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Battisti e la psicologia di massa del fascismo

L’Italia è un paese perduto. Dove dal primo ministro fino all’ultimo suddito si fa a gara per agitare la forca nei confronti del “terrorista” di turno, dei migranti, dei nemici inventati ad arte per distrarre un popolino ignorante e gretto. Sulla vicenda di Battisti se ne sono sentite e se ne stanno sentendo di ogni. Un mostro, un criminale, uno che si è goduto la vita alla faccia nostra dopo aver assassinato degli innocenti. Ci sono i forcaioli di destra che accostano Cesare Battisti alla sinistra e al comunismo (il che è anche vero, ma non come la intendono loro).

Qualsiasi idiota, di quelli che vomitano fango su tutto e cianciano da complottisti, il popolo delle “cinqueleghe”, scrive qualsiasi tipo di cazzata, leone da tastiera, al riparo nel suo nascondiglio di casa. Poi ci sono i forcaioli di sinistra. Quelli contenti di aver difeso negli anni ’70 uno stato liberticida e stragista, quelli che non hanno capito nulla dello scontro sociale e politico che ci fu, che si schierarono fideisticamente con le istituzioni democristiane marce e serve della CIA. Quelli che si è visto come dai sacrifici di Luciano Lama si è arrivati a distruggere lo stato sociale, a privatizzare, a rendere la Costituzione aderente ai dettami liberisti dei trattati UE, a vendere il paese a pezzi, l’ala sinistra dei poteri semi-forti del nostro capitalismo cialtrone e parassitario. Molto sinistra, ma nel senso di cupezza.

Questa è l’Italia, con giornalisti proni megafoni dei poteri forti che somministrano loro la pappa. Nessuno che si prenda la briga di vedere cosa è stata davvero la vicenda di Cesare Battisti, il contesto dell’epoca, con una repressione fatta di torture (la squadretta del Professor De Tormentis alias Nicola Ciocia è finita in cavalleria…), carcerazione speciale, migliaia di attivisti e simpatizzanti del movimento antagonista che riempivano le patrie galere solo per presunti indizi, i teoremi di “giudici democratici” come Catalonotti, Calogero e colleghi vari, e processi emergenziali che usavano a tutta gallara il concorso morale, fuori da ogni garanzia del diritto di un paese civile.

Così fu per Cesare: un processo in contumacia che sulla base di dichiarazioni discutibili dava a Cesare quel che è di Cesare e anche di Dio: il dono dell’ubiquità. Il doveva aver deciso anche lui in riunioni menzionate da pentiti di turno. Personaggi ai quali puoi far dire di tutto con il loro solo scopo di non farsi un giorno di più di galera. Cesare Battisti sarà colpevole anche per la cassazione, ma storicamente per come si può sapere come siano andate le cose, per logica (l’ubiquità), e per un ipotetico diritto penale che in Italia ha smesso di esserci da quel mò, Cesare Battisti è innocente. La questione vera è la “verità” di stato che su quegli anni “di piombo” deve essere indiscutibile. Quando la guerra finisce i prigionieri tornano a casa. Questa è la migliore garanzia per una convivenza civile e un civile confronto.

Ma questo stato bipartisan di forcaioli di destra e di sinistra, di Cinque Stelle piombati nelle stalle, non vuole chiudere quegli anni con l’unico atto politico che può chiudere quella che fu la stagione di una guerra civile a bassa intensità: l’amnistia. Preferisce cavarsela imponendo con galera e copertura mediatica della caccia alle streghe perenne, sperando che così non nasca più nulla, non lavori più alcuna talpa sotto le sue fondamenta marce.

Assistiamo al ritorno in catene del Vercingetorige di turno, fustigato al pubblico ludibrio 3.0, consegnato alle forche erette dai rappresentanti politici truccati per le telecamere, cialtroni di destra e di sinistra, sempre insieme come per la TAV, insieme come per le leggi che da Minniti a Salvini condannano i migranti alla tomba del Mediterraneo e ai lager in Libia. Già si parla di ergastolo, quando il Brasile ha fino a trent’anni di carcere. Persino ergasolo ostativo, senza benefici futuri di alcun tipo.

Già si vuole comminare un anno di isolamento diurno, perché la pena esemplare non basta e i sondaggi vanno presi in considerazione. La gogna davanti al ministero degli interni e poi il plotone d’esecuzione no? Ma non dubitatene. La talpa anche se con altre pratiche e forme organizzate c’è e scava nel marcio della vostra politica, dei vostri affari, delle vostre comparsate da salotto, del vostro vuoto di idee e programmi, del vostro essere kapò più o meno “critici” delle burocrazie neoliberiste d’Europa, dei vostri fascismi palesi o camuffati da bandierine dalla pace. Scava. Come nel fascismo. Nel ventennio erano tutti sotto il balcone del duce a Piazza Venezia. Psicologia di massa del fascismo. Ma poi sui monti iniziò altro.

Perché le condizioni per la talpa le crea proprio chi la talpa vuole assassinare.

Non è finita. Non finisce qui

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1 Commento


  • tony svoboda

    ottima arringa. Sferzante e penetrante. Condivido al 100/100

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