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Basta con la democrazia, viva la governabilità

«È la Spagna di oggi, ma sembra l’Italia di ieri. Di ieri perché ora abbiamo cancellato ogni balletto post-elettorale. Sia benedetto l’Italicum, davvero: ci sarà un vincitore chiaro. E una maggioranza in grado di governare. Stabilità, buon senso, certezze. Punto».

Il post di Renzi, a commento dei risultati delle elezioni spagnole, è stato riportato da tutti i media italiani senza una sola parola di commento. Come un fatto naturale, un’opinione ovvia, che si può solo condividere. Una mancata reazione che la dice lunga sulla fine ingloriosa del giornalismo italiano, lecchino per tradizione e vigliacco per scelta sempre rinnovata nei secoli (le eccezioni ci sono, ma per l’appunto sono eccezionali…). E che certifica anche la scomparsa di una cultura “democratico borghese” all’interno dell’establishment – sia politico che mediatico – di questo disgraziato paese.

Il post renziano infatti contrappone molto brutalmente democrazia e governabilità. La prima viene ridotta alla sola procedura elettorale, quindi a un meccanismo di selezione purchessia. La seconda è invece il vero e proprio “valore forte”, l’obiettivo cui sacrificare ogni altra considerazione o interesse. Detta ancora più brutalmente, la democrazia è “un lusso che non ci possiamo più permettere” (chissà chi l’ha detta per primo…), e quindi bisogna svuotare il parlamento di ogni prerogativa (com’è per quello europeo), perché dalla dialettica tra diverse forze politiche può uscire solo un pasticcio costato, oltretutto, troppo tempo.

La stampa, come detto, capisce subito che aria tira. E Francesco Verderami, sul Corriere della sera (19/12), traduce subito con un secco “Un mondo, quello del Parlamento, sempre più piccolo e sempre più antico”. Ma sì, lasciamoci alle spalle questo piccolo mondo antico e corriamo gioiosi incontro a un mondo fatto di obbedienza cieca al leader più furbo che riesce ad agguantare un numero prefissato di parlamentari-comparse, che potranno dire soltanto sì ad ogni suo volere sennò non verranno rieletti.

Il segreto dell’Italicum, come e meglio del Porcellum, è tutto qui. Con in più l’assicurazione che dai due turni un “vincitore” uscirà sicuramente. E sarà un vincitore dotato di una “solida maggioranza” a prescindere dalla sua rappresentatività reale nel paese. Il meccanismo è stato già a lungo studiato, prima ancora di essere testato sul campo, ma è teoricamente possibile che un partito che prenda anche solo il 10% al primo turno poi vinca al ballottaggio con qualsiasi percentuale di votanti rispetto agli aventi diritto. In pratica, è possibile che un soggetto ultraminoritario prenda il potere esecutivo (quel che ne è rimasto, dopo il trasferimento di sovranità all’Unione Europea e il pareggio di bilancio inserito nella Costituzione) e lo mantenga per cinque anni. A meno di golpe militari o rivoluzioni popolari.

Cosa resta della democrazia, in questo quadro? Solo il fatto di andare al seggio e dare un voto. Se sei fortunato, come alla lotteria, sarà per il “vincitore”. Ma non ti fare troppe illusioni su cosa farà dopo essere stato insediato. Il programma di governo è infatti scritto altrove, nei cieli di Francoforte -Washington-Bruxelles, le sedi della Troika. Quindi se stai a casa, è la stessa cosa.

La “benedizione all’Italicum” è insomma una benedizione alla fine di una realtà che nascondeva anche una finzione (quella classica della “democrazia borghese”). Ora resta solo la finzione. In nome della quale, se del caso, si può andare persino a portare guerra a chi ne adotta una differente. Punto.

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