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L’ avvertimento degli Indignati

E’ percettibile ormai anche a naso come stia crescendo nel nostro e negli altri paesi europei, nelle pieghe della società, nelle contraddizioni generate dalla crisi che hanno “proletarizzato” – loro malgrado – milioni di persone, una tendenza alla mobilitazione di massa e al riscatto sociale di fronte a classi dominanti (ed a classi politiche inette che le rappresentano politicamente) del tutto inadeguate a gestire la crisi di civiltà del capitalismo.

E’ una sintesi importante e straordinaria che rimette al centro dell’azione di migliaia di persone in carne ed ossa la stretta connessione tra giustizia sociale e democrazia reale. Il risultato referendario sull’acqua e il nucleare è stato un pronunciamento democratico diretto, chiaro e forte che ha detto no al profitto privato sulla pelle della gente, creando così una spinta generale che porta immediatamente al conflitto con la “politica istituzionale”, ultima versione degli apparati ideologici di stato impegnati a mantenere interi settori sociali in uno stato di perenne subalternità a fronte di scelte apertamente antipopolari.

Il meccanismo gerarchico di gestione politica della crisi economica (esplicitato dal disprezzo del ministro Brunetta verso i precari) viene ripudiato in mille forme diverse ma con un unico denominatore: le vostre soluzioni alla crisi non sono le nostre soluzioni!

E’ questo quanto annunciano le piazze indignate in Grecia come in Spagna, in Portogallo come in Italia, nel Maghreb come in Francia. Le rivendicazioni sociali sul lavoro vero, la casa, il reddito si vanno saldando con la consapevolezza che la democrazia messa a disposizione dalle classi dominanti non è reale, non corrisponde più alla domanda sociale di dignità e di partecipazione della gente alle scelte che fanno la differenza tra aspettative sociali e miseria della realtà indicata ancora come l’unico orizzonte possibile. E’ un inganno che si va rompendo in più punti e che trova nelle piazze – e non nei Parlamenti o nel politicismo – il luogo dove la società riformula le proprie priorità e le forme di partecipazione.

Ed è in questa dinamica che è nitidamente intellegibile l’ipoteca che le mobilitazioni di oggi contro il governo Berlusconi aprono anche sull’esecutivo che quanto prima si appresta a sostituirlo. Non si è lottato certo contro l’impero della Mediaset per sostituirlo a Palazzo Chigi con quello di Repubblica, Montezemolo e Marchionne. La subalternità dei governi nazionali e del ceto politico ai diktat dell’Unione Europea che continua a pretendere le lacrime e il sangue dai settori popolari per salvaguardare gli interessi delle banche e dei “prenditori”, non è può più essere accettato come quadro immutabile né come destino ineluttabile. I meccanismi della rappresentanza che hanno ingabbiato da venti anni ogni ambizione al cambiamento sociale e democratico danno evidenti segni di logoramento.

L’annunciata manovra finanziaria da 40 e più miliardi da rastrellare ancora una volta sui servizi sociali, i salari, le pensioni, è un affronto insopportabile per chi ormai da quasi venti anni ha visto precipitare non sole le condizioni di vita ma anche le aspettative sul proprio futuro e su quello dei propri figli. La continuazione della rapina delle risorse economiche, umane, naturali per soddisfare l’idrovora della banche e dei possessori di rendite finanziarie, così come la perseveranza del ceto politico dominante nel favorire questo status come immutabile, appare ormai come indegno a milioni di persone.

L’indignazione è dunque un riscoperto senso comune collettivo che può vedere il ritorno al conflitto sociale non come rappresentazione spettacolare ma come strumento decisivo dell’emancipazione di interi settori sociali dalla subalternità in cui sono stati relegati dalle oligarchie economiche e politiche. E’ una possibilità reale di ridare alla rappresentanza politica degli interessi sociali stritolati dalla gestione capitalistica della crisi un nuovo orizzonte partecipativo ed emancipatore.

La piazza dell’Indignazione a Montecitorio prevista da martedi 21 a mercoledi 22 giugno segna una tappa decisiva di questa ripresa di parola e coscienza collettiva degli oppressi sulla quale invitiamo tutti e tutte a convergere con determinazione. Per mandare a casa Berlusconi certamente, per impedire che venga solo sostituito da un governo con le medesime priorità sociali anche!

  • Rete dei Comunisti

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