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“Vogliono ridurci all’obbedienza servile”. Lettera della docente impudente

Giudizi sulle persone di cui non si conosce la storia e la vita non dovrebbero mai essere espressi. Dopo tre minuti, in una trasmissione, qualcuno che non capisce niente di scuola, graduatorie, assunzioni e precariato, ha ritenuto di potersi permettere di classificarmi come una lavativa che non vuole fare un tubo o una sporca comunista che vuole solo destabilizzare il sistema a spese di chi del lavoro non può fare a meno. Bene.
Adesso che, però, vi siete tolti la soddisfazione crassa e vile di dirmi il liberatorio, classico e qualunquistico: “va’ a lavorare!”, senza sapere niente di me, della mia estrazione sociale, della mia vita professionale, dei miei studi, dei viaggi in Vesuviana dormendo su un piede solo alle 6 del mattino, dei miei splendidi alunni/e, tutti splendidi, da quelli torcibudella a quelli più entusiasti del mio metodo, delle mie nottate, del lavoro non-stop a casa, tra correzioni, studio, preparazione test, ricerche e aiutini per tesine d’esame, del mobbing etc. etc., ragioniamo a mente lucida sui FATTI e sugli ATTI di questo governo. Ci state?
Bene. Allora: io ho dei precari che lavorano da 15 anni a Sassari e sono in una graduatoria di merito per titoli e servizio. Ho dei posti da attribuire, a tempo indeterminato, a Sassari. Qual è la procedura più lineare e ovvia? Secondo me è questa: trasformo tutte le cattedre ballerine che posso in posti fissi e chiamo dalle graduatorie, iniziando dal primo aspirante… giusto?
Il governo, invece, ha ragionato così: faccio fare una domanda ai precari aspiranti al posto a Sassari, prevedendo che, tra cento città, indichino Sassari in cima alla loro lista. Faccio fare poi la stessa domanda a migliaia e migliaia di persone che lavorano, da precarie, in tutte le altre regioni del paese, col rischio che decine di persone con più punti dei primi aspiranti di Sassari chiedano di andare a Sassari, e poi assicuro ai candidati sassaresi che, nell’attribuzione dei posti, cercherò di venire loro incontro sistemando i sassaresi a Sassari: dov’è la convenienza? Qual è la ratio?
La ratio, secondo me – e non è “ideologia”, ma tentativo valido di spiegazione di questa follia – è quella che porta all’obiettivo politico di “rieducare il lavoratore”, impartendogli, in modo “pratico”, la seguente lezione: “Tu non hai diritto al posto di lavoro in ragione di regole, principi e procedure in cui pure hai creduto fino alla tua (mezza) età. Il tuo destino dipende da me, dal padrone dello Stato, servo dei padroni del denaro. La tua sopravvivenza e la tua dignità non derivano da precetti filosofici, religiosi, civici, etici e morali, ma dall’obbedienza che presterai a me e all’ideale padronale che io devo e voglio radicare”.
Se quelli che mi dicono: “Va’ a lavorare!”, poi, hanno un’altra spiegazione… sarò felice di accoglierla e discuterla.

* insegnante

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1 Commento


  • giorgino

    secondo questi servi del capitale gli operai con il modello marchionne, i giovani con il modello expo lavoragratis, gli insegnanti con la buona scuola, e via via gli altri con riforme simili, ebbene tutti dovremmo essere in concorrenza nel rincorrere le più indecorose offerte di lavoro ringraziando i nostri sfruttatori. Se uno non vuole sacrificare la propria singolarità alle esigenze del capitalismo allora è un gufo, uno scansafatiche, la prova vivente che i salariati godono di privilegi e pigrizie che berlusconi e soros se le sognano. Ma vogliamo capirlo o no che la nostra bussola deve essere quella di rivendicare le più assolute incompatibilità rispetto alle esigenze del capitale ?

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