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Proponiamo un’intervista a Josep Maria Antentas realizzata da George Souvlis per la rivista Jacobin. Antentas è professore di sociologia presso l’Università Autonoma di Barcellona, mentre Souvlis è un dottorando in storia presso l’EUI di Firenze.

L’intervista ci sembra interessante perché ripercorre la nascita di Podemos e mette in luce le sue attuali criticità, fra cui la mancanza di volontà di affrontare la questione dell’irriformabilità dell’Unione Europea, con il rischio di finire come Syriza in Grecia.

Traduzione a cura di Lorenzo Bordonaro e Panofsky

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In Spagna, la sfida popolare all'austerity che è cominciata con il movimento degli indignados – comunemente abbreviato come 15-M, la M sta per 15 Maggio, il giorno in cui sono iniziate le proteste nel 2011 – ha contribuito alla nascita di nuove formazioni politiche con un ampio supporto. Podemos, un partito che è emerso dal 15 Maggio, è adesso un attore maggiore nella politica nazionale.

Nel dicembre 2015, le elezioni generali spagnole non sono riuscite a creare una maggioranza per la prima volta dalla fine della dittatura di Franco nel 1977 – Podemos ha vinto all'incirca il 20 percento del voto, arrivando di poco dietro il centro destra del Partito Popolare (PP) e il centro sinistra del Partito Socialista Dei Lavoratori(PSOE).  Poiché Podemos ha rifiutato di allinearsi con il PSOE, non si è potuta formare alcuna coalizione, innescando così le secondo elezioni.

Prima delle elezioni nel Giugno 2016, Podemos ha creato un’alleanza con Izquierda Unida, un partito più piccolo con radici nei partiti storici della sinistra spagnola.

Ma questa nuova coalizione, denominata Unidos Podemos, ha fallito nel mobilitare la sua base, e il PP è emerso vincitore dalle seconde elezioni. Josep Maria Antentas ha parlato con George Souvlis per Jacobin, discutendo le sue radici nel movimento 15- M, la preoccupante traiettoria di Podemos dal 2014, e il problema aperto dell’indipendenza catalana.

George Souvlis: Per cominciare, quali esperienze ti hanno fortemente influenzato, politicamente e accademicamente?

Josep Maria Antentas: Io appartengo ad una generazione che si è formata politicamente negli anni ‘90, in un contesto marcato dalla storica sconfitta con il quale il "Secolo Breve" è finito. Quelli erano tempi luminosi per il neoliberalismo. L'egemonia di quello che Ignacio Ramonet ha etichettato come il pensiero unico era dominante.

A metà anni ’90 sono emerse le prime sfide al neoliberalismo, come la rivolta Zapatista nel gennaio 1994 o gli scioperi francesi del novembre-dicembre del 1995. Ma abbiamo dovuto aspettare la fine del millennio per entrare in una nuova fase – grazie alla nascita del movimento per la giustizia globale dopo il Summit del WTO a Seattle nel Novembre 1999.

Io ho preso attivamente parte in questo nuovo movimento – il quale durante la sua breve esistenza ha cambiando il clima politico internazionale e ha mostrato che la storia non era affatto finita.

Durante i primi decenni del 2000, ho partecipato nella costruzione di quello che sarebbe diventato Anticapitalistas, una organizzazione che ha poi partecipato alla formazione di Podemos. Abbiamo formato Anticapitalistas perché abbiamo sentito che, oltre a prender parte nelle lotte sociali, avevamo bisogno di costruire una alternativa politica reale, che immaginavamo come un prodotto di un'aggregazione di diverse organizzazioni ed individui.

E' stata una scommessa strategica – e avversata dalla maggior parte degli attivisti sociali, che volevano una strategia "movimentista". La nostra ipotesi non era di costruire uno strumento politico che potesse diventare maggioritario nella società – questo sarebbe venuto con la crisi – ma uno che potesse avere un pubblico e una influenza significativa.

