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Prefetti e coop insieme per il business dei migranti

Troppo spesso, nel tanto parlare di migranti, capita di dimenticarsi che esiste un sistema di accoglienza che non funziona, che rende talvolta ancora piu difficile un accoglienza degna, e che fa profitto sulla pelle di migliaia di giovani migranti.

È il caso dell’inchiesta coordinata negli ultimi 3 anni dal procuratore capo Matteo Stuccilli e dalla sostituta Federica Baccaglini, che pare aver ricostruito le relazioni tra la prefettura di Padova e la cooperativa Edecco (ex Ecofficine), che gestiva diversi centri di prima accoglienza, tra cui quelli più tristemente famosi, quelli di Cona e Bagnoli, in cui i migranti alla fine ne sono usciti stremati e in rivolta con la “marcia per la dignità”.

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Un inchiesta che ha portato alla luce il macabro business sui migranti gestito dalla cooperativa Edecco (ex Ecofficine), capitanata da Simone Borile, passato negli ultimi decenni dalla gestione dei rifiuti alla gestione dei migranti, e amministrata da Sara Felpati, quella che dava dei “macachi” ai migranti.

Borile (coop) aveva creato un sodalizio con Tiziana Quintario, impiegata della prefettura di Padova, la quale in cambio di lavoro per figli parenti e amici, assicurava a Borile un canale privilegiato per “dialogare” con la prefettura, nella persona del vice prefetto Pasquale Aversa, per la gestione dei migranti. Quando nel 2015 si stata contrattando per l’apertura dell hub di Bagnoli, non troppo distante da Cona, Borile e Quintario puntarono sul fatto che nonostante le proteste dei cittadini, la mossa avrebbe funzionato e anzi, avrebbe tranquillizzato molto i sindaci dei comuni che non avrebbero dovuto occuparsi di migranti. Certo, perché la strategia di gestione di Edecco ex Ecofficine era quella di stipare centinaia di persone in un unico centro, farle dormire sotto i tendoni, e far si che gli operatori non facessero trapelare nulla. In cambio di un lager “silenzioso” confinato nella provincia veneta, che avrebbe evitato una gestione piu complessa (e magari umana) dei migranti, la prefettura teneva aggiornata la coop rispetto ai controlli sanitari previsti, in modo che tutto risultasse “a norma”. In cambio, profitti facili per Borile, che dopo il business dei rifiuti, dal 2004 aveva inziato quello dei migranti. Oltre al centro di Cona e Bagnoli, infatti, la cooperativa gestiva in modo piu o meno simile altri centri di accoglienza tra Venezia Padova Treviso e Rovigo.

Non serve un processo per capire che se questi sono i “pesci piccoli” indagati in questa vicenda, quasi sicuramente la complicità di altri pesci un po piu grandi potrebbe rientrare nella ripartizione delle responsabilità. Tra le intercettazioni dei carabinieri infatti, si legge un botta e risposta che non ha bisogno di essere commentato, tra l’allora prefetto di Padova, Patrizia Impresa, e il vice prefetto Aversa, mentre parlavano di Ecofficine: “È vero che ne abbiamo fatte di porcherie ma quando le potevamo fare”, dice Impresa. “Esatto” risponde Aversa.

Oggi l’allora prefetto di Padova (Patrizia Impresa) e pure la Quintario sono state trasferite alla prefettura di Bologna, mentre il vice prefetto di Padova, dal 9 agosto, ha preso servizio a Gioia Tauro, commissariato per infiltrazioni mafiose.

Il fatto che il fascicolo dell’inchiesta padovana sia stato mandato nel frattempo anche al procuratore Luberto, che sta conducendo un inchiesta dai tratti simili a questa e che coinvolge il Cara di Isola Capo Rizzuto e la Prefettura di Crotone, non è certo un caso. Questo non è ne il primo ne l’ultimo caso di non funzionamento e di sfruttamento dei migranti per profitto che leggiamo.. ma di questi casi pare che il ministro Salvini non sappia nulla mentre ancora nei centri di accoglienza, migliaia di giovani sono tenuti in condizioni pessime per il profitto di chi li gestisce.

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