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Emendamenti del governo sui “comuni in predissesto”. Il caso Napoli

Dopo l’approvazione degli emendamenti sui comuni in predissesto non sorprendono le mistificazioni dei giornali napoletani che raccontano di “un salvataggio del Pd al Sindaco e alla città”.

E nel gioco delle parti si capisce invece la legittima soddisfazione di De Magistris, perchè l’approvazione di queste norme è stato il frutto di un operazione politica che attraverso l’ANCI ha rotto l’isolamento di un Sindaco che rimane un outsider della politica italiana (e ha tutelato anche molte altre città del Sud). Ma al di là dei costi politici di questa mediazione, che emergono in un (temporaneo?) disarmo dello scontro col Pd su una serie di temi, è fondamentale andare nel merito di questi emendamenti. Che permettono certo alla città di sfangare il fosso del dissesto che avrebbe avuto costi sociali insostenibili, molto al di là del futuro di un amministrazione. E però si tratta fondamentalmente della diluizione del debito che viene rispalmato in vent’anni, sbloccando in piccola misura le disponibilità di spesa, ma anche posticipando il problema e lasciando intatto il ricatto sociale, i vincoli amministrativi e tutti i meccanismi dell’austerità. 
E’ proprio ora invece che occorra riprendere in mano una discussione sul Debito senza mettere tutto sotto il tappeto dentro la coazione al trionfalismo che sembra essere il principale limite della comunicazione politica di De Magistris.
E’ oggi che non dobbiamo riconoscere alcuna gratitudine ai governi che ci hanno portato alla fame, alla devastazione ambientale, all’assenza di cura e di servizi sociali e urbani.
Se il debito è “pubblico” come diceva una nota di Massa Critica, allora che sia pubblicamente messo in discussione. Ricordo brevemente alcuni punti di questa critica che dovrebbero avere ben altra diffusione sociale:
1) Il Debito Iniquo. Una parte importante di questo debito non solo è stata accumulato per ruberie speculative, ma corrisponde alle clientele di quei tanti Commissariamenti che hanno sequestrato la democrazia e distrutto i nostri territori. Delle piccole dittature imposte dall’alto di cui conosciamo i devastanti effetti sociali e ambientali. Dal Commissariamento al post terremoto a quello ai rifiuti. E’ giusto che gli abitanti della nostra terra debbano pagare ancora per i poteri straordinari, le opacità e gli imbrogli riconosciuti a podestà che non hanno voluto e tanto meno eletto? Se sono ormai acclarati i patti tra burocrazie, mafie e imprenditoria speculativa costruiti all’ombra di questi istituti opachi e autoritari perchè i loro “debiti” ci appartengono!? Per aggiungere danno a danno, beffa alla beffa!?
2) L’Usura Finanziaria. Come accade anche per i debiti nazionali, ormai gran parte di queste somme sono il prodotto di interessi da usura. Il debito cittadino non fa eccezione, anche perchè l’Italia è l’unico paese dell’Europa occidentale in cui l’ente che anticipa liquidità ai comuni, la cassa depositi e prestiti, è stata privatizzata, quanto meno nelle sue logiche di funzionamento rivolte al mero profitto. Oggi non è dato sapere quanta parte del debito della città di Napoli è legato alla crescita di questi interessi…
3) Le Politiche di Austerità. Negli anni della crisi la logica di tutti i governi è stata quella di scaricare buona parte dei costi dell’austerità sugli enti locali, tagliando centinaia di milioni di trasferimento pubblico a Comuni come quello di Napoli, con inevitabile impatto sui servizi di prossimità e le politiche sociali.
Inoltre le norme approvate in questo stesso tempo, a partire dalla modifica Costituzionale sulla parità di bilancio, hanno cambiato totalmente la funzione della finanza pubblica in chiave antisociale, comprimendo la spesa fino a paradossi come quelli della città metropolitana di Napoli che ha un avanzo positivo di bilancio di oltre trecento milioni, il trasposto pubblico a pezzi, gli ospedali che non funzionano, il welfare ai minimi termini e non li può spendere! Uno scandalo su cui non siamo stati capaci di costruire un adeguata visibilità. L’amministrazione del bilancio pubblico non è mai semplicemente un dato oggettivo, come i conti della salumeria, ma corrisponde a scelte politiche e sociali ben precise.
4) Il Governo della Subalternità Meridionale. La lettura del debito al Sud come prodotto di corruzione e malgoverno coglie un pezzo di verità ma al tempo stesso ne mistifica un altro più grande, accreditando quell’essenzialismo razzista che da sempre caratterizza la comunicazione mainstream e anche buona parte della letteratura economica di questo paese. L’Italia è infatti l’unico paese europeo in cui la crescita economica del dopoguerra è stata costruita sull’immigrazione interna di milioni di persone. Il governo del sottosviluppo meridionale (e anche i patti politici ignobili che questo ha comportato) è stato una funzione della crescita e dell’accumulazione del capitalismo italiano! In questo governo del sottosviluppo la logica dei partiti di potere in Italia non è mai stata quella di riconoscere diritti universali per tutto il territorio, ma di parcellizzare e tribalizzare gruppi e interessi, soprattutto nella disastrata realtà meridionale, tramite clientele e subalternità, al fine di garantirne il controllo.

Fra le tante conseguenze questo non è un paese in cui ad esempio esiste un sussidio per gli inoccupati, un reddito minimo che discende dalla fiscalità generale ma un governo flessibile della disoccupazione e del lavoro nero, concentrati soprattutto in un’area del paese, il sud. Un processo di ammortizzazione sociale che perciò veniva derogato all’amministrazione degli enti locali con trasferimenti che nei decenni hanno avuto andamento oscillante fino alla progressiva compressione degli ultimi vent’anni. Per questo gli enti locali al Sud sono sovraccarichi di funzioni e spese che ormai rappresentano solo indebitamento, ma che per essere tagliate richiedono un autentica macelleria sociale senza paracadute.
Oggi è il momento di affrontare questi nodi, strutturare questa battaglia e porre politicamente il problema del debito. Tocca ai movimenti ma anche ad un amministrazione che voglia ancora considerarsi “alternativa”.

Se invece anche la linea del Sindaco, come in queste prime ore sarà del tipo “è andata, scurdammece o passato, ora tutto andrà trionfalmente” inevitabilmente le contraddizioni riemergeranno, gran parte dei problemi resteranno irrisolti e a quel punto l’opinione pubblica estenuata e malamente informata più che capire vorrà solo un capro espiatorio.

 

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