Menu

Abbiamo già dato!!

Presentando la manovra economica imposta dal direttorio Bce-Francia-Germania, Berlusconi ha pronunciato almeno due volte la parola “sacrifici”. Ha affermato che “Siamo tutti nella stessa barca, che andrà avanti – sottolinea – e supererà anche questa difficile situazione”. Ha parlato dunque al plurale facendo ritenere di essere tutti coinvolti e responsabili allo stesso modo. E’ una manipolazione decisamente inverosimile e pertanto inaccettabile per i lavoratori e le famiglie che in questi diciannove anni – dal 1992 a oggi – hanno “già dato” e intendiamo dimostrarlo dati alla mano.

Ma questa volta c’è tutto: l’inganno, la beffa e il sangue dei lavoratori e delle loro famiglie. La responsabilità ovviamente non è solo di Berlusconi e Tremonti e di tutta il classe dirigente (politici, industriali, banchieri, economisti) e dei sindacati confederali Cgil Cisl Uil che si è alternata al potere in questi ultimi diciotto anni, esattamente dal 1992 in poi. La responsabilità è delle istituzioni finanziarie e politiche dell’Unione Europea e di tutto il ceto politico ad esse subalterno.

Politicamente possiamo dire che responsabile è tutta la classe dirigente emersa con il dopo-Tangentopoli e la cosiddetta Seconda Repubblica impostasi usando come una clava il binomio strategico sistema elettorale maggioritario-privatizzazione dell’economia.

Economicamente possiamo parlare della classe dirigente che ha gestito i cosiddetti “governi di Maastricht” e le loro politiche antipopolari tese a preparare la strada all’introduzione della moneta unica europea e al Patto di stabilità gestito dai diktat della Banca Centrale e della Commissione Europea. La complicità dei sindacati Cgil Cisl Uil con queste scelte strategiche è stata totale. Prima con l’accordo del luglio 1992 che ha eliminato definitivamente la scala mobile e poi con l’accordo strategico del luglio 1993 che ha introdotto la concertazione e il blocco dei salari dei lavoratori come condizio sine qua non di ogni trattativa.

Il risultato di questa ennesima manovra finanziaria del governo, potrebbe essere micidiale per un corpo sociale già ammalato da diciotto anni di tagli, salari inadeguati, nuove imposte, privatizzazioni. Qualche preoccupazione in tal senso è stata avanzata addirittura dal Sole 24 Ore e dal mondo delle imprese, preoccupati del fatto che stressare ulteriormente settori sociali che da quasi venti anni pagano la recessione dell’economia italiana, potrebbe uccidere il malato piuttosto che abituarlo ad una cura dolorosa ma in dosi compatibili.

Il dato pesante e inaccettabile è infatti proprio questo. E cioè che dopo diciannove anni di cure da cavallo (chi può dimenticarsi le Leggi finanziarie di Amato, Prodi, Ciampi etc.?), i lavoratori e le loro famiglie hanno da tempo esaurito le risorse a disposizione per ulteriori strette di cinghia. La proletarizzazione di interi settori sociali – latente negli anni Novanta – è diventata palese e pesante con l’esplosione della competizione globale e poi la acutizzazione della crisi di questo ultimo decennio.

La regressione sociale e generazionale è ormai sotto gli occhi di tutti. In questi venti anni ai lavoratori salariati, ai precari, ai pensionati sono state sottratte quote immense della ricchezza per essere depistate verso coloro che incassano periodicamente gli interessi sui titoli del debito pubblico italiano (i possessori di Bot, CCT, CTZ ed altri che ormai sono per l’84% banche, assicurazioni e fondi di investimenti stranieri), verso la rendita finanziaria sulla quale si sono convertite anche le aziende industriali e dei servizi a rete, le quali invece di fare investimenti tecnologici – rimasti al palo da almeno un quindicennio – si sono buttate sulle più remunerative attività finanziarie (lo documentano ogni anno con dovizia di dati i libri bianchi di Mediobanca):

Lo stock del debito pubblico dell’Italia

Diciannove anni di macelleria sociale e siamo tornati peggio che al punto di partenza

