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La Buona Scuola, ovvero il carrarmato della propaganda e del ricatto

[SPOILER: Contributo di due paginette, con numeri, dati e spiegoni. Ma questa non è l’osteria delle emozioni, per le analisi in 160 caratteri rivolgetevi a Palazzo Chigi. #ciaogufi]

Oggi (ieri, ndr) a mezzanotte scade il termine ultimo per l’accettazione delle proposte di assunzione della cosiddetta fase B, cioè distribuite su tutto il territorio nazionale.

Una fase che è stata un mezzo flop per il Governo: 16.210 posti messi a bando, solo 10.780 le domande presentate al 14 Agosto, 8.776 le proposte di assunzione effettive. Insomma, per una serie di motivi, legati anche a leggerezze e opacità procedurali sulle quali è partita anche una interrogazione parlamentare, poco più della metà dei posti messi a bando sarà finalmente occupata da un docente assunto a tempo indeterminato. Virtualmente: molti, infatti, hanno già accettato un incarico annuale nella propria provincia, l’ultimo possibile prima di prendere effettivamente il ruolo, per cui anche quest’anno molte cattedre saranno coperte da supplenti.

Quanti saranno, allora, i docenti assunti a tempo indeterminato da domani? Il conto è presto fatto: 47.476 erano i posti disponibili per le prime due fasi di assunzione, 16.210 quelli “avanzati”, quindi il totale degli assunti al 31 Agosto era 31.266. A questi vanno aggiunti gli 8.760 della fase B che hanno detto SI nel momento in cui scriviamo (al 10/09, 16 hanno rifiutato). Totale: 40026.

Il numero è considerevole, specialmente se lo si somma ai 55.258 posti messi a bando per la cosiddetta fase C: ammesso che tutti i rimanenti posti verranno coperti – cosa non facile né scontata – 95.000 assunti restano ben distanti dai 150.000 circa promessi a Settembre scorso, specialmente se opera di un Governo che ha gridato ai quattro venti di voler mettere fine alla ultraventennale piaga del precariato.

Inoltre, quando da domani il Governo e il suo tweeting staff canteranno vittoria imbrodandosi nelle lodi, ricordate che la pena, per chi rifiutava queste proposte di assunzione, era la cancellazione da ogni graduatoria.

Insomma, il governo Renzi assume, è vero, ma in numero inferiore alle promesse e, soprattutto, perché costretto da una condanna dello Stato italiano da parte della Corte di Giustizia Europea.

1. Del perchè lo Stato è stato condannato

Ormai la vicenda è nota: grazie al ricorso di due docenti napoletani è stato riconosciuto un abuso nella reiterazione di contratti a tempo determinato agli stessi docenti per le stesse mansioni. Nell’Unione Europea, infatti, non è consentito far lavorare per oltre 36 mesi la stessa persona, sullo stesso incarico riproponendo contratti a tempo determinato. Dal momento che la condanna minima finora comminata è stata il pagamento dei danni e il riconoscimento dell’anzianità maturata – ma c’è stato anche un caso, al momento sospeso, di condanna alla conversione a tempo indeterminato del rapporto di lavoro – il danno erariale per lo Stato rischiava di avere proporzioni catastrofiche, e il governo Renzi è dovuto correre ai ripari.

A questo punto è intervenuto il “come”, ed è sul come che si è giocata la grossa parte dell’iniziativa renziana.

2. Del perché il Governo ha assunto in questo modo, e del come si sarebbe potuto fare

Se io sono un docente precario significa che, ogni anno, ricevo una proposta di incarico annuale nella provincia per la quale sono inserito in graduatoria (ci sono anche quelli che lavorano quindici giorni all’anno, ma ci concentriamo sui casi “più fortunati”); se l’insiemistica non è un opinione, significa che c’è una corrispondenza tra un sottoinsieme più o meno grande dei docenti della provincia X e i posti disponibili nella provincia stessa.

Ora prendiamo il caso di uno dei circa 7000 docenti costretti a trasferirsi da Sud a Nord (sugli 8.776 che in totale hanno dato la disponibilità a spostarsi su tutto il territorio nazionale, il che vuol dire quasi il 78% di chi ha fatto la domanda).

Com’è possibile che costui abbia insegnato, negli scorsi X anni, nella provincia nella quale è inserito, e che adesso che può essere assunto non c’è più posto lì, ma neanche nella Regione di residenza, e per avere il posto fisso è costretto ad andare al nord?

Ma soprattutto: com’è possibile che per assumere a tempo indeterminato persone che già insegnano, spesso nella stessa scuola da parecchi anni, sia stata messa in piedi questa assurda lotteria, condita dall’ennesima riforma della scuola?

Semplificando molto, la risposta è nel fatto che, con i vecchi criteri, i posti ogni anno messi a disposizione per il tempo indeterminato non corrispondevano mai alla totalità dei posti effettivamente disponibili, ma solitamente a circa la metà: la restante metà veniva sistematicamente, scientemente coperta con incarichi a tempo determinato.

Al momento di fare queste assunzioni, al Ministero non hanno provveduto a cambiare le vecchie regole di determinazione del numero di posti da mettere a disposizione (il cosiddetto “contingente”), per cui, attenendosi ai vecchi calcoli, non risultavano disponibili, per le assunzioni, posti che invece erano da anni disponibili, ma “riservati”, in modo platealmente illegale, al tempo determinato.

In fondo non era difficile: occorreva aumentare il “contingente” fino a coprire il 100% delle esigenze reali della scuola; ripartirlo per province e materie; assumere il corrispondente numero di docenti; chiedere la disponibilità allo spostamento solo a chi, non arrivando ad essere assunto nella propria provincia, poteva essere interessato a trasferirsi in una provincia dove invece c’erano ancora posti liberi.

Questa sarebbe stata la scelta più sensata, più saggia, ma anche quella politicamente più inutile: nessuno ha mai fatto campagna elettorale sul semplice rispetto di una sentenza di un tribunale.

È così che ciò che doveva essere semplicemente un procedimento burocratico è diventato una straordinaria occasione di propaganda e di ricatto. Propaganda verso quella parte di società che risponde positivamente agli attacchi ideologici al pubblico impiego (“Vedete? Ora li faccio lavorare io, questi fannulloni che si lamentano con 18 ore a settimana!”) e ricatto verso chi, tra quei fannulloni, un po’ di rotture ai vari governi le ha create. Come? Scendendo in piazza, pretendendo le stabilizzazioni, intasando i tribunali coi ricorsi, boicottando le prove INVALSI ma, soprattutto, pretendendo dignità, riconoscimento professionale, diritti, in controtendenza con l’ideologia del “se ti do un lavoro mi devi solo ringraziare”. Magari per spirito di corpo, per vecchie e inattuali aspirazioni da media borghesia, ma tant’è.

3. Del perché, forse, il problema del precariato resterà in parte, affiancato da altri problemi

Con la fase 0, A e B è stato assunto un numero considerevole di docenti sulle classi di concorso per le quali erano abilitati: sono rimaste scoperte molte cattedre di matematica, per le quali si dovrà ricorrere forse anche alle graduatorie d’Istituto, e molte cattedre di sostegno, per cui ci sono scuole che di fronte a decine di alunni disabili con diritto a 30 ore di sostegno hanno sì e no 5 insegnanti in organico!

La fase C, inoltre, è un’incognita: incrociando i posti messi a bando con il totale degli iscritti in graduatoria sulla carta potrebbero essere assunti tutti e potrebbero anche avanzare delle cattedre…Siccome però ogni docente è abilitato a insegnare una specifica disciplina, le possibilità che domanda e offerta non si incontrino, come già è successo parzialmente per la fase B, sono altissime. Il ministero ha, dunque, autorizzato ad assumere non per classe di concorso ma per “area disciplinare”: un docente di francese potrebbe, dunque, essere assunto per insegnare inglese perché ha fatto due esami all’università; idem un laureato in filosofia per italiano e storia alle medie, o un laureato in lettere classiche per filosofia al liceo, per non parlare degli abilitati in economica che potrebbero insegnare matematica, o statistica…Ipotesi, certo, perché non c’è niente di più chiaro, ma ipotesi pericolosamente realistiche: il rischio di un abbassamento oggettivo della qualità dell’insegnamento, in barba a decenni di studi e di pratiche sulla didattica specifica delle diverse discipline, solo perché l’urgenza di mettere un punto in campagna elettorale ha fatto passare in secondo piano progetti più sensati!

Ma non solo: perché se c’era la possibilità di sanare, hanno preferito peggiorare la situazione? Se questo disastro chiamato “riforma” non è utile né a chi nella scuola ci lavora, né a chi la frequenta, allora, a chi giova?

Il Governo, zeppo di persone di fiducia di Confindustria, ha pensato di cogliere l’occasione per entrare “a carrarmato” nella scuola solo perché ha il difetto di chiamarsi pubblica: confermando i blocchi salariali, introducendo inutili competizioni tra docenti per miseri bonus e premi, spalancando le porte ai privati e buttando milioni di studenti, col pretesto degli stage, a fare concorrenza gratuita e sleale nel mondo del lavoro.

E’ tutto questo che, come somma presa per il culo, hanno deciso di chiamare #buonascuola.

da ClashCityWorkers

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