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Il crepuscolo della Nato

Brzezinski la definì come il “migliore strumento degli Usa per interferire nella politica europea”, ma era una vita fa. L’Urss era crollata ma la divaricazione strategica tra Stati Uniti e partner europei è venuta accentuandosi piuttosto che ricomporsi. Oggi il futuro della Nato è quantomeno “oscuro”. Il passaggio dalla concertazione – con gli Usa primus inter pares – alla competizione, ha via via messo fuori gioco una struttura a cui ormai sembrano “credere, obbedire e combattere” solo i governanti e il ceto politico italiano.

“Il capo del Pentagono, Robert Gates, potrebbe non essere stato abbastanza pessimista quando ha detto che il futuro dell’Alleanza Atlantica è oscuro. Le alleanze funzionano quando si sa con chiarezza chi è il nemico, quali sono gli amici, quali sono le responsabilità di ognuno, i vantaggi che possono venire a tutti da un’azione comune. Era vero ai tempi della Guerra fredda, ora non più. L’Europa ha perso la centralità geopolitica di un tempo. E in futuro la sua influenza su quanto avviene al di là dei suoi confini si ridurrà drasticamente”. È questa l’analisi di Richard Haass, il diplomatico Usa che in passato ha diretto la pianificazione strategica al Dipartimento di Stato e che da otto anni presiede il Counsil Foreign Relations di New York. Intervistato dal Corriere della Sera, il diplomatico americano spiega che “oggi le regioni più significative del mondo sono due: l’Asia, soprattutto per motivi positivi, una crescita tumultuosa, e il Medio Oriente, dove, nonostante le tante speranze, prevalgono le tensioni ed elementi di segno negativo”. E sull’Afghanistan, Haass dice: “personalmente ritengo che la riduzione dell’impegno militare a Kabul dovrebbe procedere anche più rapidamente di quanto annunciato. A parte la lotta al terrorismo, non vedo quali altri obiettivi politici possiamo ottenere in quell’area. Lo sforzo è sproporzionato. Il negoziato con i talebani è una cosa positiva, ma è meglio non farsi illusioni”

Alcuni giorni fa, il segretario alla Difesa statunitense Robert Gates – alla vigilia del cambio di consegne con Leon Panetta – era stato perentorio: il futuro della Nato? È “buio anzi spettrale”. Il declino dell’Alleanza secondo Gates è inevitabile, a meno che i Paesi membri, soprattutto quelli con più mezzi e meno impegnati – vale a dire Germania, Olanda, Spagna, Turchia, Polonia – non si facciano sotto contribuendo con fondi, armamenti, soldati. “Abbiamo una Nato a due velocità: la prima è la Nato dei partner che si impegnano con risorse finanziare e mezzi, la seconda è la Nato dei partner che si godono i benefici ottenuti grazie agli sforzi degli altri”. E così Gates aveva ricordato come in Afghanistan le “risorse sono state limitate e ci hanno danneggiato dal punto di vista dei tempi di progresso sul campo”: Nella guerra in Libia poi “è diventato ormai dolorosamente evidente che alcune lacune – nella capacità e nella volontà – hanno il potenziale di compromettere la capacità dell’Alleanza di condurre una campagna efficace e duratura in cielo e in mare”. Un de profundis detto e scritto senza troppi giri di parole. Ascoltare il ministro Frattini, il presidente Napolitano, i leader dell’opposizione parlare ancora di rispetto a tutti i costi degli obblighi con la Nato, ha ormai un sapore di consapevole ignavia che non appare più tollerabile ancora a lungo.

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