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Il bombarolo, la legge Bossi-Fini ed il reato di umanità

.«A proclamarmi questo non fu Zeus, né la compagna degl’Inferi, Dice, fissò mai leggi simili fra gli uomini. Né davo tanta forza ai tuoi decreti, che un mortale potesse trasgredire leggi non scritte, e innate, degli dèi. Non sono d’oggi, non di ieri, vivono sempre, nessuno sa quando comparvero né di dove.» (Antigone, vv. 450-457)

Sono consapevole di aver lanciato una bomba su una favola. Oltre alla favola, però, c’era una realtà parallela diversa. In ogni caso, coltivo sempre il dubbio che possa essermi sbagliato. Il progetto è nobile, ma è stato realizzato trasgredendo numerose leggi”.

E’ ciò che ha detto il procuratore di Locri, Luigi D’Alessio, ovvero, colui che ha coordinato le indagini che hanno portato, ieri l’altro, all’arresto del sindaco di Riace Mimmo Lucano. Certo, fa  specie che un Procuratore della Repubblica decida di “gettare bombe” sulla “favola” di Riace – un modello virtuoso di integrazione di grandissimo valore che viene studiato in tutto il mondo- e che poi, lo stesso, candidamente, ammetta di poter essersi sbagliato.

Una favola messa in piedi, lottando contro le burocrazie, contro la mafia più potente d’Europa – la ‘ndrangheta- e persino contro gli apparati dello Stato. Una lotta che si è fatta ancora più dura con l’avvento di Marco Minniti al ministero dell’interno. Minniti, ovvero, colui che, per primo, ha accostato in una legge dello Stato due temi che nulla hanno a che vedere l’uno con l’altro – l’immigrazione e la sicurezza- imprimendo, così, sul migrante lo stigma del criminale potenziale.

Una realtà felice, quella di Riace, messa in piedi con tenacia e pazienza, contro tutto e tutti, in una terra aspra e difficile – la Calabria – da un sindaco visionario, non a caso, considerato fra i 50 uomini più influenti al mondo secondo la rivista Fortune. Un uomo che anche Francesco Bergoglio ha ringraziato con  parole di ammirazione e gratitudine per “aver accolto i rifugiati e per aver ripopolato e fatto rivivere uno dei tanti borghi abbandonati del sud”.

Una realtà felice che è stata descritta dagli ispettori della prefettura di Reggio Calabria, in un verbale, redatto il 26 gennaio 2017, con espressioni insolitamente entusiastiche ed inusuali a proposito delle sue scuole, delle sue mense e delle tante botteghe in cui si lavora il legno, il vetro, la ceramica, la lana. Un verbale in cui anche le abitazioni della comunità sono elogiate perché sì, si tratta di “case vecchie ed umili” ma “ pulite, ordinate, venate dalla mescolanza di uomini e donne di provenienza disparata, che ingannano in quelle case un piccolo tocco della terra natia” .

 La principale funzione di una Procura della Repubblica dovrebbe essere quella di indagare sui reati e di sostenere l’accusa nel corso del giudizio senza farsi influenzare dal clima politico e/o dall’orientamento dell’esecutivo di turno e, tuttavia, non sembra proprio questo il caso.

Ma quali sono le accuse che il Procuratore generale di Locri ha rivolto nei confronti di Mimmo Lucano? Ed in base a quali esigenze inderogabili ed irrinunciabili ha disposto quel provvedimento cautelare di arresti domiciliari come si trattasse di un comune delinquente? “Favoreggiamento dell’immigrazione clandestina,” abuso d’ufficio “e” truffa aggravata “, secondo le più di mille pagine della requisitoria della Procura generale di Locri.

Mimmo Lucano ha pubblicamente e più di volte affermato che, in Italia, l’unica strada per fare accoglienza e solidarietà nei confronti dei migranti è quella della disobbedienza civile. ” Sono un fuorilegge ” aveva detto, in una conversazione privata, a proposito di un problema di carta di identità di una donna alla quale era stato negato per tre volte il permesso di soggiorno. Quella conversazione è stata intercettata dalla Guardia di Finanza ed è stata inserita tra le motivazioni alla base del provvedimento con cui Mimmo è stato posto agli arresti domiciliari. E cos’altro era emerso di così tanto grave in quelle conversazioni? Che Mimmo Lucano aveva celebrato un matrimonio di convenienza tra un italiano e una ragazza nigeriana cui era stato ripetutamente negato il permesso di soggiorno. Insomma Mimmo Lucano come un passeur francese qualunque  di quelli che ti aiutano a passare la frontiera attraverso sentieri impervi. Mimmo Lucano come uno dei tanti italiani che, durante la guerra, nascondevano gli ebrei nelle loro case, nei fienili o nelle parrocchie.

Il GIP (Giudice per le indagini preliminari) ha respinto l’ordinanza di arresto della procura per 14 persone su 15 (!) Ed ha già smontato gran parte dell’inchiesta perché fondata su “congetture, errori procedurali, inesattezze”. Basterebbe questo ad individuare un fumus persecutionis ed è quanto meno incongruo che i detrattori di Mimmo si attacchino al fatto che il procuratore D’Alessi è “persona per bene e di sinistra”, dal momento che è iscritto a Magistratura Democratica. E che c’entra? Anche Pietro Calogero era un mito della sinistra legalitaria, assiduo frequentatore del vecchio PCI ed inventore di strampalati teoremi che hanno fatto la storia funesta di certa “sinistra giudiziaria”.

L’indagine, durata un anno e mezzo su intercettazioni ambientali e telefoniche, oltre che sull’acquisizione di diversi atti amministrativi, scrive il GIP, ha prodotto una ”corposa istanza coercitiva” da parte del PM che però ”si è limitato ad un acritico recepimento delle conclusioni raggiunte all’esito delle indagini condotte dalla GdF’”. Per il GIP, dunque, “il flusso di denaro anomalo ma solo un generico malcostume consistente nell’andare spesso oltre le regole ma non è stato in alcune delle ipotesi delittenti delineate dagli inquirenti“. Dunque, nessuna “associazione a delinquere“, nessun ”ingiusto vantaggio patrimoniale nei confronti delle associazioni che gestiscono i progetti” e “nessun indebito arricchimento”.

E quali accuse della procura hanno resistito al vaglio del GIP? Tra le poche contestazioni rimaste in piedi ci sono quella di “aver favorito l’immigrazione clandestina ” e quella di aver proceduto all’affidamento diretto a una cooperativa, da parte del comune, dei servizi di pulizia della spiaggia e di quello della “raccolta e trasporto di rifiuti “. Un’accusa, quest’ultima, che appare del tutto infondata. Secondo il Codice degli Appalti vigente (comma 2, art. 36), qualunque ente pubblico può procedere all’affidamento di lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie di cui all’art. 35 (40.000 euro) proprio mediante un affidamento diretto, ovvero, senza gara.

E poi, in Calabria si muore tantissimo di cancro perché la mafia ha il controllo del ciclo dei rifiuti ed ha disseminato il territorio di discariche abusive ed interrato rifiuti altamente tossici ovunque. E Mimmo Lucano cos’ha fatto? Ha formato delle cooperative coinvolgendo i disoccupati del territorio per rimediare ai danni ambientali che aveva trovato quando si è insediato da sindaco “c’era il percolato che invadeva il paese scivolando da questi cassoni in cui si ammassavano i rifiuti”. Peraltro, le delibere con cui sono stati conferiti gli affidamenti alle cooperative di disoccupati, sono sempre state approvate dal Consiglio comunale di Riace all’unanimità. Ed anche in questo settore da Riace è partita un’esperienza innovativa e originale: la raccolta differenziata porta a porta, ad impatto zero, con l’uso di asinelli.

Insomma, l’unica accusa che pare reggere, infine, alla luce delle norme attualmente in vigore, è quella più mostruosamente politica: favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Si tratta di una fattispecie di reato introdotta nel nostro ordinamento dalla Legge Bossi-Fini (30 luglio 2002, 189) che sostituì, modificandola, la precedente legge Turco-Napolitano. Quella norma, tutt’ora in vigore, prevede espulsioni immediate e forzose per i migranti irregolari”; reclusione amministrativa dei migranti nei CPR(Centri di permanenza temporanea) istituiti dalla legge Turco-Napolitano (sostituiti ora dai Centri di Identificazione ed Espulsione del decreto legge Minnniti-Orlando); permessi di soggiorno per motivi di lavoro; respingimenti in acque extraterritoriali  e, per l’appunto, il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina , ovvero, il reato che viene ora contestato a Mimmo Lucano e per il quale sono previste pene fino a tre anni di reclusione.

Un reato che è rimasto in piedi anche con la legge Minniti-Orlando che ha introdotto ” misure per il contrasto dell’immigrazione illegale” e che, secondo le dichiarazioni degli stessi ministri, nasceva dall’esigenza del governo di accelerare le procedure per l’esame dei ricorsi sulle domande d’asilo per “aumentare, così il tasso delle espulsioni di migranti irregolari” .

