di migranti disperati, militarizzazione delle frontiere, legislazione repressiva, disoccupazione crescente e “guerra fra poveri” nel nostro paese.
Insomma, il criminale che ha ucciso i 700 migranti – che dalle ultime notizie sembrano addirittura 900 – nel Canale di Sicilia ieri e quasi 400 pochi giorni prima, quello che devasta interi paesi dell’Africa e del Medio-Oriente, quello che alimenta il terrorismo fondamentalista islamico, che cresce in tali paesi balcanizzati e che a volte ci porta la guerra in casa, come nel caso degli attentati islamisti a Parigi e a Copenaghen, è lo stesso, ovvero l’imperialismo.
Atteggiamenti che, anche in buona fede (ma spesso in cattiva fede), non uniscano in un quadro unitario tutte queste questioni, spesso cadono in palese contraddizione; non è un caso che molte delle componenti politiche, sociali e associazionistiche che si autodefiniscono di sinistra, le quali ora si indignano per quanto accaduto nel canale di Sicilia e fanno appello a “riflettere” sui dispositivi repressivi nei confronti dei migranti, si sono allineate alla retorica ipocrita “Je suis Charlie Hebdo” dopo l’attentato di Parigi, ben rappresentata dall’orrenda sfilata dei capi di stato europei in testa al corteo tenuto il giorno dopo, e si sono allineate alla retorica della “guerra umanitaria” contro la Libia nel 2011, causa principale dell’attuale recrudescenza di tragedie di migranti in mare.
Parallelamente a ciò, ovviamente, bisogna proseguire con l’opera di ricomposizione del blocco sociale di lavoratori, disoccupati, sotto-occupati e sfruttati vari nel nostro paese contro ogni guerra fra poveri, attraverso l’organizzazione del movimento di lotta per la casa, il sindacalismo metropolitano e quello tradizionale nei quali, fra l’altro, spesso il segmento dei migranti è quello più combattivo.
Ci sembra opportuno concludere pubblicando le dichiarazioni di Abubakar Sumahoro dell’Esecutivo nazionale dell’Unione Sindacale di Base e portavoce della Coalizione Internazionale dei sans-papier, migranti, rifugiati e richiedenti asilo, la quale sintetizza alla perfezione il nostro pensiero: “La notizia della morte di 700 migranti in seguito al capovolgimento della barca, a circa 60 miglia delle coste libiche e a circa 120 miglia dall’Isola di Lampedusa (come riportano fonti di informazione maltesi) sulla quale viaggiavano è un vero crimine” denuncia Soumahoro. “Le misure di impoverimento di massa determinate dalle politiche del Fondo Monetario Internazionale (FMI), della Banca Mondiale (BM) insieme ai conflitti geo-politici dall’Africa al Medi oriente ci danno conferma di una guerra totale in corso. Una guerra che costringe le persone a fuggire per la salvaguardia della propria vita e della vita dei propri familiari” accusa il responsabile del sindacato di base secondo il quale “Le dichiarazioni di circostanza, prive di senso e di umanità, sono un vero atto di ipocrisia. Perché l’Unione Europea da una parte è riuscita, in tempi immediati ad imporre le politiche di austerity alle popolazioni con risultati devastanti in termini di disoccupazioni in Europa e dall’altra, lascia morire nel Mediterraneo le persone. Senza parlare dei sopravvissuti ai quali riserva la gabbia del Regolamento Dublino III”.

Giovanni Di Fronzo – Rete dei Comunisti

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