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Termini Imerese e le altre. L’imbroglio della reindustrializzazione

Sono stati arrestati per furto di fondi pubblici i padroni di Bluetec, cioè dell’azienda avrebbe dovuto REINDUSTRIALIZZARE lo stabilimento di Termini Imerese, chiuso impunemente dalla FIAT come tante altre fabbriche del gruppo.

Quando si chiude una fabbrica oramai è prassi che il governo in carica convochi le “parti sociali” e verifichi che i lavoratori sono in mezzo ad una strada, ma che il padrone non cambia idea, perché chiudendo guadagna di più. Così alla fine governo e CGILCISLUIL prendono atto che il padrone se ne frega e a lavoratori disperati propongono di accettare la chiusura della loro fabbrica, in cambio della cassaintegrazione e della promessa della reindustrializzazione.

E così dopo un po’ arriva un imprenditore che si presenta come un cavaliere bianco salvatore del lavoro, ma che poi si rivela un nero avvoltoio.

A Termini Imerese ci ha pensato la magistratura a mettere la parola fine alla finzione truffaldina della reindustrializzazione. In tanti altri luoghi non c’è stato l’intervento del giudice, ma il rIsultato per i lavoratori è stato lo stesso. Alle Acciaierie di Piombino tutto è fermo, alla Irisbus di Avellino, anch’essa chiusa da Marchionne, quasi, alla Embraco di Torino, il cui accordo é stato il vanto di Calenda, i lavoratori son tutti in mezzo ad una strada.

NESSUNO dei tanti accordi di presunto salvataggio delle fabbriche chiuse ha mai funzionato, perché erano tutti accordi fondati su tre presupposti sbagliati, colpevolmente sbagliati.
Il padrone che chiude, spesso grande azienda o multinazionale ricchissima, non paga niente davvero.

Lo stato non interviene per far continuare l’attività produttiva e quindi rendere l’azienda appetibile sul mercato, ma butta via i soldi in fantomatici programmi.

La ricerca della nuova impresa avviene fidandosi di ogni furbone che passi da quelle parti.

Governi e CGILCISLUIL in questi anni hanno venduto a lavoratori disperati speranze che non avrebbero MAI potuto realizzarsi. Questi accordi erano tutti destinati a fallire dal primo giorno in cui venivano sottoscritti perché erano costruiti sul nulla. Eppure dopo che sono falliti TUTTI, si continua a riprodurli lo stampino. BASTA.

Non bisogna lasciar chiudere le fabbriche e portare via macchinari e produzione. E lo stato deve dire al padrone che chiude: o continui, o la tua fabbrica sarà ESPROPRIATA come previsto dalla Costituzione.

Rivendicare intervento pubblico e NAZIONALIZZAZIONI è troppo? Bisogna ancora affidarsi al mercato?

Allora rassegniamoci all’imbroglio perché accordi come quello di Termini Imerese sono destinati al fallimento ed al disastro sociale. E tutti gli accordi di crisi sono più o meno come quello che non ha salvato la fabbrica siciliana.

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