Intellettualmente, negli anni 90' e nel 2000 ero preso dallo studiare i processi di globalizzazione e i movimenti di resistenza. Ero anche interessato ai dibattiti strategici emersi nel movimento per la giustizia globale, così come alle esperienze "Bolivariane" in America Latina e quelle fra la sinistra europea.

L'influenza intellettuale più decisiva per me è stata quella di Daniel Bensaid, che ha combinato la tradizione rivoluzionaria dei movimenti dei lavoratori con una serie di diverse esplorazioni teoriche.

Dopo la crisi del 2008, e quello che è venuto dopo, sono stato particolarmente interessato a tornare sulle opere di due autori che ho sempre apprezzato – Walter Benjamin e Antonio Gramsci – che sono utili quando bisogna pensare al mondo contemporaneo.

GS: Parlami delle origini del Movimento 15-M e dei suoi effetti sulla politica spagnola. Come ha influenzato la nascita di Podemos?

JMA: Il movimento 15-M è stato un punto di svolta nella traiettoria politica e sociale spagnola.

Anche se il 15-M si è presto disperso e ha smesso di esistere come un movimento sociale articolato, si è trasformato in una miriade di gruppetti che insieme costituiscono una sorta di “galassia 15-M” che prende ispirazione dal movimento.

La ribellione degli indignados ha messo l'élite finanziaria e politica al centro della sua critica – e ha adottato "democrazia" come suo slogan, ma con il significativo aggettivo "reale". Ha espresso una reazione contro la soggiogazione dell'intera società agli interessi di una piccola minoranza finanziaria – con la fatiscente classe media che ha giocato un ruolo importante.

La figura emblematica di questo movimento era una persona giovane, specialmente un giovane diplomato le cui prospettive lavorative fossero bloccate e la cui unica traiettoria andava verso il basso. Ma il movimento è andato oltre la base della gioventù appartenente alla classe media, raggiungendo anche i quartieri della classe lavoratrice e diventando più composito in termini di composizione generazionale e di classe.

Il movimento emerse al di fuori del tessuto militante tradizionale, in un contesto di incapacità della Sinistra, per contrastare con successo la dittatura della finanza.

Il 15-M non solo si è opposto al sistema politico e ai poteri finanziari, ma anche alla sinistra che si è resa complice al progetto neoliberale oppure che si è dimostrata impossibilitata a combatterlo.

Allo stesso tempo, il 15-M si è schierato sulle basi dei valori storicamente associati alla Sinistra- valori che sono stati in una tensione perenne e qualche volta in contraddizione con le pratiche proprie della Sinistra.

In questo senso, l'evento "15-M" ha modificato i termini del dibattito politico e lo scenario politico mettendo le élite sulla difensiva. La passività, l'apatia, e la rassegnazione che fino ad allora erano soverchianti hanno dato il via ad un periodo di grande politicizzazione, nonostante questa politicizzazione fosse parziale e contraddittoria. In altre parole, il 15-M ha aiutato a modificare l'egemonico "senso comune" (nel senso Gramsciano del termine).

Il 15-M ha messo alcune questioni strategiche irrisolte sul tavolo, per le quali persino il movimento in se non aveva risposte, e che sono andate oltre quello che il movimento poteva offrire.

La nascita di Podemos nel Gennaio 2014 ha segnato un cambiamento strategico – un passo verso l'attività elettorale.

Un vero e proprio cambio di paradigma ha preso gradualmente piede fra il 2012 e il 2014 grazie a tre fattori: il peggiorare della crisi finanziaria nell’estate del 2012 a causa della bancarotta di Bankia [un istituto finanziario spagnolo, ndt] e il bailout del sistema bancario; l'avanzata di Syriza alle elezioni del Maggio e Giugno 2012; e la verifica dei limiti della resistenza sociale.

Le ipotesi strategiche prevalenti nel 1990 e nel 2000- cambiare il mondo senza prendere il potere, creare spazi liberi, attivarsi nel attivismo sociale ignorando partito e la politica elettorale, e attivarsi nel lobbismo istituzionale delle ONG – sono diventate improvvisamente obsolete.

