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L’importanza storica della vittoria dei nazionalisti in Corsica

Jean-Jacques Rousseau scrisse che la Corsica, un giorno, avrebbe stupito l’Europa. Lo scorso 13 dicembre il continente europeo era troppo distratto dal risultato del Front National; tuttavia, quanto successo nell’Isola di Bellezza non è passato inosservato a tutti i movimenti che lottano per la liberazione del proprio popolo. La vittoria della coalizione “Pè a Corsica” – con circa il 35% e 52280 voti, 24 seggi conquistati- è di portata storica: l’oligarchia clanista e clientelare legata alla Destra ed alla Sinistra francesi è stata, per la prima volta, estromessa dal potere politico dall’unione dei nazionalisti moderati (Femu a Corsica) e degli indipendentisti (Corsica Libera). I primi, elettoralmente più forti, hanno espresso il presidente dell’esecutivo Gilles Simeoni, mentre i secondi il presidente dell’Assemblea territoriale Jean-Guy Talamoni.
La coalizione vincitrice si è rivolta alle forze vive della nazione, che vogliono superare il sistema clientelare e clanista che ha retto l’isola sino ad ora, per un progetto di emancipazione nazionale e sociale. Questo va inscritto entro l’evoluzione istituzionale e pone esplicitamente l’indipendenza fuori dalla discussione. Scelta tattica al fine di creare più consenso possibile attorno ad un processo di cambiamento che- oggettivamente- è funzionale alla futura indipendenza. Quattro sono gli assi portanti .di questa unione per il governo della Collettività: applicazione delle decisioni votate dell’Assemblea di Corsica, nella scorsa legislatura, su proposta nazionalista; “riacquisto” socioeconomico in nome dello sviluppo economico e della giustizia sociale (significativo che Corsica Libera si sia espressa chiaramente contro le politiche europee d’austerità); amministrazione pubblica trasparente ed equa; ottenere un potere legislativo di pieno diritto che renda la Corsica sovrana sul piano economico, sociale, culturale.
Per comprendere meglio il carattere rivoluzionario di questa affermazione elettorale è necessario comprendere la condizione sociale ed economica della Corsica, cioè la sua natura di colonia interna dello Stato francese.
La storia corsa dell’ultimo secolo e mezzo è stata l’ennesima dimostrazione di quanto la democrazia formale possa ridursi ad una semplice ratifica popolare di un potere oligarchico. Quest’ultimo, nell’isola, è stato l’intermediario tra i dominati ed il potere politico-economico esterno: lo Stato ed il capitale francese. La Francia- in ogni forma della sua evoluzione storica, dalla monarchia assoluta alla Quinta Repubblica- ha utilizzato a proprio favore il clanismo isolano per affermare il proprio dominio sulla Corsica. Il clan corso è un’organizzazione sociale dall’origine incerta- forse nata dall’unione di diverse famiglie per esigenze di sopravvivenza, in un’epoca di precarietà economica- basata sul legame di dipendenza e la comunione d’interesse tra  individui e famiglie egemoni su un dato territorio, contro gli antichi legami basati sull’appartenenza alla famiglia nucleare, al villaggio, al pieve (insieme di villaggi). Nel XVIII secolo, il “partito francese” era stato creato dai nuovi dominatori attraverso concessioni di titoli nobiliari prima e poi di terre espropriate alla Chiesa ed alla Corona; ad usufruirne furono individui dai cognomi importanti come Saliceti e Colonna Cesari della Rocca. Furono tre esponenti di queste due famiglie privilegiate a votare nell’Assemblea Costituente- il 30 novembre 1789- la piena annessione della Corsica alla Francia. Nel XIX secolo, tra il Secondo Impero e la Terza Repubblica l’isola fu integrata da subalterna nella crescita del capitalismo francese mediante un duro regime doganale che le impedì di sviluppare una propria industria e distrusse la propria agricoltura, rendendola un mero mercato di sbocco per le merci del continente e dei coloni francesi in Algeria e Tunisia. Il clanismo viene integrato entro le istituzioni francesi: le varie cariche pubbliche (da consigliere municipale in poi, giungendo talvolta sino al governo dello Stato) divengono uno strumento attraverso cui i clan possono stabilire un collegamento piramidale dal villaggio al vertice, definendo una gerarchia precisa entro questo grande gruppo d’interesse. Dal voto per censo al suffragio universale la differenza è passata solo per la diffusione- nel secondo caso- di clientelismo e corruzione. Famiglie come i Gavini ed i Casabianca indirizzarono le politiche pubbliche verso i propri fini; lo Stato si servì dei clan per legittimare la propria autorità e quindi perpetrare lo sfruttamento della sua colonia interna. Così, nella seconda metà dell’Ottocento il sistema prende la sua forma attuale: negli ultimi decenni il territorio è stato controllato a Nord dai Giacobbi ed a Sud dai Rocca Serra. I primi legati alla Sinistra Radicale, i secondi divenuti gollisti. In queste ultime elezioni, Paul Giacobbi- capo dell’esecutivo uscente- è stato il principale avversario dei nazionalisti corsi; Camille de Rocca Serra è stato uno dei principali candidati della Destra al primo turno ed ha presieduto l’Assemblea di Corsica tra il 2004 ed il 2010. Entrambi sono ultimi discendenti di dinastie iniziate nel XIX secolo; i loro padri, François Giacobbi e Jean Paul de Rocca Serra, parlamentari a Parigi, sono stati tra i leader politici corsi che hanno avallato il Programme d’Action Regionale del 1957. In questo, lo Stato francese elaborò la nuova fase del colonialismo dell’isola: colonizzazione agraria (distruzione della pastorizia, assegnazione di terre a coloni francesi, sostegno a questi con il credito finanziario); colonizzazione turistica (costruzioni di grandi hotel di lusso e residenze sulle coste); colonizzazione di popolamento (immissione di francesi in tutti i posti pubblici); infrastrutture funzionali alla colonizzazione (mortificazione delle zone interne, in cui si progetta la chiusura di importanti collegamenti ferroviari). Il PAR risvegliò la coscienza nazionale dei corsi nella lotta contro questo sfruttamento.
Infatti, al 1960 ad oggi, la storia del nazionalismo corso è la storia della lotta contro questo sviluppo del sottosviluppo. Dalle mere proteste popolari – ad esempio contro la realizzazione di un centro di sperimentazione nucleare all’Argentella e contro la chiusura della ferrovia Casamozza-Porti Vechju- si giunse alla creazione di formazioni politiche regionaliste, con l’obiettivo di dare una direzione consapevole a questa indignazione spontanea, il cui carattere si faceva sempre più nazionale. Un ruolo importante per la rinascita del corsismo- dopo che il sostegno di alcuni importanti corsisti all’irredentismo italiano, quindi all’occupazione fascista, aveva messo in cattiva luce tale tendenza- la ebbero gli studenti corsi in Francia, i quali rilanciarono la lotta per la ricostruzione dell’Università di Corsica, fondata a Corte dall’eroe nazionale Pasquale Paoli e chiusa dai conquistatori francesi. Il conflitto con lo Stato si acuì negli anni’70- con l’intensificazione del colonialismo per mezzo dello Schema d’Amenagement del 1971, la nascita dei primi gruppi armati anticolonialisti e la pubblicazione del manifesto politico “Autonomia” ad opera dell’Azione pè a Rinascita Corsa nel 1974, il richiamo alla definizione esplicita di “nazionalismo” in nome del diritto all’autodeterminazione del popolo corso- sino alla data cruciale del 21 agosto 1975. Quel giorno un gruppo di militanti dell’ARC occupò la cantina di un colono ad Aleria, al fine di smuovere l’opinione pubblica riguardo il problema della colonizzazione agraria e della produzione vinicola truffaldina da parte dei coloni, i quali sovrazuccheravano i propri vini al fine di aumentarne la gradazione alcolica, facendo concorrenza sleale ai viticoltori autoctoni. Questa data segna la nascita del nazionalismo moderno. La violenta repressione seguita a quell’atto- scioglimento formazioni nazionaliste, chiusura giornali filonazionalisti, arresti, creazione di corpi polizieschi paralleli al fine di intimidire gli esponenti politici nazionalisti- pose il nazionalismo corso di fronte all’esigenza di rivedere la propria tattica. Il 5 maggio 1976 il Fronte di Liberazione Nazionale Corso- con una forte venatura socialista- annunciò la propria nascita con una serie di attentati alla vigilia del processo al leader nazionalista Edmond Simeoni, protagonista dei fatti d’Aleria. D’ora in avanti, la storia del nazionalismo si svilupperà sulla dicotomia moderati/autonomisti e indipendentisti: i primi intendono portare avanti una lotta democratica e non violenta per l’evoluzione istituzionale della Regione, rifiutando di sostenere le azioni del FLNC; i secondi intendono essere l’aspetto politico legale della lotta per l’indipendenza dell’isola, per cui le azioni del Fronte per indebolire la dominazione francese sono pienamente legittime.
