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“I comunisti non ripartono dall’anno zero”. Risposta al compagno Franco Astengo

Il compagno Franco Astengo di Savona, con il quale intratteniamo una interessante corrispondenza, nei giorni scorsi, ha sollecitato la nostra Organizzazione a proposito delle annose questioni che attengono al vero e proprio rompicapo teorico/politico inerente la questione dell’Organizzazione e del Partito dei comunisti.

Rispondiamo, ora, con il vivo auspicio di suscitare una discussione con il compagno Astengo e con quanti avvertono, come propri, i contenuti di questo dibattito.

Rete dei Comunisti

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Caro Franco, rispondiamo, con colpevole ritardo, alle tue sollecitazioni circa la necessità di imprimere una accelerata politica al processo di costruzione di una organizzazione comunista dopo le innumerevoli traversie che la nostra soggettività ha incrociato nel corso di questi difficili anni.

Questa nostra risposta ai tuoi interrogativi – che sentiamo anche nostri – vuole essere un primo canovaccio, di metodo e di sostanza, per riaprire una discussione su questioni e temi che riteniamo fondanti per il nostro agire collettivo.

Alla Rete dei Comunisti sono giunte richieste di confronto ed interrogativi su questo importante snodo politico anche da altri compagni che provengono dall’oggettiva diaspora che si è determinata dopo il sostanziale fallimento di tutti i tentativi della “rifondazione comunista”.

Il Prc e tutti i suoi derivati sono stati una complessa esperienza collettiva che, almeno dal 1991 ad oggi, ha coinvolto, a vario titolo, centinaia di migliaia di compagni i quali hanno aspirato, alluso e lottato per mantenere aperta nel paese una presenza politica autonoma dei comunisti.

Purtroppo, però, gli esiti finali di questo autentico sommovimento ideale e politico sono stati pesantemente negativi generando – oltre ad alcuni fenomeni marcatamente degenerativi – la dispersione e il sostanziale annichilimento di un grande patrimonio umano e politico.

Non è questa la sede per un bilancio compiuto dell’esperienza delle organizzazioni sviluppatesi in Italia, dopo la fine del PCI, ma abbiamo voluto ricordare questo dato, non riconducibile al solo aspetto numerico, per evidenziare la dimensione di massa e sociale in cui è vissuta e si è riprodotta la “questione comunista” in Italia all’indomani della Bolognina, della morte del PCI e della nascita di altre formazioni che si richiamavano, seppur con accentuazioni diverse, a quella vicenda politica.

Il nostro metodo d’azione della RdC: una esperienza anomala e controcorrente.

La Rete dei Comunisti – iniziatasi a costituire nella seconda metà degli anni novanta – ha dedicato gran parte della sua produzione teorica e politica al bilancio critico ed autocritico della storia del movimento comunista. Un esercizio non puramente storiografico ma propedeutico ed attitudinale per costruire, di nuovo, una moderna e riqualificata azione a tutto campo di una soggettività comunista organizzata all’indomani della chiusura politica e materiale di un importante ciclo di lotta e di organizzazione.

Abbiamo concepito, come dato costitutivo ed immanente della nostra compagine organizzativa, la discussione su come oggi – nel XXI° Secolo ed in una fase di accentuata competizione globale interimperialistica – può agire una Organizzazione comunista oltre una semplice, quanto riduttiva, funzione agitatoria e propagandistica di principi e formule generali.

Abbiamo studiato, discusso e ci siamo confrontati con tante compagne e compagni, nel corso di un quindicennio, con l’obiettivo di dare vita ad un intellettuale collettivo in grado di svolgere, prima di tutto, una funzione politicamente espansiva nelle dinamiche del conflitto (nei posti di lavoro, nei territori e nella società) ma abbiamo, soprattutto, ragionato su come mantenere viva ed agente una opzione politica e strategica di trasformazione rivoluzionaria dello stato di cose presente.

Un obiettivo – il quale è ancora tutto da conquistare – che ascriviamo nel solco di uno scontro generale che, necessariamente, concepiamo a scala internazionale ed internazionalistica.