Queste strategie si sono dimostrate insufficienti a dare una risposta alla crisi politica. Passo dopo passo, l'idea che fosse anche necessario partecipare al gioco elettorale ha cominciato a prendere forza, benché in modi ancora vaghi.

È necessario evidenziare che Podemos non è il partito del 15-M e che non ha mai affermato di esserlo. Non è nemmeno una emanazione organica del movimento e nemmeno una conseguenza inevitabile di esso.

È invece il prodotto di specifiche scelte politiche di un certo gruppo di persone, Anticapitalista (chiamata poi "Sinistra Anticapitalista") e di un pugno di attivisti vicini a Pablo Iglesias, fortemente influenzati dalle esperienze "Bolivariane" in America Latina.

Entrambi hanno avuto l'idea di proporre qualcosa che andasse al di là dell’affrontare la crisi in modi classici, come se fosse normale amministrazione, e hanno riconosciuto nella crisi un momento potenzialmente di rottura.

Ciò nonostante, senza il 15-M Podemos non sarebbe esistito. E' stato il 15-M e le lotte contro l'austerità che sono accadute nel 2012 e nel 2013 che hanno creato le condizioni per lo sviluppo di un progetto tipo Podemos- un'iniziativa che, comunque, non sarebbe esistita senza la mossa strategica dei suoi fondatori.

GS: Il movimento per l’indipendenza in Catalogna ha posto una sfida per Podemos. Cosa c’è in palio nel dibattito riguardo la cosiddetta “questione nazionale”, sia all’interno che all’esterno del partito?

JMA: La natura multinazionale dello stato spagnolo e la nascita del processo d'indipendenza della Catalogna hanno costituito una delle sfide più grandi per il progetto populista di Podemos.

Il partito è stato forzato a conciliare il suo discorso nazionalista populista con il riconoscimento della natura multinazionale della Spagna – un riconoscimento che, comunque, non è mai stato definito così bene da un partito mainstream, simbolicamente o esplicitamente, come fatto da Podemos.

Ma Podemos ha fatto una serie di cambiamenti di percorso riguardo la questione specifica dell'indipendenza catalana.

Prima delle Elezioni europee del Maggio 2014, ha difeso il referendum sull'indipendenza che è stato fortemente osteggiato dal governo spagnolo e da altri settori della società spagnola.

Ma dopo il suo successo in queste elezioni, Podemos ha cominciato a ridurre il suo supporto per il referendum catalano, entrando in una fase fatta di prese posizioni multiple e una crescente ambiguità nella sua piattaforma. Questo ha portato al fiasco elettorale nelle elezioni catalane il 27 Settembre 2015.

Dopodiché c'è stata una nuova tornata e Podemos ha partecipato nella costruzione di una nuova coalizione ampia e plurale in Catalogna – En Comù Podem, condotto da Ada Colau, la attuale sindaca di Barcellona e precedente portavoce del movimento contro gli sfratti. Questo ha comportato che Podemos abbia di nuovo abbracciato il referendum per l'indipendenza della Catalogna.

Oltre alla questione nazionale, la decisione di Podemos di adottare un discorso "patriottico" ha presentato un'altra difficoltà. I simboli nazionali spagnoli (includendo la bandiera e la nazione stessa di patria) sono stati appannaggio della destra almeno sin dalla Guerra Civile Spagnola. Come risultato, i tentativi di Podemos di dare un nuovo significato al concetto di patria per evocare un concetto democratico e multinazionale sono sembrati alquanto artificiali.

GS: Qual è la posizione del partito riguardo la questione del debito nazionale? La Spagna ha registrato un debito pubblico del 99.2 per cento del PIL nel 2015, e questo debito ha raggiunto un picco più alto del 99.3 per cento nel 2014.

JMA: Prima di tutto, Podemos ha sviluppato un concetto di politica nel quale il programma elettorale specifico è molto secondario rispetto allo sforzo elettorale.