Dagli anni’80 ad oggi possiamo notare una correlazione tra i picchi di consenso ottenuto dai nazionalisti nella società e l’evoluzione istituzionale. Si vede sempre uno Stato disposto a concedere, al fine di frenare l’ascesa di un movimento a lui ostile. Così, la riapertura dell’Università di Corte e lo statuto particolare del 1982 furono il risultato dell’intenzione della nuova presidenza socialista di Mitterrand di rompere con la fallimentare politica di Giscard d’Estaing, basata sulla mera repressione; il nuovo statuto del 1991- con cui si istituì la Collettività Territoriale con un proprio Consiglio Esecutivo, differenziata dalle Regioni sul continente, ampliando le competenze precedenti ad esempio su trasporti, turismo e sviluppo economico e concedendo nuove entrate da tributi riscossi sull’isola- avvenne dopo un periodo di espansione del nazionalismo nella società- specie con la creazione di associazioni autonome da quelle continentali come il Sindicatu di i Travagliadori Corsi- che sarà certificato dalle elezioni regionali del 1992, in cui i nazionalisti supereranno per la prima volta il 20% dei voti con la coalizione Corsica Nazione ed il Movimento Corso per l’Autonomia, portando nell’Assemblea ben 13 esponenti. Il terzo processo di devoluzione delle competenze all’istituzione insulare- con il Processo di Matignon tra il primo ministro Jospin e l’Assemblea corsa- avverrà dopo il successo elettorale indipendentista di Corsica Nazione- in cui non vi erano più i moderati dell’Unione di u Populu Corsu e quindi a dominare erano i radicali della Cuncolta Naziunalista- alle elezioni del 1999 con il 16.77% ed 8 seggi. Con la legge 92/2002 si otterrà- tra le altre cose- l’insegnamento della lingua corsa nella scuola primaria ed elementare, la piena competenza sulla gestione dei porti ed aeroporti più importanti, la possibilità di elaborare un Piano di Sviluppo Sostenibile ed Utilizzo del territorio (PADDUC) ed un piano di investimenti per l’isola definito e condiviso con lo Stato centrale.
Proprio sul PADDUC la Destra unionista, al governo dal 2004 al 2010, perse molto consenso a causa della sua visione “residenziale” dello sviluppo economico. Il progetto di ulteriore cementificazione suscitò una grande indignazione popolare, tale da essere bocciato dall’Assemblea di Corsica e ritirato. La Sinistra unionista – legata a formazioni che in Francia sono a Sinistra del PS, che nell’isola è invece un partito marginale- sarà il principale avversario dei nazionalisti alle elezioni del 2010 come nelle ultime. La crisi economica quanto la crisi di consenso dei partiti di potere sul continente hanno favorito l’ascesa elettorale dei movimenti nazionalisti, valida alternativa ad un sistema sempre più screditato. Il Front National, a differenza di quanto avviene nel resto dello Stato, non è in grado di competere per l’esecutivo ed il suo elettorato nell’isola probabilmente è molto legato ai coloni ed alle città di rilevante presenza militare; tuttavia, il suo circa 10% di voti, preso in entrambi i turni del 2015, ha favorito i nazionalisti, frazionando l’unionismo in tre e impedendo alla Destra quanto alla Sinistra unionista di poter esprimere un esecutivo.
Alle elezioni del 2010, le due anime principali del nazionalismo corso- Femu a Corsica e Corsica Libera- si presentarono divise in entrambi i turni elettorali, riuscendo comunque ad affermarsi con 51383 voti (35.73%) al secondo, conquistando un totale di 15 seggi. Un grande successo, che portò i nazionalisti come seconda forza entro l’Assemblea dietro la Sinistra unionista di Giacobbi, che vinse le elezioni con un distacco di soli 1280 voti. La forte minoranza nazionalista- grazie anche al sostegno dei socialdemocratici autonomisti e della federazione corsa del PS- riuscì a fare approvare dal massimo organo deliberativo isolano delle importanti decisioni: la coufficialità della lingua corsa; lo statuto di residenza- baluardo contro la speculazione edilizia (solo nel 2012, il 36% delle nuove residenze era di seconde case, specie per cittadini non corsi) e primo passo verso la cittadinanza corsa in stile Nuova Caledonia- consente di acquisire un terreno o un alloggio solo a residenti nell’isola per almeno 5 anni; lo statuto fiscale corso, in difesa del privilegio fiscale degli Arreté Miot che consentiva una deroga alla tassa di successione, importante per impedire che stranieri abbienti si approprino di proprietà di cittadini corsi troppo poveri per poter pagare i diritti di successione; un nuovo PADDUC che protegge 105000 ha di spazi agricoli strategici dalla cementificazione; la richiesta di amnistia dei prigionieri politici (18 militanti nazionalisti sono incarcerati, alcuni di questi sono stati recentemente protagonisti di scioperi della fame in nome del proprio diritto alla territorialità della pena); un emendamento nella legge di decentramento in votazione a Parigi, che consente la realizzazione di una collettività territoriale unica che acquisirà le competenze dei dipartimenti dell’Alta Corsica e della Corsica del Sud – strumenti clientelari- che saranno aboliti. La legislatura 2010-2015 ha aperto un duro scontro con lo Stato centrale, che risponderà esclusivamente con la repressione, in particolare verso la rinata Ghjuventù Indipendentista che è sempre stata in prima linea nelle mobilitazioni dal basso a sostegno delle proposte nazionaliste approvate dalla maggioranza dei rappresentanti legali del popolo corso. Nel 2014, Gilles Simeoni- alleatosi al secondo turno con frange dissidenti e minoritarie della Destra e della Sinistra unionista- divenne sindaco di Bastia sconfiggendo l’ultimo esponente della famiglia Zuccarelli, che aveva dominato la città dal 1968. Malgrado l’alleanza sia stata fortemente criticata dagli indipendentisti, questa vittoria elettorale del leader di Femu a Corsica può essere vista come il prologo del trionfo nazionalista che sarebbe arrivata un anno dopo alle elezioni regionali.