Un compito antitetico ad ogni suggestione che interpreta il tema della rottura rivoluzionaria come dato astratto, come presunta ed evanescente cornice culturale ad una prassi tutta istituzionale e politicista ma anche in serrata polemica con ogni concezione della lotta per il comunismo come atto puramente deterministico o, peggio ancora, millenaristico.

Non partiamo, quindi, dall’anno zero su questo fondamentale – e discriminate – punto dell’azione dei comunisti. Rinviamo, quanti sono interessati ad una conoscenza meno impressionistica della discussione che abbiamo avanzato in questi ultimi anni, ai materiali prodotti ed alle varie pubblicazioni che come Rete dei Comunisti abbiamo editato.

Con tale indispensabile premessa approcciamo a questo nuovo riavvio di discussione tra compagni ed attivisti con alcune avvertenze, che rivolgiamo prima di tutto a noi stessi, per attualizzare e rendere proficuo un confronto non semplice ma che riteniamo utile e necessario ai fini della prospettiva a cui puntiamo e che sappiamo essere nelle corde politiche e pratiche di tantissimi compagni ben oltre la nostra Organizzazione.

I comunisti oggi: non un fattore statico ed immutabile nel tempo.

La ripartenza di questo confronto deve avvenire, secondo noi, sulla base di una consapevolezza: non solo in Italia ma sull’intero proscenio globale, salvo limitate e particolari eccezioni, i comunisti agiscono, attualmente, con modalità controcorrente e da una collocazione di estrema minoranza e marginalizzazione nella società.

La nostra discussione, la nostra azione politica si colloca in un quadro strutturale e sociale del capitale completamente modificato rispetto anche al recente passato. Un mutamento che è il  frutto, prioritariamente, del palesarsi del corso della crisi sistemica ma anche dei “rivoluzionari” processi di ristrutturazione che il capitale, nella sua dimensione matura e globale, è in grado di mettere in opera nell’ambito della costante dinamica di contrasto alla perdita dei suoi margini di accumulazione e valorizzazione a scala globale.

Attardarsi, quindi, anche inconsapevolmente, nella riproposizione scolastica e dogmatica dei vecchi schemi interpretativi, continuare a fare affidamento alla vecchia modellistica del movimento operaio, alla mera riperpetuazione filologica dei sacri testi sarebbe esiziale per l’eventuale capacità aggregativa e coinvolgente a cui, legittimamente, auspichiamo attraverso il nostro agire collettivo organizzato.

Questa nostra modalità configura, necessariamente, un piano di lavoro più complesso ed articolato il quale deve fondarsi su diversi piani: innovazioni teoriche, pratiche sperimentali ma – soprattutto – un elevato livello di discussione e di centralizzazione politica se non vuole, anche inconsapevolmente, scadere nell’empirismo e nell’eclettismo.  

Insomma – almeno come RdC – siamo consapevoli che il tema della costruzione dell’ Organizzazione dei Comunisti, del Partito è un vero  proprio compito inedito di questa fase.

Infatti tutta la discussione sul Partito/Organizzazione muove da un convincimento maturato nel corso della riflessione che abbiamo determinato e socializzato: l’organizzazione, da quella afferente i settori di classe fino a quella che attiene alla soggettività organizzata (il Partito), non è la definizione di un modello valido nei secoli ma è un corpo vivo che cresce, si rafforza o s’indebolisce rispetto al suo contesto di riferimento.

Insomma il corso politico dei comunisti è da collocarsi in un continuo rimodellarsi della forma organizzazione e dei suoi metodi di azione in riferimento alla realtà politica, economica e sociale che muta ed all’evolversi delle contraddizioni in ogni campo dei rapporti sociali.

Questo assunto, nel mentre tiene fermo l’obiettivo delle ”finalità strategiche”, squaderna un portato di ricerca e di indagine che attiene: all’analisi del capitalismo oggi e dello scontro tra imperialismi, alla nuova composizione di classe prodotta dai continui cicli di ristrutturazione, alla storia travagliata del movimento comunista scandagliata con uno sguardo di critica verso le categorie eurocentriche ed occidentaliste fino allo studio dei movimenti sociali per come si determinano, spesso in forme spurie, nelle società complesse e, soprattutto, nelle cittadelle del capitalismo maturo.