Infatti in ciascuna delle elezioni nelle quali Podemos ha preso parte (elezioni al Parlamento Europeo nel Maggio 2014, le elezioni regionali del 2015, e le elezioni legislative del Dicembre 2015 e Giugno 2016) il suo programma è sempre cambiato favore di un approccio più moderato che ha lasciato da parte alcune delle proposte che potevano sembrare troppo "radicali".

Podemos ha evitato di adottare impegni pubblici e fermi, e non ha fatto nessuno sforzo per descrivere il suo progetto in termini specifici – molto meno articolato di quello che un governo anti-austerità potrebbe sembrare. Non ha nemmeno provato a rendere popolari le richieste di massa che potessero servire come leve per la mobilitazione e per un confronto politico.

Il programma di Podemos è stato sia invisibile sia liquido, per usare una famosa espressione di Bauman. Allo stesso tempo, negli ultimi due anni i leader di Podemos hanno ripetutamente presentato proposte contraddittorie.

Questo è il contesto che devi considerare se vuoi capire la posizione di Podemos sul debito.

All'inizio Podemos difendeva una audit del debito da parte dei cittadini, ma dopo ha annacquato questa posizione a favore di una rinegoziazione del debito e ristrutturazione. Da allora, Podemos non ha offerto una posizione coerente sul problema del debito.

Per esempio, quando la Commissione Europea ha annunciato che il nuovo governo spagnolo avrebbe dovuto fare dei tagli corposi sulla spesa pubblica prima delle elezioni del 26 luglio, Iglesias non si è esplicitamente espresso contro la logica dei tagli. Invece, ha semplicemente enfatizzato che la riduzione del debito potesse essere operata senza toccare i servizi pubblici essenziali se lo stato avesse avuto più soldi da un sistema di tassazione migliore.

GS: Podemos è emerso come un movimento di protesta associato ad un’ideologia orizzontalista finora assente nei partiti tradizionali della sinistra. Questa istituzionalizzazione del movimento ha soffocato questa tradizione, limitando lo spazio per l’opposizione all’interno del partito?

JMA: Il gruppo fondatore di Podemos aveva due progetti. Uno era rappresentato da Anticapitalistas, denominato come "movimento-partito" che avrebbe potuto lavorare in armonia con l'eredità e la cultura del 15-M, basata sulla democrazia interna e partecipazione allo spirito di rottura.

Ma la tendenza che ha prevalso è stato il progetto d'ispirazione "populista" di Pablo Iglesias e Inigo Errejon, nel quale la democrazia interna e la base del partito non avevano nessun ruolo, e che era solamente concentrato sulla vittoria elettorale di breve periodo.

Questo modello di partito è stato ufficialmente confermato con il congresso di fondazione di Podemos a Vistalegre nell'Ottobre 2014. Lì è stato messo in piedi quella che Errejon ha definito come "una macchina elettorale da guerra", chiudendo ogni singolo tentativo di avviare una organizzazione sperimentale.

Podemos è stato formato come un partito concentrato soltanto sulla competizione elettorale e la comunicazione politica. Ha completamente rigettato il lavoro di mettere radici all'interno dei sindacati, organizzazioni comunitarie e nei movimenti sociali.

Questa macchina elettorale da guerra ha creato una struttura altamente centralizzata e gerarchica che ha creato leadership locali e regionali deboli – i leader regionali sono stati spesso promossi sulla base della loro lealtà alla leadership centrale del partito, alla quale rimangono politicamente e materialmente dipendenti.

I corpi decisionali interni sono stati eletti attraverso metodi non proporzionali per escludere le minoranze. Come risultato, i corpi interni sono diventati espressione della fazione dominante in ogni posto non dei corpi plurali di sintesi politica.

In questo schema, le sezioni locali (chiamati circoli) non hanno giocato nessun ruolo e non hanno avuto nessuna funzione oltre ad organizzare le campagne elettorali. Non sono mai stati dei luoghi per il dibattito, e nemmeno posti per pianificare la vita politica di ogni giorno.

Il risultato è stato una organizzazione con un forte centro politico e gruppo di comunicazione, impostato su una struttura molto fragile. Le crisi interne nei corpi locali e regionali sono ricorrenti, ci sono pochi preziosi quadri politici, e il partito è scarsamente inserito nella vita sociale a parte per la sua capacità per la comunicazione di massa.

Un qualsiasi partito organizzato in così breve periodo e con un successo elettorale del genere avrebbe di sicuro avuto questo genere di problemi, ma il modello adottato da Podemos ha aiutato ad amplificarli.

In seguito alla decisione di Iglesias di rimpiazzare il segretario dell'organizzazione a marzo, ci sono stati dei miglioramenti ed è stato creato un clima di lavoro migliore. Ma il modello di partito deve essere assolutamente cambiato.

 

GS: come spieghi gli scarsi risultati di Podemos nelle elezioni recenti, quando il partito ha perso un milione di voti rispetto alla precedente tornata elettorale?

JMA: Dal punto di vista di una prospettiva storica di lungo periodo, Unidos Podemos –  l'unione tra Podemos e il più piccolo partito Izquierda Unida- è stato un successo. In effetti, ha dimostrato una profonda trasformazione del sistema partitico tradizionale spagnolo – mai una forza come Unidos Podemos ha avuto un supporto elettorale così ampio.

Ciò nonostante, da una prospettiva di breve termine, i risultati sono stati al di sotto di quanto ci si potesse aspettare. L'alleanza ha mancato l'opportunità di dare un colpo definitivo al bipartitismo spagnolo.

Fra la prima tornata elettorale del Dicembre 2015 e la seconda a giugno, Podemos ha mandato dei messaggi troppo contraddittori.

Gli elettori hanno visto ripetutamente Podemos dire una cosa e farne un'altra: rigettare l'unità di sinistra e fare un'alleanza con lzquierda Unida; dire che non avrebbero mai fatto un governo d'unità con il PSOE e fare offerte per farlo; rifiutare l'etichetta "di sinistra" e abbracciare l'etichetta "social democrazia".

L'effetto cumulativo di questi messaggi contraddittori non è stato soltanto di disorientare la base sociale del partito, ma anche di dare l'impressione che Podemos sia una forza politica mutevole, capace di adattare le politiche in base al momento. Questo ha minato la sua credibilità.

Per complicare le cose, Podemos ha costruito una campagna molto flebile e debole, fatta apposta per richiamare i voti dell'elettorato moderato piuttosto che per mobilitare la base sociale propria di Podemos. Podemos è stato tradizionalmente una forza coraggiosa sul piano elettorale. Ma questa volta il partito ha avuto una campagna conservatrice fatta per non correre dei rischi.

Questo non ha pagato per nulla. Unidos Podemos ha perso un milione di voti comparati ai voti che Podemos e Izquierda Unida hanno ottenuto separatamente alle prime elezioni di Dicembre. La maggior parte di questi votanti sono stati ceduti all'astensionismo non ad altri partiti. Chiaramente, Unidos Podemos ha fallito nel mobilitare la sua base elettorale per le seconde elezioni.

Da giugno, Errejon ha detto che era necessario per Podemos muoversi oltre la macchina da guerra elettorale e sviluppare un "movimento popolare". Ma lui intende il "movimento popolare" in termini culturali – come una strategia mirata a vincere una egemonia culturale sul lungo periodo, e come complementare al lavoro elettorale. Di nuovo, la lotta sociale, per non nominare l'autorganizzazione, è mancante.

Da parte sua, Iglesias ha espresso l'idea che dopo le elezioni di giugno Podemos avrebbe dovuto trasformarsi da "un esercito partigiano" a un "esercito regolare". Non è chiaro quali conseguenze politiche potrebbero seguire, ed è probabile che Podemos possa cambiare direzione improvvisamente come ha fatto sin dalla sua formazione.

Ma sembra che ci sia un generale desiderio da parte della leadership di Podemos di moderare ancora di più il partito al fine di aumentare la sua credibilità presso le istituzionale e di governo, specialmente fra i potenziali elettori di Podemos ancora sospettosi.

Credo che il partito debba andare in un'altra direzione. Podemos deve permanentemente distinguersi come un tipo di partito diverso – un partito che faccia cose in modo diverso, che dica quello che altri non dicono, che abbia una pratica ed un discorso coerente.

Qui non si tratta di rimanere bloccati nel dibattito tra forza di governo o forza di opposizione, ma di discutere che tipo di credibilità sia necessaria e di come ottenerla. I partiti politici tradizionali non sono credibili, e di conseguenza agire come loro non aiuterà Podemos ad avanzare in questo campo.

GS: What effect has the experience of Syriza in Greece had on Podemos?

JMA: Il governo Tsipras ha fatto l’opposto di quello che era necessario. Ha capitolato velocemente e quasi senza combattere. Ha dovuto fronteggiare difficoltà vere, con forze molto potenti allineate contro di esso. Ma Tsipras ha rifiutato di osare, di cercare di tenere viva la promessa radicale del suo partito.

Non ha mai avuto un Piano B, al di là di provare a far quadrare il cerchio, e senza un Piano B non c’è un Piano A. Adesso è divenuto una caricatura di se stesso. In meno di un anno ha seppellito le speranze per il cambiamento, si è piegato ai poteri finanziari e ha pugnalato i suoi sostenitori alle spalle.

La storia ha mostrato che in molti casi i becchini del futuro possono provenire dalle file del popolo. Quando questo accade, le conseguenze sono devastanti. Il disorientamento e la confusione si espandono senza controllo e ci vuole tempo per recuperare. Questo è precisamente quello che la Troika voleva ottenere.

Podemos ha fatto il grande errore di offire il suo supporto a Tsipras e così si è ritrovato senza argomenti quando i suoi avversari politici hanno puntato il dito sull’esempio di Syriza e hanno detto “vedete? Non è possibile governare in una maniera differente”.

La situazione greca non era facile per Podemos. Ammettere che Syriza ha capitolato non è bello, ma pretendere che nulla sia accaduto e che tutto stia andando bene è perfino peggio.

Podemos avrebbe dovuto cercare di mandare due messaggi strategici riguardo alla Grecia. Primo, che il cambiamento è possibile ma complesso, pertanto non è abbastanza votare per un partito anti austerity – ma è necessario anche mobilitarsi e organizzarsi.

Secondo, che Podemos ha un impegno infrangibile con gli interessi della maggioranza della popolazione spagnola, e che non esiterà a distanziarsi da forze amiche come Syriza se esse imboccheranno il cammino sbagliato.

Forse questo approccio alla situazione greca non avrebbe garantito a Podemos così tanti votanti. Ma almeno avrebbe messo il partito in una posizione migliore per la battaglia a medio lungo termine.

In realtà non c’è stato un serio dibattito riguardo a cosa sia accaduto in grecia in nessuna delle organizzazioni rilevanti della sinistra spagnola – includendo Podemos, Izquierda Unida o i candidate locali che hanno vinto le elezioni locali del 24 Maggio a Madrid, Barcelona, Saragozza, La Coruña e altre città.

Perchè si è persa questa opportunità? Primo, la mancanza di un internazionalismo concreto nella pratica di tutti i giorni delle più grandi organizzazioni della sinistra spagnola, la cui leadership non si proietta verso quello che sta succedendo negli altri paesi europei.

Secondo, il focus sulle questioni domestiche ostacola l’abilità [della leadership delle sinistre spagnole] di affrontare problemi non immediati. L’intensità della crisi politica spagnola e la concatenazione di elezioni assicura che l’urgenza prevalga sempre sulla necessità.

Terzo, le persone dentro Podemos sono state riluttanti nel vedere la realtà greca per quello che è, perché in un certo senso proietta alcune ombre sul loro progetto in Spagna.

Questo auto-inganno assume 3 forme: negare la gravità di quello che ha fatto Tsipras; considerare la sua svolta pro-memorandum una decisione temporanea e sperare che quando la bilancia delle forze sarà più favorevole Syriza prenderà una svolta anti austerità; pensare che nel contesto spagnolo le cose saranno differenti perché la Spagna ha uno stato più potente della Grecia, pertanto un governo di sinistra sarà capace di negoziare in condizioni migliori con l’Unione Europea.