Per la verità, un disegno di legge che prevedeva il declassamento del reato di “immigrazione clandestina” ad un illecito amministrativo, mantenendo l’arresto per gli immigrati che rientrano in Italia dopo un provvedimento di espulsione era stato presentato circa due anni fa alla Camera dei deputati ma non fu approvato dal governo Gentiloni tanto per l’opposizione dell’ex ministro degli interni, Angelino Alfano, quanto  per il mero opportunismo politico di tutto il governo.  Importanti giuristi (tra cui Stefano Rodotà e Gustavo Zagrebelsky) avevano messo in risalto come la legge, criminalizzando “mere condizioni personali” non ha giustificazioni concrete al di fuori di esse.

Nel 2010, la Corte costituzionale aveva stabilito che gli stranieri irregolari non possono essere considerati automaticamente socialmente pericolosi per il solo fatto di essere clandestini.  Ma a maggio di quest’anno la Cassazione ha ribadito che il reato di clandestinità esiste e che non conosce attenuanti che valgano l’assoluzione. Il reato di “immigrazione clandestina”, introdotto dal governo Berlusconi nel 2009 e scampato alla depenalizzazione due anni fa, non può essere aggirato – ha sentenziato la Corte – attraverso un proscioglimento per «particolare tenuità del fatto».

Insomma, l’unico reato che sembra restare davvero, in piedi per Mimmo Lucano è proprio il “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”.

Ma in cosa consiste davvero? Un esempio per tutti: due anni fa, ad Udine, due responsabili di una onlus locale ed un mediatore furono accusati del “reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina” per aver accompagnato i profughi alla Caritas ed avergli dato indicazioni su come muoversi o fare richiesta d’asilo.

Dunque, la norma cui ha fatto riferimento la Procura generale di Locri per fare arrestare Mimmo Lucano consente di incriminare per questo tipo di reato tutti coloro che, a qualsiasi titolo, in questo momento, nel nostro paese, stanno occupandosi attivamente e gratuitamente, di accoglienza e di solidarietà dal basso nei confronti dei migranti.

La vicenda di Mimmo Lucano ha certamente segnato il passaggio di un limite: quello oltre il quale anche le esperienze di grandissimo valore, incentrate sul valore della solidarietà e della convivenza, come quella di Riace, possono essere derubricate a semplici questioni di ordine pubblico e possono essere criminalizzate da parte di zelanti magistrati che costruiscono teoremi accusatori miranti a strizzare l’occhio ai governanti di turno ed a inseguire pericolosamente il senso comune anche quando questo esprime sentimenti di odio razzista e xenofobo. In ciò agevolati, certamente, da un quadro legislativo basato su logiche emergenziali, oltre che sull’introduzione di elementi giuridici pesantemente discriminatori, come ampiamente dimostrato dal crollo del castello di accuse con il quale il procuratore di Catania Carmelo Zuccaro aveva accusato alcune ONG impegnate nel salvataggio dei migranti nel mar Mediterraneo di essere finanziate direttamente dai trafficanti di esseri umani.

Ciò risulta ancora più grave ed odioso a fronte di un vuoto pneumatico da parte delle istituzioni e davanti al dilagare di brutali episodi di razzismo nel nostro paese.

Non si possono considerare “reato” il soccorso, l’accoglienza e la solidarietà. La legge Bossi–Fini e la Legge Minniti-Orlando vanno  cancellate perché sono contro la  Costituzione, contro i diritti umani fondamentali e perché, semplicemente, sono leggi ingiuste. E quando una legge è ingiusta e postula condotte inumane, non resta che la disobbedienza civile e la resistenza.

La storia delle grandi conquiste civili, sociali e politiche ci ha insegnato che, quando ci si trova di fronte a leggi ingiuste, è possibile ed è necessario violarle e pagarne anche le conseguenze.  In Italia non mancano di certo gli esempi e quello che mi viene subito in mente e che, forse, è, a me,  più caro, è quello di Don Lorenzo Milani.

 L’11 febbraio 1965 un gruppo di cappellani militari toscani in congedo votò in assemblea un documento in cui si affermava, tra l’altro, di considerare “un insulto alla Patria e ai suoi caduti l’obiezione di coscienza che, estranea al comandamento cristiano dell’amore, è espressione di viltà “. Don Giuseppe Milani rispose con il suo scritto forse  più famoso “L’obbedienza non è più una virtù”.  Il priore di Barbiana si rivolse direttamente ai giudici ed, a proposito dell’obbedienza e del suo ruolo di insegnante, disse: «Non posso dire ai miei ragazzi che l’unico modo d’amare la legge è d’obbedirla. Posso solo dir loro che essi dovranno tenere in tale onore le leggi degli uomini da osservarle quando sono giuste (cioè quando sono la forza del debole). Quando invece vedranno che non sono giuste (cioè quando sanzionano il sopruso del forte) essi dovranno battersi perché siano cambiate». Quella lettera costò a don Milani un processo e la condanna postuma.

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