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Le lobby nucleariste e della privatizzazione dell’acqua le stanno tentando tutte

Il Governo dimostra ancora una volta la sua destrezza nella comunicazione, questo gli va riconosciuto. Dimostra, in questo caso, la sua abilità a comunicare incertezza, nel tentativo di togliere attenzione sui referendum, far passare il messaggio che questi non si terranno, e se si dovessero tenere non hanno alcuna importanza. Il tentativo lampante è quello di non far svolgere i referendum del 12 e 13 giugno, oppure, in subordine, di non far raggiungere il quorum. Come abbiamo avuto già modo di dire, questi referendum spaventano non poco le lobby nucleariste e quelle che fiutano grandi affari sulla gestione privata dell’acqua, e il loro Governo cerca in tutti i modi di correre ai ripari.

La prima operazione in questo senso è stata quella di indirli in date diverse da quelle nelle quali si svolgeranno le elezioni amministrative, con un aggravio di spesa pubblica notevolissima, ma che produrrà anche, probabilmente, una sorta di “stanchezza” nell’elettorato che, in molti casi, dovrebbe recarsi alle urne ben tre volte in poco meno di un mese (amministrative, potenziali ballottaggi dopo due settimane, referendum dopo altre due settimane). Inoltre le date individuate, 12 e 13 giugno, vista ormai anche la fine dell’anno scolastico, sono considerate “balneari”, come Craxi in passato ha insegnato.

La seconda è stata quella di inserire ed approvare l’emendamento nel Decreto Legge Omnibus che per ora blocca la costruzioni di centrali nucleari in Italia, una manovra tattica, da un lato per depotenziare tutti gli altri referendum (contro la privatizzazione dell’acqua pubblica e soprattutto contro il legittimo impedimento), dall’altro per evitare una sconfitta referendaria sul nucleare che impedirebbe la sua reintroduzione in futuro. Molto meglio prendere tempo ed aspettare che passi l’onda emotiva del disastro di Fukushima, togliersi di torno possibili grane sull’esito delle elezioni amministrative, per riproporre la costruzione di centrali quando del Giappone non se ne parlerà più, come lo stesso Berlusconi non ha avuto nessun pudore a confessare. Questo lascerà ora la decisione, se il referendum sul nucleare si terrà o no, alla Corte di Cassazione, ma nel frattempo l’incertezza rimane, provocando una sorta di attesa che genera sicuramente disaffezione al quesito referendario, o, ancor peggio, l’errata convinzione di alcuni che il referendum non si terrà.

La terza è stata quella di creare un’Autorità per l’acqua, inserita nel Decreto sullo Sviluppo Economico approvato ieri. La creazione dell’Autority non risolve affatto il quesito referendario, ma intanto il messaggio è stato lanciato e, come per il referendum sul nucleare, potrebbe generare comunque incertezza e disaffezione e idea di soluzione.

La quarta operazione è quella di avere ritardato il più possibile l’approvazione del Regolamento Rai sull’informazione ai referendum, pertanto, a poco più di un mese dalle consultazione, gli elettori non hanno ricevuto ancora nessuna informazione attraverso la televisione di Stato, e ancora non sappiamo quando e come inizieranno gli spazi informativi sulle modalità di voto e le tribune referendarie.

Non si può dire che non si stiano dando da fare. Stiamo assistendo ad attacchi su vari fronti.

Uno è quello di depotenziare, fino a svilirlo completamente ed invocarne, come già successo in passato, la sua soppressione, lo strumento referendario come pratica di democrazia diretta e partecipativa, una strada intrapresa già negli anni passati da tutte le forze politiche di governo.

Un altro è quello della privatizzazione dell’acqua a tutti i costi, per mettere a segno un colpo importante per, da un lato fare affari con la sua gestione e controllare un mezzo così importante per la produzione, dall’altro continuare in quell’opera di privatizzazione di tutti i settori produttivi strategici e dei servizi, portata avanti ormai da più di venti anni da tutti i Governi nazionali e locali (compresi quelli di centro sinistra), facendo anche un salto di qualità: annullare definitivamente la possibilità di messa in discussione del concetto, e delle leggi ad esso collegate, di “servizio pubblico di rilevanza economica”.

Ultimo, e non ultimo, continuare a sviluppare una politica energetica che non tenga conto della compatibilità ambientale e sociale, ma soltanto degli interessi delle multinazionali, delle loro necessità economiche e produttive, della mondializzazione del capitale attraverso la fase imperialista e della competizione tra i suoi poli, anche attraverso l’opzione bellica. In questo si inquadra anche la scelta nucleare nel nostro paese.

Il movimento per i SI in questo momento ci sembra piuttosto ingessato. Dopo il lavoro importante e significativo dei mesi scorsi, ci appare ora quantomeno incerto, da un lato sottomettendo la propria azione alle elezioni amministrative, dimostrando così una subordinazione ai partiti e quindi una incapacità, al contrario, di condizionarli, e dall’altro una inabilità ad elaborare una risposta concreta, ma anche di lungo respiro, all’azione delle lobby, delle multinazionali e del loro Governo.

La sfida che ci si pone davanti è, dunque, su diversi piani. Nell’immediato sarà quella di rilanciare l’azione capace di riportare all’attenzione i temi referendari, per imporre la necessità di poter votare su tutti i referendum, per il raggiungimento del quorum e per la vittoria dei SI. Ma anche quella di dare forza all’azione politica sui temi ambientali nel nostro paese, riuscendo ad elaborare un progetto unificante che favorisca l’incontro, il confronto e la connessione di tutte le espressioni del conflitto in una percezione generalizzata della contraddizione capitale-natura. Così come sui problemi ecologici di carattere planetario, frutto dell’attuale fase di mondializzazione del capitale e la sua espressione colonialista e imperialista, sapendo sviluppare un movimento con significato popolare transnazionale anticapitalista che sappia costruire una strategia comune di lotta.

* Rete dei Comunisti

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