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Irlanda, la crisi abita ancora qui

L’Europa deve mettere a punto un più «ampio» piano per gestire i rischi dei paesi periferici se vuole aiutare l’Irlanda a riguardagnare l’accesso ai mercati: le prospettive di Dublino restano deboli e i rischi sono aumentati a causa di una crescita limitata e dell’elevata disoccupazione. A scattare la fotografia dell’Irlanda è il Fondo Monetario Internazionale (Fmi), secondo il quale anche se il governo accelerasse il piano di austerity i rischi rappresentati da tassi di interesse più elevati e dalle deboli prospettive del debito irlandese non si attenuerebbero. Le difficiltà di Grecia e Portogallo stanno complicando il cammino verso il risanamento dei conti pubblici irlandesi, iniziato con slancio: «il piano sta rispettando i tempi ma restano sfide e il contesto esterno è diventato più avverso» afferma il Fmi. «I rischi per il programma sono aumentati. le condizioni di mercato sono più avverse, con spread a livelli insostenibili e questo è dovuto a fattori esterni» mette in evidenza Ajai Chopra, capo missione per l’Irlanda e vice direttore del Dipartimento europeo del Fmi, precisando che ci sarebbe bisogno di un «upgrade» dell’European Financial Stability Facility per renderlo in grado di gestire in modo più ampio i problemi europei. Secondo Chopra sarebbe anche opportuno che il risanamento delle banche irlandesi fosse assistito da un piano di finanziamento di medio termine della Banca Centrale Europea (Bce). L’accesso dell’Irlanda ai mercati finanziari resta «evasivo anche se la situazione si è stabilizzata. Le autorità irlandesi sono state decisive e stanno facendo il possibile per far fronte alle difficoltà ma dobbiamo riconoscere che potrebbe non bastare», aggiunge Chopra. «È per questo che appoggiamo un piano europeo più ampio». «Il peggioramento dello stress finanziario di altri paesi della periferia dell’area euro rappresenta un rischio che deve essere gestito attraverso un piano più europeo più ampio» osserva il Fmi, che prevede per l’Irlanda una crescita «moderatamente più debole» rispetto a quando l’accordo per gli aiuti è stato siglato.

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