(il debito pubblico in percentuale sul PIL)

          1992 *               1997 **           2004          2007 ***         2009               2011

                   107,7                  118,1               103,8           103,5               115.8               119,6

(relazioni annuali Banca d’Italia)

* il 1992 è l’anno della famigerata Legge Finanziaria del governo Amato, una stangata da 80.000 miliardi di lire

** il 1997, è l’anno in cui il debito raggiunge il “picco” (primo governo Prodi)

*** Nel 2007 è l’anno in cui il debito pubblico raggiunge il punto più basso (secondo governo Prodi)

Gli interessi pagati ogni anno sui titoli del debito

pubblico italiano

1991                1992*              1993                1996**            1999***          2003                2010

73                    88                    94                  111                   73,5               68,3                85,0

(in miliardi di euro)

(relazioni annuali Banca d’Italia)

* Il 1992 è l’anno in cui si lancia l’allarme default per il debito pubblico italiano

** il 1996 è l’anno in cui gli interessi pagati sul debito sono stati più alti

*** il 1999 è l’anno in cui la contabilità comincia ad essere fatta in euro

Ma chi sono i possessori dei titoli di stato del debito pubblico italiano?

I famigerati Bot people sono ormai scomparsi.

Dominano banche e investitori stranieri

                    1991       1998     2010

Famiglie, % possesso             58,6                 21,6              13,6

Banche e assicurazioni %        25                    46,9              30,4

Investitori stranieri %              6                     29,1               53,3

Circa 551 miliardi di euro in titoli di stato italiano sono di proprietà delle banche e dei fondi di investimento francesi, 180 di quelle tedesche.

Sono quasi venti anni che le risorse disponibili sono state prosciugate nei settori popolari e concentrate in una ristretta oligarchia che si è arricchita enormemente con ogni mezzo: da quelli legali assicuratigli dalle leggi dello Stato e dalle direttive europee (dall’organizzazione del prelievo fiscale alle privatizzazioni, dagli appalti alle consulenze strapagate, dalle pensioni d’oro ai provvedimenti che colpiscono i lavoratori ma esentano i dirigenti) ai mezzi “illegali” tollerati dallo stato e incentivati da governi come quello in carica. Emblematico è il dato di fatto che sono state le imposte pagate dai lavoratori (sia con l’Irpef che con l’IVA, visto che i lavoratori non possono scaricarla) a finanziare sistematicamente sia il pagamento degli interessi sul debito pubblico che la distorsione della ricchezza prodotta a favore dei “prenditori” e degli speculatori. Già oggi i lavoratori dipendenti pagano il 62% delle imposte incassate dallo Stato.

Il welfare dei “miserabili”

I destinatari delle misure di protezione sociale sono ormai una piccolissima minoranza

Il governo, gli opinionisti del Corriere della Sera o del Sole 24 Ore, affermano che“abbiamo vissuto al di sopra dei nostri mezzi” e che il welfare state italiano va inesorabilmente tagliato. Anche questa è una sanguinosa menzogna smentita dalla realtà. Sulla base dei dati, gli aiuti alle famiglie previsti dai sistemi di protezione sociale (bonus elettrico e del gas, social card, assegni per i figli) di fatto “aiutano” solo il 5% delle famiglie italiane che hanno tre o più figli. I discorsi sul quoziente familiare agitati dalla destra sono dunque del tutto risibili.

La struttura delle famiglie italiane

(rapporto Cisf, 2009)

Senza figli 53,4%

Con un figlio 21%

Con due figli 19,5%

Con tre figli 4,4%

Più di tre figli 0,7

Nel 2009 le dichiarazioni ISEE per l’accesso agevolato ai servizi sono salite a 6,87 milioni,

il 17% in più del 2008. Ma il reddito medio dichiarato da chi è costretto a presentare

l’ISEE per avere accesso ai servizi sociali è diminuito dai 12.000 euro (media)

del 2009 ai 10.035 del 2009 (media). Il reddito per accedere al bonus elettrico o per il

gas (che prevede un riduzione della bolletta del 15 e del 20%), prevede un tetto di 6.000

euro annui che sale a 20.000 solo per chi ha almeno tre figli (quindi già una famiglia

monoreddito con un salario da operaio ne è esclusa). Del bonus usufruiscono al momento

circa 1,5 milioni di famiglie per l’elettricità e mezzo milione per il gas.

