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La folle miopia dell’Unione Europea

Da qualche tempo avevamo deciso di non commentare le quasi quotidiane tragedie che avvengono nel Mediterraneo evitando di accodarci alla compassione penosa della stampa mainstream e alle dichiarazioni al vento del politico di turno, sia esso dichiaratamente xenofobo o fintamente buonista, ma quello che esce fuori in questi ultimi giorni, all’insegna della massima ipocrisia cui fanno da contraltare gli imbelli appelli del Presidente della Commissione Europea, merita l’apertura di un’ampia discussione che deve essere portata e a fondo tra le lavoratrici e i lavoratori, perché le cause che stanno producendo questa enorme migrazione di massa hanno a che fare anche con noi.

Politici e mass media, italiani ed europei , stanno scoprendo solo ora che ci troviamo di fronte al più grande processo migratorio dalla fine della seconda guerra mondiale ma fanno ancora finta di non averne individuato le cause, come se non fosse evidente a tutti che esse sono prodotte sia dalle politiche di rapina e di spoliazione che il mondo capitalista ha condotto contro i paesi del cosidetto terzo mondo sia dalle guerre che i paesi occidentali, e non solo, hanno provocato negli stessi.

Ad essi infatti si sono aggiunte quelle nuove potenze regionali, Turchia, Arabia Saudita, Qatar, che per loro interessi di egemonia, hanno ancora di più destabilizzato il Medio Oriente nel tentativo di abbattere il governo siriano e di spartirsi la Siria, insieme ad altri obiettivi che non sempre vengono messi in evidenza, come gli attacchi ai curdi da parte della Turchia che vuole impadronirsi del Kurdistan iracheno, ricco di petrolio, o la guerra nello Yemen condotta dall’Arabia Saudita.

Del resto come opporsi a queste mire, quando da 25 anni a questa parte gli USA insieme a Francia, Gran Bretagna, Spagna, Italia e Germania hanno incendiato l’Iraq, la Yugoslavia, la Serbia, l’Afghanistan, la Libia, la Somalia, l’Ukraina e per ultima la Siria, senza contare tutte le altre guerre che hanno colpito l’Africa, spesso fatte passare per conflitti tribali o etnici o religiosi?

Lo schema è palese: si sponsorizzano gruppi di opposizione, li si riempe di soldi e strumenti militari e tecnologici, si incoraggia l’afflusso di combattenti stranieri mascherati da portatori di democrazia, salvo scoprire poi che gli oppositori nel migliore dei casi non sono in grado di assicurare il governo del paese, Libia docet, e nel peggiore lamentarsi dell’affermarsi dell’ISIS, da loro stessi ampiamente foraggiato di armi e finanziamenti.

Come meravigliarsi poi se queste gloriose imprese provocano centinaia di migliaia di profughi? E che dire dell’ipocrita distinzione che si vuole fare tra immigrati economici e profughi di guerra? Ora si plaude alla decisione tedesca di sospendere il trattato di Dublino, che impone agli immigrati di rimanere nel paese di primo approdo, per i profughi siriani, quando tutte le organizzazioni, indipendenti dai governi e dai loro finanziamenti, che si occupano dei fenomeni migratori, da anni denunciano l’irragionevolezza di questa normativa.

La miopia dell’Europa Unita, che in questi anni ha badato unicamente ad impoverire i popoli del sud con la sua austerità, Grecia Portogallo Italia Cipro, ha impedito che sul problema immigrazione si adottasse una politica capace di impedire il crearsi di continue emergenze in un’area che è la seconda più ricca del pianeta e, non secondo per importanza sociale, il sorgere e ampliarsi di fenomeno razzisti che pescano nel profondo malessere che le stesse politiche dell’UE provocano nei settori più deboli delle nostre società.

Non saranno i nuovi muri o il filo spinato alle frontiere che fermeranno le masse di disperati che si accalcano ai nostri confini cosa che quest’Europa è ben lungi dal voler comprendere, stretta nei dogmi pseudo economici del pareggio dei bilanci. Anche rispetto a questo dramma sociale ed umano, come sul versante economico e politico, questa Unione Europea non trova soluzioni ma opera in modo da acuire i problemi esistenti: una Unione Europea che non è più riformabile!

Non servono ipocrisia e retorica: ciò che serve è invece ripartire dai bisogni, dalle contraddizioni sociali, dalle esigenze e dalla vita reale della gente in carne ed ossa che vive in Europa, ma anche di quella che ci arriva spinta dalla guerra e dalla fame.

Serve ripartire dalla smilitarizzazione e dall’apertura delle frontiere.

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