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Ciro Esposito: troppi interrogativi senza risposta

26. E’ questo il numero di anni che dovrà scontare in carcere Gastone De Santis, l’ultras neofascista che assassinò 2 anni fa Ciro Esposito a Roma prima della finale di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina.

31 è invece il numero di anni che aveva Ciro quando fu raggiunto da un colpo di pistola per poi morire dopo 53 giorni di agonia.

La pubblica accusa aveva chiesto per lui l’ergastolo in un processo dove attenuanti generiche e aggravanti hanno finito per equilibrarsi e generare quindi tale sentenza. Gli avvocati della famiglia di Ciro sono molto soddisfatti. Ritengono la condanna il massimo auspicabile per un processo del genere. La madre anche è soddisfatta. Il padre avrebbe voluto invece una condanna più severa in quanto preoccupato che nei giudizi successivi la pena possa ulteriormente scendere.
Genitori che negli ultimi 2 anni hanno ricevuto tanti attestati di solidarietà ma hanno anche subito la diffamatoria e violenta campagna dell’estrema destra cittadina (Casapound in testa) che li accusava, in particolar modo la madre Antonella Leardi, di strumentalizzare la morte del figlio per avere visibilità mediatica.

Campagna vergognosa che in realtà aveva l’unico scopo di difendere il camerata romano e loro sodale De Santis. Signora Leardi che invece testardamente sfruttava ogni spazio utile per richiedere giustizia ed evitare che calasse il silenzio su questo delitto.

D’altronde i tentativi d’insabbiamento e copertura dei fatti sono stati molteplici. Dapprima i media nazionali, che invece di catalizzare l’attenzione sul brutale omicidio di Ciro e sui suoi assassini, costruiva una farsesca e ridicola narrazione avente al centro del discorso “Genny ‘a carogna”. Di quest’ultimo ci è stato detto tutto. Per settimane è stato l’indiscusso protagonista su giornali e televisioni poiché si era arrampicato su una transenna per colloquiare con il capitano del Napoli Hamsik a proposito del rinvio della partita.  Ricordiamo ancora nitidamente le parole del telecronista Rai quella sera: “… ci giunge notizia che uno dei feriti è di Scampia (pausa) … quindi è un regolamento di conti… è un regolamento di conti”.

Attorno al camerata Gastone invece fin da subito si è alzata una fitta cortina fumogena. Per mesi è stato impossibile per qualsiasi giornalista vedere o parlare con lui. Addirittura si era tentato di farlo passare per vittima. Alcuni medici dell’ospedale dove era ricoverato avevano refertato che fosse giunto in ospedale con ferite da taglio. Volevano far credere che fosse stata una legittima difesa. Ci ha pensato la polizia di Roma a ristabilire la verità.
Non gli andava di passare per deficiente. Nessun poliziotto al momento dell’arresto al De Santis aveva notato queste ferite. Da dove saltavano fuori?. E perché tanti uomini di stato si spendevano per coprire siffatto ripugnate personaggio? Interrogativi ancora inevasi. Ma ugualmente inquietanti.

Ivan Trocchia

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