Il 2014 ha visto anche l’abbandono delle armi da parte del FLNC, volto a favorire il processo democratico in atto.
L’esecutivo nazionalista corso avrà ora due compiti principali, oltre l’ordinaria amministrazione: l’applicazione effettiva delle decisioni della scorsa legislatura e guidare il processo di realizzazione della collettività territoriale unica. Ogni fase di crescita del movimento nazionale corso è stato accompagnato da un’evoluzione istituzionale; alla luce della storia recente, dunque, ora che il nazionalismo è forte come non lo era mai stato- tanto da essere capace di coinvolgere anche chi, pur non essendo nazionalista, vuole un cambiamento dello stato di cose presenti- è lecito pensare che possa succedere lo stesso. Innanzitutto con una revisione costituzionale che inserisca la Corsica nella Costituzione Repubblicana al fine di permettere alla CTC di intervenire con piena competenza su questioni specifiche come la lingua o la fiscalità, la protezione del  patrimonio fondiario e dunque di applicare tutte le suddette decisioni assembleari. Gli ostacoli sono legati alla maggioranza unionista nell’Assemblea di Corsica- 26 seggi, con l’assenza degli alleati dei deputati nazionalisti della scorsa legislatura- ed allo spostamento a Destra dell’asse politico francese. Le tre evoluzioni istituzionali dagli anni’80 all’inizio del 2000 sono state possibili anche grazie a dei governi socialisti a Parigi (Mauroy, Rocard, Jospin); ora il PS francese si vede costretto ad inseguire il Front National anche sul fronte della difesa dell’unità repubblicana e – come dimostrato dalle dichiarazioni del primo ministro Valls all’indomani dell’elezione del nuovo esecutivo- non sembra disposto a fare concessioni; inoltre, probabilmente sarà la Destra a vincere le prossime elezioni. Ma se lo Stato francese proseguirà nel suo atteggiamento intransigente non potrà che favorire un’ulteriore crescita del nazionalismo; come la Catalogna insegna.
Guardando alla storia contemporanea della Corsica si può comprendere bene l’importanza della elezioni del 13 dicembre: giunge al governo una nuova classe dirigente- espressione degli interessi della maggioranza della popolazione- dopo decenni in cui i raggruppamenti unionisti hanno detenuto le redini dell’apparato politico amministrativo rendendo possibile lo sfruttamento coloniale dell’isola. Insomma, siamo di fronte ad una vera rivoluzione democratica. Questa è stata l’esito di oltre mezzo secolo di opposizione al sistema dominante, non solo con le lotte delle organizzazioni nazionaliste politiche fuori e dentro l’assemblea o con la lotta armata ma anche- e soprattutto- attraverso la mobilitazione popolare, l’organizzazione di strutture autonome dall’unionismo nella società civile (dall’associazionismo studentesco, all’associazione dei genitori sino ai comitati contro la droga), il riacquisto culturale (ad esempio l’uso della lingua corsa, in particolare da parte di diversi gruppi musicali nati a partire dagli anni ’60-’70). Qui sta anche l’esempio per altri movimenti d’emancipazione nazionale, in particolare quello sardo- dove esiste un analogo nemico interno- oltre che per le comunità nazionali (Bretagna e i baschi di Iparralde) oppresse dallo Stato francese, entro cui è più logico che si trasmetta il “contagio”.

Andria Pili

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