GS: Perchè così tante persone continuano a votare per un partito così corrotto e screditato come il Partito Popolare (PP), che ha vinto le ultime elezioni?

JMA: il PP è riuscito a usare lo spettro di una possibile vittoria di Unidos Podemos per mobilitare il voto conservatore e concentrarlo attorno al proprio partito – a detrimento di Ciudadados, un nuovo partito neoliberale promosso artificialmente dai media come rimpiazzo per i partiti di destra tradizionali.

A questo bisogna aggiungere l’effetto del Brexit. Il referendum sul Brexit è avvenuto proprio nella fase finale della campagna elettorale, ed è stato presentato in maniera apocalittica dai media.

Questo ha aiutato a creare un clima di paura che ha portato molti votanti a sostenere il PP a causa del loro supposto impegno a mantenere l’appartenenza della Spagna all’Unione Europea.

In aggiunta a questo quando analizziamo la forza elettorale del PP è importante non dimenticarsi del fattore generazionale. La maggior parte degli elettori del PP ha un’età avanzata. Questo non è un problema del PP nel breve periodo – dopo tutto essi agiscono in un paese con alti tassi di astensione fra i giovani. Ma nel lungo periodo la mancanza di contatto con le nuove generazioni è un problema per qualsiasi partito politico.

GS: qual è la tua posizione sui recenti sviluppi nel Regno Unito con la Brexit? Il nazionalismo di sinistra può essere una soluzione progressista oggi?

JMA: Il referendum ha messo in luce molte contraddizioni e paradossi. Il Brexit è un colpo al capitale finanziario britannico così come alle altre classi dominanti in Europa, il cui progetto di integrazione continentale è messo di fronte ad una nuova crisi.

Allo stesso tempo la campagna per il Leave è stata dominata da forze reazionarie e xenofobe che sono state ringalluzzite dalla loro vittoria e saranno ora in grado di dettare l’agenda della politica interna britannica nel breve periodo.

Tuttavia il referendum potrebbe anche riaccendere il processo di indipendenza in Scozia, che potrebbe contribuire all’indebolimento dello stato britannico in futuro.

La sinistra britannica si è trovata sbilanciata, forzata o a fare campagna per la Lexit (ma senza una capacità reale di silenziare la campagna reazionaria per il Leave) [per Lexit si intende la campagna di sinistra per l’uscita dall’UE, ndt], o a fare campagna per il Remain mentre allo stesso tempo criticava l’europeismo e l’Unione Europea.

La sinistra europea, in particolare la sinistra euro-mediterranea, deve fare i conti in maniera seria con la questione europea. Dobbiamo sviluppare una critica sistematica dell’intero progetto europeo, ma su una base internazionalista che sfidi apertamente la destra xenofoba, senza alcuna nostalgia per lo stato nazionale Keynesiano.

La lezione greca è chiara: rompere la cornice dell’Unione Europea è fondamentale per qualsiasi governo anti austerity. Le proposte di riformare l’Unione Europea o negoziare un’agenda più flessibile con le autorità europee sono un vicolo cieco dal punto di vista strategico.

La sinistra necessita di portare avanti un’alternativa basata sulla sovranità dal basso e sulla solidarietà internazionale – non aggrapparsi alla vana speranza di riforma all’interno dell’UE.

Nel caso spagnolo la maggioranza delle forze di sinistra hanno proposte insufficienti riguardo all’Unione Europea, e sembrano strategicamente disarmate. Podemos ha rifiutato di occuparsi della questione europea in maniera seria, schivando invece la questione.

Fra tutti i limiti programmatici di Podemos questo per me è il più importante e il più urgente. Se ci sarà mai un governo a guida Podemos, questa futile credenza in un compromesso improbabile con la troika potrebbe spingere il governo dentro un vicolo cieco non così differente da quello che Syriza ha incontrato in Grecia.

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