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Guerra del gas nel Mediterraneo. Ankara arruola la Royal Dutch Shell

La compagnia petrolifera turca, Tpao, ha stretto un accordo con la Royal Dutch Shell per esplorazioni nel Mediterraneo orientale e nel sud-est del paese alla ricerca di giacimenti di gas e petrolio. L’accordo potrebbe inasprire le tensioni con Israele e Cipro, che a settembre hanno iniziato l’esplorazione delle acque del Mediterraneo, scatenando le proteste di Ankara, che ha reagito inviando nella stessa zona unità delle marina militare e una nave speciale per condurre esplorazioni. Sotto i fondali marini nel Mediterraneo potrebbero esserci – secondo alcune stime – 122 trilioni di metri cubi di gas naturale. Una quantità – secondo il report 2011 ‘World Energy’ della British Petroleum – di molto superiore agli 86.2 trilioni di piedi cubi che costituiscono oggi le riserve di tutti Paesi dell’Ue messi insieme.

Uno dei punti di crisi è il quadrante 12 (denominato ‘Afrodite’) che si trova nella Zona Economica Esclusiva (Zee) della Repubblica di Cipro dove ha cominciato le prospezioni la piattaforma ‘Homer Ferrington’, della compagnia texana Noble Energy.

Nel gennaio 2009, la società Noble Energy e suoi partner, Delek Drilling, Avner Oil & Gas Ltd, Isramco, e Gas Dor Exploration, hanno segnalato la presenza di gas naturale nel giacimento Tamar-1 al nord della costa di Haifa, in Israele. Da quel momento è stato tutto un sussguirsi di scoperte. Così dopo Tamar-1, le società hanno portato alla luce il giacimento Dalit e poi il Leviathan. La Noble ha annunciato la presenza di 453 miliardi di metri cubi di gas nelle riserve del giacimento di Leviathan e 228 miliardi in quelle di Tamar-1. I giacimenti di Leviathan e Tamar si estendono sotto le acque tra Cipro, Gaza, le coste siriane, quelle libanesi ed ovviamente israeliane.

Israele si è mossa rapidamente per mettere le mani sui giacimenti che potrebbero assicurarle l’autonomia energetica messa in crisi dall’isolamento e dagli attentati al gasdotto dall’Egitto. Israele ha raggiunto un accordo con Cipro e a metà dicembre 2010 è stata concordata la demarcazione del confine marittimo tra i due Paesi, le zone di esplorazione ed estrazione e le ZEE (zone economiche esclusive). Secondo la Carta dell’Onu che regola il diritto marittimo (Unclos) ogni Stato può sfruttare le risorse delle acque internazionali fino a 200 miglia nautiche dalla propria costa. Ma il Mediterraneo Orientale non è un oceano e le linee di demarcazione si sovrappongono di parecchio e le tensioni crescono.

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