Dei 9oo milioni stanziati dal governo per le “social card” sono stati utilizzati solo 306

milioni perché le social card in circolazione sono in realtà solo 640mila (la metà di

quelle previste). Si prevede un incremento del 10% delle social card per l’anno in corso,

ma anche in questo caso siamo molto al di sotto della metà degli anziani over 65 anni.

A moltissimi pensionati sono state negate.

Niente case popolari ma aumento degli affitti rapina

L’Italia spende praticamente nulla per l’edilizia sociale e popolare per le famiglie proletarie

Secondo gli ultimi dati Federcasa (la federazione degli ex Iacp, Istituti autonomi delle

case popolari) il patrimonio immobiliare di abitazioni sociali e popolari supera ampiamente

il milione e 100 mila unità: 928 mila alloggi gestiti dagli ex Iacp, e circa 200 mila

direttamente dai comuni. Un patrimonio dislocato soprattutto nelle aree metropolitane:

quasi la metà è situata nei principali capoluoghi, con in testa Milano, Roma, Napoli,

Torino e Bari. Secondo l’indagine Anci-Cresme del 2005, solo il 7,9 per cento delle

domande di casa popolare viene soddisfatta

Secondo l’ultimo rapporto della Nomisma sulla casa, nel 2009 gli sfratti per morosità

sono aumentati del 25,8% rispetto al 2008. L’incidenza degli sfratti per morosità sugli

sfratti complessivi è salita dal 78,8% all’83,7%. Si tratta di almeno 51.576 famiglie. I

redditi di chi vive nelle case in affitto sono bassi. Il 65,9% delle famiglie che vivono in

affitto ha un reddito che arriva al massimo a 2.000 euro mensili, ma di questi ben il

30% non arriva neanche a 1.000 euro (troppi dunque per rientrare nel bonus elettrico e

del gas). Ad esempio il 60% dei giovani sotto i 35 anni hanno un salario che non supera

i 1.000 euro mensili. Nelle aree metropolitane gli affitti delle case vanno da un minimo

di 750 euro per i vecchi contratti ad un minimo di 1.030 euro per quelli nuovi.

Lavorare dunque non basta. O si mangia o si paga l’affitto.

Per il blocco sociale berlusconiano questa è la regola della vita, per il PD e Montezemolo

è il prezzo da pagare alla modernizzazione capitalista. Per entrambi i costi sociali

andavano e vanno tuttora scaricati sulle spalle delle classi sociali subalterne…con

ogni mezzo necessario. Per questo non possiamo che fare tesoro e fare nostre le parole

di un grande intellettuale recentemente scomparso come Eldorado Sanguineti quando

scrive: “Vedo che oggi si rinuncia a parlare di proletariato. Credo invece che non c’è

nulla da vergognarsi a riproporre la questione. E’ il segreto di Pulcinella: il proletariato

esiste. E’ un male che la coscienza di classe sia lasciata alla destra mentre la sinistra via

via si sproletarizza. Bisogna invece restaurare l’odio di classe, perché loro ci odiano e

noi dobbiamo ricambiare. Loro fanno la lotta di classe, perché chi lavora non deve farla

proprio in una fase in cui la merce dell’uomo è la più deprezzata e svenduta in assoluto?

Recuperare la coscienza di una classe del proletariato di oggi, è essenziale. Oggi

i proletari sono pure gli ingegneri, i laureati, i lavoratori precari, i pensionati. Poi c’è il

sottoproletariato, che ha problemi di sopravvivenza e al quale la destra propone con

successo un libro dei sogni”.

 

E’ tempo che i comunisti, i rivoluzionari, gli attivisti, i lavoratori più svegli comincino in fretta a recuperare e a divulgare coscienza, identità e conflitto di classe.

Stavolta no, non pagheremo la loro crisi, abbiamo già dato!! Stavolta la devono pagare i ricchi, i padroni, i loro alleati.

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *