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Il grido di dolore di un intellettuale turco

Quello che pubblichiamo è il grido di dolore che viene dal mondo accademico in Turchia. Qualche mese fa, a gennaio, 1128 intellettuali di 89 università in Turchia e all’estero hanno firmato un appello rivolto al governo dell’Akp per chiedere di fermare le operazioni militari in atto nel sud est del Paese contro la popolazione curda. Purtroppo l’appello oltre a non ottenere alcun risultato positivo è stato utilizzato dal governo per lanciare una caccia alle streghe di enormi dimensioni; denunce, umiliazioni pubbliche, minacce di morte, licenziamenti, processi ed arresti.
Qui sotto un breve articolo scritto da uno dei firmatari dell’appello, Serdar Degirmencioglu, successivamente licenziato e denunciato.

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In Turchia scompare la libertà accademica

Dall’11 gennaio in poi, molti studiosi in Turchia hanno assunto strane abitudini: alcuni hanno iniziato a far volare e riprendere aquiloni con i loro studenti e pubblicare i video in questione su internet; alcuni hanno iniziato a scrivere canzoni, nuovi testi che mi hanno ricordato la poesia di strada; alcuni hanno iniziato ad organizzare gite in autobus… Il mio cellulare non aveva mai registrato così tanta azione: ora è pieno di fotografie, canzoni e registrazioni audio inerenti queste attività accademiche bizzarre. Nel frattempo, altri hanno iniziato a contare. Contare coloro che hanno perso il posto di lavoro. Contare le minacce di morte. Contare le azioni disciplinari avviate. Contare, ancora, coloro che hanno improvvisamente perso i loro assegni di ricerca o le garanzie di viaggio. I conti vengono aggiornati ogni settimana.

Questa è una storia vera. Io sono uno di quelli che hanno perso il posto di lavoro. Il 29 aprile, dopo mesi di mobbing, sono stato, in poche parole, licenziato dall’Università di Dogus. L’amministrazione mi ha dichiarato colpevole per la firma che ho apposto su una dichiarazione di pace, per chiedere al governo di fermare la campagna militare spietata e senza senso nel sud-est del Paese. Il mio licenziamento fa parte di una continua caccia alle streghe.

Come scienziato, non credo nelle streghe. Ma, palesemente, il governo, controllato da un solo uomo, ci crede. Il Consiglio di Istruzione Superiore (YOK) manda delle circolari alle Università ed avvia indagini interne. Nel mio caso, l’indagine è stata avviata il 18 gennaio. Ho detto al comitato che stavo esprimendo i miei diritti e, come scienziato sociale, ho il dovere di parlare. Poco dopo ho perso la mia posizione da Presidente del dipartimento di psicologia. Quello che sarebbe successo poi, è stato subito chiaro. Sono stato presto dichiarato colpevole per aver firmato una dichiarazione di pace e licenziato poche settimane prima che il semestre fosse finito. Stavo tenendo quattro corsi, ma nessuno si è interessato agli studenti o all’etica. Uno dei miei corsi trattava della psicologia della pace.

Sì, credo nella pace. Ma il governo no. E credo fermamente di avere diritto a vivere in pace, ad invitare le autorità a stabilire la pace e ad esprimere le mie opinioni liberamente. Come studioso, credo che la libertà di parola sia essenziale per la democrazia, per non parlare della sua stessa esistenza nelle Università. Ma il governo non ci crede. La Turchia è ora piena di Università nelle quali richiedere o parlare della verità non è molto comune. Anche lo scetticismo non è tollerato: il Paese è in guerra e, in tempo di guerra, è necessario un leader forte. Il dissenso è considerato come tradimento. La libertà accademica è un lusso.

serdarNon sono stato l’unico a perdere il proprio lavoro: Aslı Vatansever, una sociologa, è stata licenziata insieme a me. Abbiamo sentito la stessa frase, subito la stessa ingiustizia e ora facciamo parte del conto. Ed i conti stanno diventando sempre più brutti e lunghi. Un’indagine penale è in corso e il governo ha inviato un avvertimento: quattro studiosi sono stati arrestati e rapidamente mandati in prigione. Tutto quello che hanno fatto è stato parlare in una conferenza stampa per ribadire le richieste dell’appello che avevamo lanciato. Questo è accaduto quando gli aquiloni sono emersi. Studiosi e studenti facevano volare gli aquiloni proprio fuori dalle carceri. Gli aquiloni simboleggiano la libertà ed il loro messaggio è: “La libertà e la pace prevarranno”. Le gite in autobus sono anche state un atto di solidarietà. Studiosi, giornalisti, attivisti per la pace e studenti sono stati trasportati in autobus verso due prigioni dove tenevano i quattro sotto controllo. E le canzoni, che somigliavano a poesie di strada, parlavano tutte di pace e libertà.

E’ difficile dare una conclusione a questo pezzo perché, dire la verità, è diventato un atto molto pericoloso in Turchia. Lascerò parlare gli altri, piuttosto. L’Alto Commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite, Ra’ad Zeid Al Hussein, ha recentemente richiesto l’avvio di un’indagine indipendente dei civili che sono stati bruciati a morte a Cizre. Erik Jan Zürcher, un famoso storico, ha restituito una medaglia d’onore datagli nel 2005 dal Presidente della Repubblica della Turchia asserendo che “Le libertà fondamentali, in Turchia, non ci sono più”. La speranza di una Turchia democratica è scomparsa. Yervant Bostancı, un musicista, di recente ha affermato di avere difficoltà ad esprimere quello a cui aveva assistito a Surici, Diyarbakır, il luogo dove era nato e cresciuto. “Sono molto, molto triste”, ha detto, “E ‘come se la mia anima stesse sanguinando”.

Recentemente mi è stato detto che sono uno “studioso a rischio”. Se questo è vero, la stessa etichetta potrebbe benissimo essere applicata a tutto il contesto che ci circonda. Le Università in Turchia sono a rischio perché la libertà accademica sta scomparendo. Così come il futuro della Turchia. Questo è il motivo per cui anche la mia anima sta sanguinando. Ma ho speranza. Aquiloni voleranno, tiranni cadranno. La verità prevarrà e, così, sarà pace.

 

Serdar Degirmencioglu

da http://ita.babelmed.net

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