Menu

Israele. La crisi non ammette diversivi e Netahyahu “riforma”

Se lo scrive perfino l’Ansa deve esser proprio una brutta situazione per il governo reazionario di Gerusalemme.

Incalzato da oceaniche proteste per il caro vita che hanno visto scendere in piazza un solitamente apatico ceto medio, il premier israeliano Benyamin Netanyahu promette rapide riforme. Un primo passo in questo senso è l’ odierno annuncio del premier sulla costituzione di un comitato di ministri ed esperti che entro un mese – così si assicura – dovrà sottoporre al governo un piano concreto di riforme, dopo aver sentito i rappresentanti di tutte le parti sociali, inclusi sindacati e industriali. A capo del comitato, che comprende anche 15 ministri, è stato posto un economista di fama, il prof. Manuel Trachtenberg. L’annuncio è giunto mentre il Paese è ancora sotto la profonda impressione che ha suscitato il gigantesco raduno che ieri sera a Tel Aviv ha visto pacificamente manifestare in strada, al grido «il popolo vuole giustizia sociale», una folla stimata in oltre 200 mila persone, in altre 30 mila a Gerusalemme e in migliaia di altre in diversi centri dal nord al sud del paese. In tutto circa 300 mila persone. Per ricordare un raduno di simili dimensioni bisogna forse ritornare al 1982, all’epoca della prima guerra in Libano, quando la popolazione israeliana manifestò a Tel Aviv la sua indignazione per la strage nei campi palestinesi di Sabra e Chatila (16-18 settembre), vicino a Beirut, commessa dalle falangi libanesi entrate nei campi col permesso, però, dell’ allora alleato esercito israeliano. I leader della protesta, ora impegnati a formulare il loro pacchetto di richieste, hanno reagito favorevolmente all’ annuncio del premier, pur nella consapevolezza del rischio che la costituzione del comitato celi un intento di insabbiamento delle loro istanze. Ha detto uno di loro, Itzik Shmuli: «noi vogliamo essere certi di non essere presi per il naso per alcuni mesi per poi trovarci senza vere soluzioni». Il premier, ferreo sostenitore di un’economia di libero mercato, pur tardivamente riconoscendo la necessità di riforme e ammettendo i guasti di un ‘capitalismo selvaggiò, ha al tempo stesso avvertito che non tutte le richieste dei manifestanti, finanziariamente onerose e tali da esigere una riscrittura delle priorità di spesa, potranno essere accolte. Tanto più che la crisi economica internazionale accentua la necessità di una rigorosa disciplina di bilancio. Intanto, oggi, la Borsa di Tel Aviv ha chiuso in forte perdita (mediamente 7%) in seguito al declassamento del debito pubblico degli Stati Uniti. In molti dei giubilanti commenti della grande stampa israeliana, la manifestazione di piazza di ieri è vista come una proclamazione di indipendenza di masse di ogni colore politico da «un sistema iniquo» di sperequazione sociale, oppure come la nascita di «un nuovo Paese» o come un invito al premier «ad agire o a mettersi in disparte».

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *