Menu

Elezioni si, elezioni no. Una riflessione

Per fare un’analisi della situazione politica e sociale di questo paese servirebbe più di qualche battuta su facebook, ma i social devono essere utilizzati per quel che sono, lasciando analisi più compite e confronti aperti a ben altre situazioni e realtà collettive.
Provo a ragionare quindi anche io su alcuni aspetti che fanno riferimento all’attuale discussione sulla prossima tornata elettorale.

1. L’abbandono del voto da parte di una fetta sempre più consistente di popolazione ci dice che anche quella istituzionale, dopo quella economica a livello globale, è una crisi sistemica: il sistema elettorale non funziona più come strumento di gestione politica non perché si sceglie un meccanismo elettorale o un altro, ma perché la politica nazionale di un paese europeo è ormai in mano all’Unione Europea, alla BCE, ai grandi gruppi finanziari ed economici internazionali. Quindi poco o nulla potrebbe determinare il partito x o y che vincesse le elezioni se non mettesse in discussione chi comanda veramente, decidendo con forza e determinazione una uscita, anche unilaterale, dall’Unione Europea, dall’Euro e dalla Nato.

2. Avviare e sviluppare questo processo presupporrebbe però una diversa, ampia e decisa trasformazione della società, dei suoi meccanismi economici e sociali, del modo di produrre, di una sostanziale redistribuzione della ricchezza, di un welfare maturo e di un ruolo prioritario del pubblico. Tutto ciò di fatto rappresenterebbe un abbandono del sistema capitalistico e la trasformazione in un sistema di tipo socialista. Oggi siamo tutti convinti che non ci siano probabilmente le condizioni per una radicale trasformazione di questo tipo ma dobbiamo necessariamente partire da questo obiettivo per motivare un qualsiasi impegno di carattere elettorale: senza questo presupposto qualsiasi iniziativa elettorale sarebbe perdente ed insignificante e produrrebbe soltanto ulteriore rassegnazione e delusione tra chi sta maggiormente subendo la crisi del sistema capitalistico, cioè quel blocco sociale a cui parte della sinistra, purtroppo poca, fa realmente riferimento.

3. Allora, se sono veri questi primi due presupposti, qualsiasi possibile intervento elettorale non può che essere considerato uno strumento attraverso il quale accumulare forze ed energie. Uno strumento quindi e non un punto di arrivo. Una leva da utilizzare nel migliore dei modi per mobilitare, per confrontarsi con la gente, per avere, nel migliore dei casi, qualche rappresentante che possa far emergere alcune contraddizioni nel palazzo e a livello comunicativo. Quindi non si considerino neanche in termini ipotetici progetti quali quelli di Mdp o SI e si verifichino se esistano le condizioni per una lista che parta da questi presupposti e che sia realmente interna ai movimenti di lotta esistenti. Se tale condizione non si verificherà, meglio sarebbe rinunciare a qualsiasi iniziativa di carattere elettorale.

4. Quando sento dire da certa sinistra che una relazione con il PD non è più accettabile e ipotizzabile, penso che anche se in ritardo, si sia arrivati ad un’analisi corretta. Non comprendo però perché a questa valutazione di merito e di metodo, non si accompagni da parte di molti anche una valutazione altrettanto netta rispetto al ruolo della Cgil, lo strumento attraverso il quale il PD, e non solo esso, sta continuando a gestire da anni le peggiori nefandezze compiute in questo paese contro il mondo del lavoro. L’abbandono di Cgil, Cisl e Uil da parte di strati sempre più ampi di lavoratori, e la contestuale costruzione di una reale alternativa sindacale di classe è presupposto fondamentale per modificare strutturalmente gli equilibri sociali e politici esistenti.

5. Infine un’ultima questione. La comunicazione e il linguaggio sono elementi fondamentali in questa fase. Non possiamo continuare a parlare come se tutti avessimo vissuto le stesse esperienze politiche e sociali. La sinistra deve imparare a parlare di sinistra non attraverso vecchi slogan e vecchie rappresentazioni delle categorie di pensiero a cui facciamo riferimento, ma traducendo in modo comprensibile le nostre parole d’ordine in ciò che la gente comune e soprattutto i giovani, sentono in modo più diretto. Bisogna parlare in modo semplice e comprensibile di bisogni, di aspettative, di soluzioni e di strumenti necessari per ottenerli.

Buona pensata a tutte e tutti

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *