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Hacker, brogli, terrorismo: il panico è l’ultima arma contro Trump

Il problema delle elezioni presidenziali Usa di oggi, non è tanto "chi vince?", quanto "com'è arrivata l'America a questo punto?". Sui due competitori c'è poco da dire: il più pulito c'ha la rogna, si dice a Roma. Sulla crisi statunitense invece si preferisce tacere.

Eppure non serve nemmeno essere marxisti per intuire che i candidati – in una competizione elettorale – sono un risultato, un prodotto dell'evoluzione o dell'involuzione di una società, della sua "spinta propulsiva", della sua capacità di addensarsi intorno e dietro una visione di ampio respiro oppure di regredire.

Soprattutto, il modo in cui si è svolta la campagna elettorale – gli argomenti, i toni, i colpi bassi, gli interenti a gamba tesa di questo o quel gruppo di potere, di questa o quella istituzione (l'inchiesta dell'Fbi, in Italia, avrebbe scatenato la guerra civile; sui giornali, ovvio…) – certifica la fine della politica anche negli Usa.

Cosa significa "fine della politica"? Significa fine della capacità-possibilità di governare i processi economici e sociali, di indirizzarli in una qualsivoglia direzione progettuale. Significa, insomma, che il sistema capitalistico gobale sta andando alla deriva.

Questo viene avvertito in molti modi, da quasi tutte le persone. E naturalmente spaventa. Il governo delle paure diventa allora l'ultima risorsa della "politica che si può fare", quella ridotta a impossessamento di una macchina amministrativa la cui cabina di comando è in mano a forze che sfuggono a qualsiasi controllo.

E' l'estremo tentativo di dare una veste razionale, rassicurante, alla sensazione di stare su un treno in corsa con i freni rotti e un muro all'orizzonte. Sarà solo una coincidenza, ma l'apocalisse esce fuori da un sacco di parti, persino alla Leopolda

Qualcosa del genere si intuisce anche al fondo di questa analisi di Fulvio Scaglione, vicedirettore di Famiglia Cristiana, mica de Il Bolscevico

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Paura e delirio negli Usa. Dall’Armageddon finanziario alla presunta rivolta dell’Fbi, al ritorno del terrorismo in caso di vittoria di The Donald. Ma ha senso dipingere Trump come il mostro dell’Apocalisse per far vincere Hillary?

Ora, va bene tutto. Le elezioni presidenziali sono un momento ad alta tensione, emozionante, coinvolgente. Per chi ci crede, possiamo pure dire che sono un passaggio decisivo per gli assetti della più grande democrazia del mondo. Ma è possibile che gli americani, al momento di scegliersi un Presidente, cosa che in ogni caso fanno una volta ogni quattro anni e non ogni quattro secoli, siano così spaventati? Possibile che una nazione che ha sedici diverse agenzie diintelligence per le quali, tra il 2001 (Torri Gemelle) e il 2014 ha speso più di 500 miliardi di dollari, debba far tremare i propri cittadini?

Nelle ultime settimane i media americani, fedelmente riprodotti da quelli europei e italiani in particolare, hanno lanciato una serie di allarmi sempre più isterici e incredibili. Almeno tre negli ultimissimi giorni. Si è cominciato con il crollo delle Borse. Appena l'Fbi ha ri-cominciato a indagare su Hillary Clinton, e i sondaggi della signora candidata hanno mostrato qualche segnale di affanno, i giornali come il New York Times, che con la Clinton si sono schierati, hanno preso ad annunciare l'Armageddon finanziario prossimo venturo. Perché? Donald Trump, se eletto Presidente, potrebbe provocare disastri economici? Forse sì. Ma allora perché il tanto stimato Barack Obama, della cui linea politica la Clinton vuol essere l'erede, nei suoi otto anni non ha generato una nuova età dell'oro della finanza? Tra l'altro, invocare sul candidato preferito la benedizione di Wall Street non pare una grande idea. Dal 2008 la piccola e media borghesia americana lotta con i disastri provocati proprio dall'alta finanza e con la politica, così efficacemente messa alla berlina da papa Francesco, di salvare le banche e non la gente. A che cavolo serve, dunque, tanto allarme sulle Borse?

Non bastando l'incubo legato agli indici azionari, si è passati al pericolo hacker. Per mesi il Partito democratico, per alzare una cortina fumogena su quanto emerso dalle rivelazioni di Wikileaks sui maneggi per favorire la Clinton già dal confronto con Bernie Sanders, ha agitato lo spettro delle interferenze elettroniche del Cremlino.
Fa un po' ridere che a muovere l'indignazione sia stato proprio Barack Obama, il Presidente che, come ci ha raccontato qualche tempo Edward Snowden, attraverso la National Security Agency di fatto spiava anche tutti noi e, per non sbagliare origliava, anche i telefoni degli alleati, a partire Francois Hollande e Angela Merkel. Eppure è così. Forse, però, non bastava, perché negli ultimi giorni l'allarme è cresciuto ancora di tono: ora gli hacker vogliono rovinare le elezioni tout court, far saltare i computer che contano i voti, creare il caos, seminare la distruzione, distruggere la civiltà e chissà che altro.
Fedeli alla linea, i giornali italiani aggiungono che gli hacker del Cremlino hanno intenzione di fare lo stesso scherzetto in Europa, in occasione delle elezioni nei diversi Paesi. Il bello è che un giorno sì e uno no, i media americani (e di conseguenza pure i nostri) ci spiegano che la Casa Bianca ha lanciato un'offensiva cibernetica contro il Cremlino, leggendo la posta dei collaboratori di Vladimir Putin e chissà quale altra segretissima comunicazione dei russi. Vittime sacrificali in casa propria, leoni irrefrenabili in casa d'altri, questi americani. Qualcuno ci crede?

E poi, ovviamente, è arrivato lui, il babau, l'uomo nero, il protagonista di tutte le strategie di governo basate sulla paura: il terrorismo. Anzi: il terrorismo dei terrorismi, il caro vecchio Al Qaeda. Anche qui: ti sbatti per rendere invincibile il tuo Paese, porti il bilancio della Difesa a 700 miliardi di dollari, il che significa che sei intesta a tutte le classifiche e che per proteggerti e attaccare spendi più di quanto spendano i successivi dieci Paesi messi insieme. E nel 2016, dopo quindici anni di Guantanamo e Patriot Act, di Afghanistan e Iraq, bastano quattro parole generiche del solito senior official anonimo dell'Fbi perché le grandi televisioni gridino all'attentato, che prevedono per oggi, lunedì, in tre Stati a scelta: preferite New York, la Virginia o il Texas?

Infine, visto che siamo in argomento, c'è anche il semi-complotto dell'Fbi che, par di capire, manovra per far perdere la Clinton. Aiuta a star sereni, no?, che il tuo Presidente faccia intuire che i servizi segreti interni stanno forse sabotando le elezioni democratiche, no? Tremate tremate, qualcosa resterà.

da http://www.linkiesta.it

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