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Né alleati del governo, né prigionieri dei diktat europei

Negli ultimi giorni è un proliferare di fuoco contro il governo giallo-verde. L’Unione Europea ha bocciato la manovra economica, le agenzie di rating internazionale – compagnie private, che all’epoca dello scoppio della crisi del 2007 offrivano le loro migliori garanzie a favore di quelle istituzioni finanziarie che sarebbero crollate di lì a poche settimane – annunciano scenari in rapido peggioramento. Qualcuno, anche delle nostre parti, sembra esser contento. Ci mettiamo sul divano, prepariamo i pop-corn e ci godiamo lo spettacolo che si annuncia? Decisamente no.

Siamo contro il governo giallo-verde. L’abbiamo detto fin dall’inizio e siamo scesi in piazza il 16 giugno prima, il 20 ottobre poi, per costruire un percorso di mobilitazione contro la manovra economica e le altre politiche in campo. Ci sono misure inaccettabili e altre inadeguate, come il condono fiscale, che regala soldi a chi finora ha evaso, premiando i settori più ricchi e lasciando penalizzati quelli che campano del proprio lavoro. Le aspettative alimentate in larga parte dei settori popolari sulla abolizione della Legge Fornero, su un reddito a disoccupati e nuclei impoveriti e che si erano trasformate in milioni di voti il 4 marzo, sono state disattese dalle scelte sul bilancio.

In sintesi, la manovra non rompe con le politiche di austerità e di rigore di bilancio, non inizia una redistribuzione della ricchezza dalle tasche dei più ricchi a quelle dei più poveri, ma cerca solo di allentare i vincoli di bilancio. È facile prevedere che i tagli alla spesa pubblica continueranno e a pagarne le conseguenze saranno in primis le classi popolari. Come sempre.

La manovra va inserita in una cornice più ampia, con un clima politico costruito ad arte e che alimenta le pulsioni razziste nel paese, promuovendo una politica repressiva e oppressiva che colpisce migranti, poveri e sfruttati in generale. Basti vedere il “DL Sicurezza”, l’attacco a diritti basilari di ogni essere umano e la criminalizzazione di forme di protesta caratteristiche del movimento dei lavoratori – vedi blocchi stradali. Non possiamo che essere all’opposizione frontale di questo governo.

Proprio per questo, allo stesso tempo siamo contro i diktat liberisti della Unione Europea, che già tanta sofferenza hanno inflitto alle classi popolari di tutto il continente, a partire dal popolo greco. Oggi gli organismi apicali dell’Unione Europea e i “signori dello spread” bocciano le scelte di bilancio avanzate dal governo italiano. Ma lo fanno perché vorrebbero imporre ancora più austerity, il dogmatico rispetto di trattati antidemocratici e antipopolari, mica per farsi portavoce delle istanze popolari che la manovra del governo M5S/Lega non soddisfa affatto!

In questo trovano l’appoggio di quelli che Salvini ha spacciato come alleati del popolo italiano. Dal governo austriaco di Kurz alla destra tedesca di Seehofer, tutti hanno preso posizione a sostegno dei diktat della Commissione europea contro gli scostamenti di bilancio contenuti nella manovra economico del governo italiano.

Gli alleati di Salvini, come prevedibile, si sono rivelati nemici, né più né meno dei commissari e dei tecnocrati di Bruxelles. E indovinate chi si sono trovati fianco a fianco? I rappresentanti di quel fronte liberista europeista – in Italia in primis PD e Forza Italia, che sostiene i ricatti dei Commissari europei in attesa di poter tornare ad essere la testa di legno delle banche, delle multinazionali e degli apparati di Bruxelles.

Nel Parlamento europeo le uniche voci contrarie ai diktat della Commissione europea sono state quelle delle forze popolari – da La France Insoumise alla Die Linke. Molte di queste si stanno organizzando per poter costruire “un’alleanza internazionale che metta la solidarietà e i diritti sociali al centro della politica e sopra ogni altra cosa”, che sappia smascherare e sconfiggere i finti rivali Macron e Salvini, i liberisti europeisti e i sovranisti fascistoidi.

Riteniamo che sia questa la strada da intrapredere. Senza alcun cedimento. Nè a una politica da “union sacrée” con i governanti italiani, né a una da prigionieri dei diktat europei.

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