Insomma uno scavo teorico che investe struttura e sovrastruttura e che vuole implementare – con una metodologia collettiva work in progress ed in concorso con quanti vorranno cimentarsi in una intrapresa simile – la costruzione di un “Partito/Organizzazione di quadri con funzioni di massa”.

Tale lavorio costituisce, di fatto, una esplicita rottura teorico/politica con la tradizione comunista ufficiale che è stata imperniata, in Italia come altrove, sulla mitologia e la ridondanza del partito di massa con annesse funzioni elettorali e governiste che diventavano, nel corso del tempo, sempre più centrali e predominanti con buona pace di tutte le premesse nobili e generali ridotte sempre più ad orpello formalistico. Naturalmente siamo, altresì, consapevoli che esistono diversi piani di dibattito e di connessione tra i compagni ed i militanti. La disgregazione avvenuta negli anni che stanno alle nostre spalle ha lacerato partiti, sindacati, grandi organizzazioni di massa ed ha espunto la centralità dell’organizzazione non solo dall’orizzonte politico dei compagni ma anche da ogni discorso pubblico.

Per cui riteniamo che anche la indispensabile e possibile azione politica unitaria tra comunisti può e deve avere ambiti, forme e tempi di dispiegamento diversi e mutabili nel corso della discussione e del confronto. Tentare, al momento, impossibili sintesi compiute sarebbe una inutile e defaticante forzatura organizzativistica che non condurrebbe a nessun approdo politico autorevole e convincente.

In tal senso riteniamo – anche in sintonia con l’evolversi delle contraddizioni con cui impattiamo quotidianamente – che la lotta all’Europa Imperialista sia un terreno qualificante e fondamentale per iniziare ad impostare un confronto politico serio, argomentato e suscettibile di ricadute politiche nei movimenti di lotta ed oltre.

Rottura della gabbia dell’Unione Europea, uscita dall’Euro, dalla NATO, unificazione delle mobilitazione e delle lotte tra i popoli del Sud Europa e dell’area Euro/Mediterranea, sono terreni di organizzazione immediata e di prospettiva che configurano l’elemento strategico della rottura rivoluzionaria e della fondamentale relazione con il blocco sociale colpito dalle politiche antisociali della UE e dei poteri forti della nuova borghesia continentale. Inoltre anche sul terreno delle quotidiane mobilitazioni immediate (sindacali, sociali, metropolitane) i comunisti devono esercitare la denuncia anticapitalista – che resta la matrice vera di ogni attacco alle condizioni di vita e di lavoro del proletariato e dei ceti popolari della società – ma devono anche salvaguardare ed alimentare l’autonomia e l’indipendenza dalle compatibilità, dal collaborazionismo con gli apparati dello stato e da ogni subalternità politica al “vecchio” e “nuovo” riformismo e/o sottoriformismo.

Questi sono alcuni assi di lavoro politico che proponiamo a quanti sono interessati ad una franca discussione. Un orientamento che intendiamo sottoporre all’attenzione ed alla critica dei comunisti e degli attivisti politici e sociali.

Il nostro agire, il portato della storia – recente e passata – a cui ci richiamiamo, la tensione internazionalistica alla quale incardiniamo i nostri ragionamenti non sono e non devono diventare icone inoffensive o, come purtroppo spesso accade, una ridondante caricatura di una grande epopea.

Come un grande rivoluzionario ricordava, le idee giuste non cadono dal cielo ma sono il prodotto della dialettica, dello scontro tra le classi e dei processi in atto nella società. I comunisti devono alimentarsi a questa fonte per mantenere vivo non solo l’afflato ideale ma, soprattutto, la lotta politico/pratica per il cambiamento e la trasformazione.

In questo nesso, stringente ed anche difficile alla luce delle condizioni oggettive nelle quali operiamo, si fonda una militanza ed una lotta comunista che deve orientarsi al futuro e che può far interagire e cooperare anche compagni e militanti provenienti da esperienze diverse.

La Rete dei Comunisti si rende, quindi, disponibile al confronto ed all’interlocuzione in ogni ambito ed apre i suoi strumenti di informazione e di propaganda alla discussione collettiva ed individuale con quanti, sinceramente, vogliono cimentarsi in questo compito.

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