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Uno sguardo alle periferie di Bologna: come esplode la gentrificazione in Bolognina

Uno sguardo sul quartiere Bolognina-Navile, che si estende a nord della Stazione Ferroviaria di Bologna. Un quartiere popolare, che sorge in una posizione strategica lungo le sue due direttrici principali: rispetto ai flussi turistici verso il centro storico, ma anche rispetto ai flussi commerciali verso i padiglioni di BolognaFiere. Negli ultimi anni sono stati avviati una serie di investimenti in grandi opere che stanno cambiando la faccia del quartiere, e anche la qualità di vita di chi lo abita.

C’è il comparto dell’Ex Mercato Navile di via Fioravanti, uno spazio di 30 ettari, una volta occupato dal Mercato ortofrutticolo e oggi mira dei grandi costruttori che grazie alla politica di “contrasto al degrado” stanno allungando qui le loro mani. Non è un caso che il centro sociale XM24, che sorge proprio su alcuni degli spazi coperti dell’ex mercato sia al centro dell’attenzione mediatica da ormai un anno e sotto seria minaccia di sgombero.

Negli ultimi anni, nel quartiere sono state realizzate e messe in cantiere varie opere, tra le più discusse ricordiamo: 1. la stazione TAV, che ha comportato scavi per oltre 20 metri di profondità, il sotterramento di reperti archeologici, la deviazione delle falde acquifere e, ad oggi, i residenti della zona stanno ancora aspettando molte delle opere compensative promesse dalle ditte costruttrici per migliorare la viabilità e l’impatto ambientale della stazione ; 2. La nuova sede amministrativa del Comune di Bologna, una specie di cattedrale nel deserto, fatta di vetri a specchio e architettura post moderna che si impone in un quartiere edificato per lo più negli anni ‘50 e ‘60 e per la quale il comune di Bologna (che non ne è proprietario) paga un canone d’affitto che si avvicina ai 20 milioni di euro l’anno; 3. L’incompiuta trilogia Navile, un imponente complesso che doveva raccogliere un ambulatorio, uno studentato, 3 palazzi (di cui uno di edilizia privata, uno di edilizia sociale, l’altro di edilizia pubblica) e varie altre opere e della quale, ad oggi, sono realizzati il solo palazzo con appartamenti privati (per lo più sfitti o invenduti) e lo studentato (proprietà vovviamente dell’Alma Mater) mentre pare stia per essere ultimato il poliambulatorio. I palazzi di edilizia pubblica, per ora, non sono altro che scheletri di cemento.

A questo grande progetto, se ne aggiungono altri minori, finanziati con i fondi del Cipe ed opere di pura speculazione lasciate in mano a privati. Tra questi spicca l’ostello di lusso (un misto tra un hotel per turisti ed uno studentato per studenti facoltosi) nei locali dell’ex-Telecom, struttura che fino a meno di due anni fa ospitava oltre 80 nuclei familiari e che venne poi sgomberato con la forza.

Inoltre, dei 107 milioni in arrivo dal Cipe alla Città metropolitana di Bologna, solo 28 saranno spesi per il quartiere in questione (stiamo parlando del 26% dei fondi pubblici in arrivo per lo sviluppo economico) e la maggior parte di questi sarà comunque destinata all’area dell’ex mercato ortofrutticolo del Navile, e investiti per la riqualificazione di mercati coperti, hotel/studentati e di un nuovo centro culturale di quartiere (legato, ovviamente, al PD); dunque una destinazione d’uso ben lontana dai più volte promessi e mai messi in atto progetti di edilizia residenziale pubblica o sociale, che è ciò che più servirebbe in uno dei quartieri più densamente popolati della città e che, causa anche i processi di gentrificazione ed le speculazioni in atto, sta subendo un fortissimo rialzo dei prezzi di vendita e di affitto degli immobili.

Il resto della riqualificazione invece, la fanno i privati. La “Valdadige”, tramite la Gabetti ha ricevuto l’incarico dalle banche di valorizzare i beni, e si sta lentamente mettendo in moto per vendere gli appartamenti della Trilogia Navile (a prezzi esorbitanti) e progettando la riqualificazione di un’altra struttura enorme e abbandonata situata sempre nell’area dell’ex mercato, il palazzo Galotti-Cesi, da anni ormai rifugio solo di scheletri e avifauna.

Non un centesimo per migliorare il sistema di trasporto pubblico locale (ma anzi investimenti sul People Mover e sulle navette per Fico), per riqualificare le scuole pubbliche che cadono a pezzi (evento successo non più di 15 giorni fa), o per potenziale i presidi sanitari esistenti (al contrario, se ne costruiscono di nuovi ed enormi, accorpando quelli di più quartieri e facendoli comunque restare sotto organico).

Un quartiere che cambia, e cambia con una velocità supersonica, tanto che non si capisce più cosa e chi resisterà in questo quartiere, dove storicamente vivono le fasce popolari della città, e dove oggi la composizione sociale multietnica si mischia a lavoratori precari e studenti fuori sede che in quartiere, fino ad ora, sono riusciti a risparmiare qualche soldo dell’affitto.

Ora tutto ciò sta cambiando e, proprio dal costo delle case in crescita esponenziale, si vede chiaramente che una parte del popolo della Bolognina sarà costretto ad andarsene in luoghi più periferici della città. E’ quasi retorico chiedersi a questo punto a chi serva sbandierare tutti questi investimenti in quartiere, accompagnati da progetti di “cooperazione e partecipazione”, soprattutto in tempi di campagna elettorale. Grandi investimenti che stanno preparando un grande e lento sfratto della Bolognina dalla Bolognina, a favore di una classe media fatta di imprenditori del commercio e del turismo, di agenti commerciali e turisti prêt-à-manger, attatti chi dalle opportunità di investimento della fiera, chi dalle particolarità del quartiere più multietnico e variegato della City of food.

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